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Giorgio Ruffolo
I nodi cruciali del partito democratico
23 Dicembre 2008
Articoli del 2008
Il commento sulle ultime vicende del PD riconduce ai tre nodi irrisolti della politica italiana. Da la Repubblica, 23 dicembre 2008 (m.p.g.)

La direzione del partito democratico ha retto bene allo shock. Con una relazione del Segretario non reticente e ben motivata. Con un dibattito serrato e dignitoso. Tento di individuare quelli che a me sembrano i nodi cruciali emersi in quel dibattito.

Il primo riguarda, ovviamente, la "questione morale". Non si tratta della replica di "mani pulite". Quella riguardava il finanziamento dei partiti a partire dal loro centro e si diramava nelle loro articolazioni. Il partito socialista ne fu la principale vittima. Era stato investito da una ondata di immorale volgarità prima, e fu travolto poi dalla "vendetta fraterna" comunista. Questa attuale nasce alla periferia del sistema, nelle amministrazioni regionali e comunali che hanno accumulato, specie in alcuni settori, come quello sanitario, un enorme potere autonomo, gestito in modo arbitrario e incontrollato da dirigenti di partito locali. È il problema che Scalfari denuncia, ricordando Berlinguer, dell´invadenza dei partiti nella società, il quale va affrontato in due modi: recidendo i conflitti di interesse tra responsabilità politiche e gestioni amministrative, restituite alla normale selezione professionale; e esercitando all´interno del partito una rigorosa selezione morale nella scelta dei propri dirigenti. Mi pare che il problema sia stato posto correttamente in questi termini. Ma, come si dice, the proof of the pudding is in the eating: per sapere se la minestra è buona bisogna mangiarla.

Il secondo è il problema dei rapporti tra giustizia e politica: che si condensa ma non si esaurisce per il Pd nei rapporti con un alleato scomodo. È essenziale per i democratici distinguere nettamente la legalità dal giustizialismo. Nel furore delle tricoteuses, quelle storiche e quelle contemporanee, c´è sempre stato il germe di un autoritarismo di sinistra, simmetrico a quello populista di destra. Qui, la questione è rimasta sospesa a metà.

La terza è la questione socialista europea. Il partito democratico si afferma europeista e riformista. Ora, la sinistra riformista europea si identifica essenzialmente con lo schieramento socialista. I partiti socialisti europei comprendono in grande parte, anche quelle istanze di riformismo liberale e cristiano che in Italia rivendicano una loro rappresentanza autonoma. E accettano di riconoscerle in una ridefinizione ampliata del gruppo socialista nel Parlamento europeo. Al rischio di morire socialisti corrisponde, per gli irriducibili che si oppongono anche a questa soluzione, quello di morire in un poco splendido isolamento in Europa. La questione non è stata risolta.

La questione federalista. C´è chi rimpiange, secondo me a ragione, che l´unità d´Italia sia stata compiuta non nel segno del federalismo di Carlo Cattaneo, e, aggiungo io, neppure in quello dell´unità repubblicana di Giuseppe Mazzini, ma in quello dell´annessionismo sabaudo. La storia non ammette repliche. Ma correzioni e riforme, sì. Ora, la peggiore riforma sarebbe quella di un federalismo separatista, ridotto al tema della ripartizione della fiscale: mentre l´essenza del federalismo sta in un patto nazionale unitario, da cui derivare spazi di autonomia, e impegni di solidarietà. Mi sembra che questa sia la posizione prevalente nel Pd. Ma sono emerse anche tentazioni di istituire sub-partiti territoriali, fatti apposta per complicare con nuove strutture di accentramento intermedio la già complicata rete di comunicazione interna.

La questione mercatistica. È stata unanimemente riconosciuta la natura strutturale di quella che appare sempre più una crisi capitalistica mondiale. Ma a questo riconoscimento non segue l’impegno a una risposta di livello corrispondente: e ciò non riguarda solo il Partito democratico, ma tutta la sinistra. Si chiede oggi allo Stato, soprattutto da quelli che lo denunciavano non come la soluzione ma come il problema, di risolvere il problema, pagando il conto della crisi per poi togliere subito il disturbo. Poiché questi squilli non si odono solo a destra, ma anche a sinistra è lecito chiedere al partito democratico se, oltre all’intimazione di non morire socialisti, sia anche previsto l’impegno a vivere liberisti. Oppure prevalga la autentica risposta riformista: un mercato davvero libero (da monopoli e da corporativismi) in uno Stato non gestore ma programmatore. Una risposta sembra rinviata alla prossima Conferenza programmatica del Pd.

La questione laica. Il conflitto tra popolari e socialisti, che ha radici storiche, ha strascichi perduranti nel partito democratico. L’offensiva integralista della Chiesa di Benedetto XVI non è fatta per attenuarli. Non saranno definitivamente superati se non sarà chiara la distinzione tra questioni attinenti alla morale religiosa, sempre oggetto di doverosa attenzione, e comandamenti del Vaticano inammissibili dalla sovranità nazionale. La questione è ancora aperta.

C’è infine il problema del rapporto con l’opposizione. Da tante parti si leva il monito a smetterla con l´antiberlusconismo. Bisogna chiarire. Se per berlusconismo s´intende la vulgata macchiettistica (corna, barzellette, gallismo) la si può impunemente relegare nel folklore. Ma l´essenza del berlusconismo sta nel gigantesco intreccio di potere (non semplice conflitto di interesse) tra pubblico e privato. Questo è un pregiudizio fondamentale della democrazia che è colpa gravissima della sinistra di avere a suo tempo trascurato. È un problema aperto. Anche e soprattutto per il partito democratico.

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