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Corruzione a sinistra
4 Dicembre 2008
Articoli del 2008
Gustavo Zagrebelsky e Oscar Luigi Scalfaro, intervistati da Maria A. Calabrò e da Marzio Breda sul Corriere della sera del 3 e 4 dicembre, lanciano l’allarme alla politica

3 dicembre 2008

«Corruzione a sinistra, cacicchi scatenati»: se ne sentono di tutti i colori.

La colpa? Il Pd centrale è debolissimo

Zagrebelsky intervistato da Maria Antonietta Calabrò

ROMA — «Questa è qualcosa di più di un'intervista, è uno sfogo». A parlare così è Gustavo Zagrebelsky, uno dei più importanti costituzionalisti italiani, ex presidente della Corte Costituzionale, opinionista influente, capofila della scuola piemontese cui hanno fatto riferimento personaggi come Giancarlo Caselli e Luciano Violante, e un'intera generazione di magistrati «democratici».

Fumo negli occhi per il centrodestra che lo ha sempre temuto come il padre nobile di Mani Pulite e, negli anni, come la punta di diamante giuridica contro le cosiddette leggi ad personam e i provvedimenti sulla giustizia dei governi Berlusconi succedutisi dal 1994.

Ebbene,con il suo consueto rigore more geometrico Zagrebelsky prende oggi pubblicamente atto che un'enorme «questione morale sta corrodendo il centrosinistra». E che quello che Gerhard Ritter aveva definito «il volto demoniaco del potere» ormai è diventa l'altra faccia della politica del Partito democratico. Secondo l'analisi di Zagrebelsky il Pd «a livello centrale è debolissimo e quindi a livello locale i cacicchi si sono scatenati». Dalla Campania all'Abruzzo, da Firenze a Genova.

Oggi la questione morale si è spostata a sinistra?

«Sì. Per un motivo antropologico e per uno politico».

Prima l'antropologia...

«E' una questione di antropologia, ma pur sempre antropologia politica. Le leggi della politica sono ineluttabili: la politica corrompe. Ha un effetto progressivamente corrosivo, permea il tessuto connettivo e stabilisce delle relazioni basate sul potere. Nel caso meno peggiore si tratta di relazioni non trasparenti, di dipendenze, di clientele. Siamo un popolo di clienti delle persone che contano. Nel peggiore dei casi, invece, si tratta di vere e proprie relazioni criminali e di malavita».

Anche nel Pd?

«Sì. Nella sinistra, il neonato Pd è la causa della questione morale che constatiamo. Per due motivi».

Il primo?

«Il mancato ricambio generazionale che era la speranza e la scommessa dei democratici. Non che a sinistra ci siano necessariamente gli uomini migliori, ma si poteva sperare in un rinnovamento che avrebbe invertito l'inesorabile avanzata degli effetti della legge della corruzione».

Il secondo?

«La debolezza del partito, dell'organizzazione del partito, la mancanza di comuni linee di condotta... ».

Rina Gagliardi su «Liberazione « ieri sottolineava che l'esplosione della questione morale comporta il rischio di implosione per il Pd. Manca il centralismo democratico?

«Certamente non bisogna invocare il centralismo democratico che era anch'esso una degenerazione, ma al centro del Pd oggi come oggi non c'è nulla e così a livello locale i cacicchi si sono scatenati ».

Anche D'Alema aveva definito questa tipologia di politici locali il «partito dei cacicchi». Lei quando parla di caciccato pensa alla Campania del presidente Antonio Bassolino?

«Non conosco direttamente le varie situazioni: certo è che se ne sentono dire di tutti i colori».

Proprio ieri il capo dello Stato, parlando a Napoli, ha fatto un forte appello all'autocritica delle forze politiche in particolare del Mezzogiorno. Condivide le parole di Napolitano?

«Completamente. Anche perché si stanno avvicinando le elezioni amministrative e quello che si vede e si sente ha effetti devastanti sulla tenuta democratica del Paese».

Ci spieghi...

«La gente si sente strumentalizzata, usata per giochi di potere. C'è un drammatico bisogno di ricambio degli amministratori. Molti cittadini hanno veramente creduto nella possibilità di un cambiamento con il governo della sinistra.

E invece, le ferree regole descritte da Ritter ne Il volto demoniaco del potere hanno avuto il sopravvento e si è instaurato il caciccato ».

E nel centrodestra ci sono i cacicchi?

«Il centrodestra ha un leader, Berlusconi, che ha dimostrato di avere le capacità e le possibilità, anche materiali, di tenere insieme i suoi. Noi constatiamo che a destra il sistema di potere funziona meglio e quindi è meno visibile. Non che questo sia un vantaggio, ma gli effetti degenerativi non sono sotto gli occhi di tutti in maniera così eclatante».

