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Rossana Rossanda
Il mondo «in rosso»
4 Novembre 2008
Articoli del 2008
Sostenere il capitalismo in crisi si può, ma a patto di condizionarlo con una politica giusta, forte e attenta. Il manifesto, 4 novembre 2008

Questa crisi non sarà la fine del liberalismo, ma certo di quel che chiamiamo neoliberismo, teoria e pratica «criminale» lanciata da Milton Friedman e i suoi Chicago boys, basata sullo sganciamento del mercato del lavoro da ogni diritto, della finanza da qualsiasi «economia reale», intendendo per questa la produzione d'una merce non fittizia, e prima ancora, nel 1971, dalla fine dello scambio fisso del dollaro che era ancora la moneta di riferimento. Dalla deregulation del lavoro è venuta una crescente fragilità del lavoro dipendente, con il risultato che salari e pensioni rappresentano ora dieci punti di meno nel reddito nazionale, con conseguente indebitamento prima e ormai calo della domanda interna, corsa affannosa e inconcludente dei paesi occidentali a raggiungere la crescita dei famosi Trenta Gloriosi. Su questa base traballante è caduto il vero e proprio furto, praticato dalle banche, avallando e mettendo in circolo una quantità di «derivati», titoli tossici privi di qualsiasi valore, fondati sulla mera credibilità, l'avidità degli azionisti, la miopia degli hedge fund, il livello pazzesco del mercato e del credito immobiliare, la crescita esponenziale del prezzo del petrolio. Tutte scelte «politiche», per nulla oggettive, pura ideologia. Veri e propri furti che per la loro dimensione costituiscono un «crimine contro l'umanità».

Non misura le parole il socialista Michel Rocard su Le Monde di qualche giorno fa, che negli anni Settanta aveva fondato e diretto il Psu, qualcosa di mezzo fra i nostri Psiup e Pdup, ma poi era diventato primo ministro di Mitterrand. Non aggiunge che egli stesso e Mitterrand si arresero al neoliberismo almeno per quanto permetteva la tradizione gaullista. Ma questa resa non la riconosce da noi nessuno fra i socialisti e le varie anime dei Ds. Dunque pace. Rocard dice di avere scritto a Barroso alcuni mesi fa assieme a Jacques Delors e altri, suggerendo di guardare in faccia questa realtà, ma di non aver avuto risposta: «Nessun grande economista ha fatto fino a ora l'analisi della crisi». E propone agli stati di non limitarsi a evitare il fallimento a domino di tutte le banche e assicurazioni, di non regalare nulla, di sottoporne a controllo alcune pratiche, interdicendo i «derivati» e ponendo limiti precisi agli hedge fund. Non solo, ma occorre che si reintroduca la regolamentazione del mercato del lavoro (il contrario di quel che vogliono Marcegaglia, Bonanni, Angeletti e il Pd), di immettere in Europa da tre a quattro milioni di immigrati per riprendere un equilibrio e, per quanto riguarda il petrolio, puramente e semplicemente ridurne il consumo spostando la spesa sulle energie alternative. Insomma, che le iniezioni di liquidità degli stati non siano fatte gratis, che la politica riprenda in mano una qualche direzione dell'economia liberandosi dalla velenosa tesi friedmanniana che più gli scambi sono illimitati più il mercato trova il suo equilibrio.

Questa è socialdemocrazia bella e buona. La quale presuppone uno stato - finora se ne sono occupati solo i governi, sempre più monarchici - che cambi alquanto, a cominciare dalla Commissione della Ue. E non sembra facile. Dove sono le sinistre, chiedo scusa, i liberalsocialisti o democratici, che lo chiedono? Questa politica porrebbe mano non più che a un «salvataggio» del capitalismo, tenendo presente che niente altro in questa fase ne minaccia l'esistenza, perché la crisi rovina i senza mezzi di produzione prima che quelli che li possiedono e i redditieri. (Alcuni di questi, per fortuna, sono in difficoltà ma non poi tanto. Considerata la dismisura del furto subito, si poteva attendersi che l'ultimo dei banchieri fosse impiccato con le budella dell'ultimo degli assicuratori, per usare un'espressione sanguinaria. Ma nulla di simile sta avvenendo. Il tizio che fa fatto fallire la banca Fortis è stato, diciamo così, licenziato in questi giorni con una indennità di 4 milioni di euro e resta «consigliere speciale» della Fortis medesima).

Basta, non ci resta che sperare in Obama, sulle cui intenzioni in merito nulla sappiamo. Ma almeno usciamo dalla spensieratezza dominante. Poche ore fa il Tg1 economia ha osservato che, se è vera la prognosi di Almunia d'una crescita zero, cominceranno problemi per l'occupazione. Cominceranno!

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