4 dicembre 2008

«Chi sbaglia lasci. Senza aspettare i giudici»

Oscar L. Scalfaro intervistato da Marzio Breda

Presidente Scalfaro, in questi giorni si riparla molto di questione morale. Il problema è stato posto da Giorgio Napolitano, ma anche dal costituzionalista Gustavo Zagrebelsky. Il quale ha detto al «Corriere» che la questione è aperta pure per il centrosinistra. È catastrofismo?

«Quello della legge morale nella cosa pubblica è tema che esiste da sempre, anche se nella realtà si manifesta a intermittenza. Oggi riaffiora con forza perché c'è la sensazione di una grave crisi di valori, di un cedimento generalizzato. Credo che chiunque voglia intervenire su uno scenario di questo tipo dovrebbe avere anzitutto una grande severità con se stesso. E magari porre alla base dei propri convincimenti qualche esempio del passato.

Tanto per capirci: se non si è mai parlato di questione morale a proposito di De Gasperi, Einaudi, Lussu, Saragat e di tanti altri politici dei diversi partiti che rifondarono la nostra democrazia dopo la Liberazione, non lo si deve forse a come interpretavano la responsabilità di fare politica? ».

È una riflessione che la associa all'allarme — di vago sapore retrospettivo — lanciato dal capo dello Stato sull' «impoverimento culturale e morale della politica». Un allarme cui ha aggiunto l'urgenza di una «seria capacità di autocritica».

«Condivido il suo giudizio. E lo allargo perché mi pare che, nell'attuale sottolineatura di questa emergenza, ci sia un eccessivo gusto dello scandalo e del baccano, esasperato magari da eclatanti denunce in sede penale. Vorrei che la politica oggi non si qualificasse soltanto attraverso i processi o le campagne di stampa, ma per un'intima capacità di autorigenerarsi su una salda base etica e di pensiero che contempli anche l'autocritica. Riconoscere gli errori, infatti, è sempre un atto di dignità».

Dovrebbe compierlo pure il centrosinistra, questo pubblico «atto di dolore »? Dunque nessuno ha più titolo per rivendicare la «diversità morale» che proclamava Enrico Berlinguer?

«Quando il segretario comunista diceva certe cose, il Pci aveva forse qualche ragione per definirsi differente: una certa disciplina interna e un particolare stile di vita della classe dirigente ispiravano comportamenti rigorosi. Ma questa non era un'esclusiva della sinistra. Ricordo che De Gasperi ci ripeteva sempre di vivere anche la vita privata in modo che fosse coerente con i principi che affermavamo nella vita politica. Quelle "norme" non sono state mai revocate: sono state disattese se non abbandonate, purtroppo, ma non sono morte. E la gente, anche la gente più semplice, ha la capacità di giudicare».

Il professor Zagrebelsky sostiene che una certa debolezza del Pd a livello centrale consente giochi di potere e qualche degenerazione in periferia. E parla di una «scommessa perduta» a proposito del ricambio generazionale.

«Il ricambio oggi non mi pare facile, anche se come principio sarebbe in moltissimi casi necessario e vivificante. Mi piace ricordare che all'assemblea costituente le questioni più interessanti venivano dibattute soprattutto tra giovani parlamentari comunisti, democristiani, socialisti, liberali, con la presenza di qualche anziano saggio e punto di riferimento per tutti. Energie nuove sono indispensabili, quindi, specie nelle fasi di transizione».

Lei è molto vicino al Pd e ne segue attentamente l'evoluzione. Ora, dopo lo choc provocato da quanto accade in città come Napoli o Firenze, cosa dovrebbe fare il vertice del partito? In che modo si possono sanare certe ferite?

«È rispetto del patto elettorale. Quando qualcuno sbaglia o non è corretto nell'amministrazione della cosa pubblica, deve lasciare per sempre la responsabilità politica. Se è accusato ingiustamente, va difeso. Ma se è colpevole non lo si può difendere a oltranza per interesse di partito. Servono serietà e severità, senza le quali i cittadini perdono la fiducia.

Non si dovrebbe pertanto temere di usare il pugno duro, a costo di pretendere le dimissioni di nomi importanti?

«Insomma: sono contro gli scandali e le rivendicazioni di giustizia sommaria, ma se si vuole fare in modo che etica e politica procedano assieme non ci si deve limitare ai soli cerotti. Non se c'è di mezzo la comunità, la res publica. Quando si ha la certezza di abusi e scorrettezze, non resta altra scelta che far uscire di scena i responsabili. E questo, indipendentemente dalle certezze giuridiche. Un partito sa quando un suo dirigente opera bene o male, e non si deve muovere soltanto in applicazione di sentenze dei magistrati. Non deve affidare ai giudici il compito di fare pulizia».

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