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Mariuccia Ciotta
Veleno italia
21 Ottobre 2008
Articoli del 2008
Buffoni d’Europa; vogliono bene all’ambiente solo se serve per guadagnare di più. Il manifesto, 21 ottobre 2008

L'Italia blindata nei suoi confini, autarchica e nazional-popolare, è stata smascherata ieri a Lussemburgo. Il pacchetto clima non sarà rinviato ha stabilito il vertice dei ministri europei dell'ambiente. Bocciato lo stop di un anno chiesto dal governo Berlusconi per valutare «costi e benefici» dell'iniziativa, che non ha ragione di essere posticipata, secondo il commissario Ue, Stavros Dimas. Risponde patriotticamente Stefania Prestigiacomo, che parla a nome della sua Confindustria, «non ci arrenderemo», e minaccia «se non ci saranno modifiche importanti» di disertare l'appuntamento di Copenhagen 2009 e allearsi con i paese dell'Est, improvvisamente diventati modello di riferimento e, in un paradosso storico, additati dall'opposizione come figli di un dio minore («Non siamo mica la Bulgaria!»).

Opposizione frastornata e morbidissima quando ci sarebbe da gridare contro un sistema produttivo provinciale e ottocentesco che vede nella spesa per l'ambiente solo un costo, e che per bocca di Fassino (mentre Realacci dice il contrario, il Pd si decida) invita alla prudenza perché l'apparato industriale italiano avrebbe le sue «specificità», tante piccole fabbrichette da riconvertire a un'energia pulita.

Non basta l'arretratezza abissale dell'Italia, indietro sui paesi europei che hanno diminuito le emissioni tossiche in applicazione del protocollo di Kyoto mentre noi le abbiamo aumentate. Non basta l'allarme mondiale sul disastro del pianeta che moltiplica catastrofi climatiche da oriente a occidente. Impera il «buon senso» tradotto in nobile battaglia per gli interessi locali di stati che in nome della crisi si barricano dietro frontiere inesistenti. Se il crack della finanza passa i confini nazionali, figuriamoci i fumi inquinanti e climalteranti fermati alla dogana. Ma in gioco non è solo la riduzione della Co2 (il gas «di serra» che altera il clima) c'è una riconversione mentale e sociale dello sviluppo, che mantiene uno spirito coloniale, a danno del resto del mondo.

L'opinione pubblica è chiamata a condividere la posizione del governo, che si pone a difensore dei livelli di consumi nazionali, giù le mani dalle nostre tasche, come se la crisi non avesse una dimensione globale e le ricette per superarla altrettanto. Il «no» all'Europa viene spacciato per un no alla pretesa verde di comprimere le risorse, di vietare, negare benessere - aprendo lo scontro tra lavoro e ambiente - mentre al contrario è l'investimento in un futuro, già presente, che può rilanciare l'Italia nella società internazionale, fuori da vecchie concezioni industrialiste.

La «clausola di revisione» pretesa da Prestigiacomo, che insiste sui costi troppo alti del pacchetto clima (18, 2 miliardi di euro contro i 9-12 di Dimas) illustra la politica tutta populista e isolazionista del paese, la risposta di destra al terremoto economico, tra caccia xenofoba, protezionismo e aiuti di stato alle banche e alle imprese, non certo a una ricerca del «bene pubblico». Come diminuire le emissioni? Ecco pronto il rimedio, un piano «salva aziende», rottamazione di automobili ed elettrodomestici a spese dello stato, è l'ultima idea del ministro dello sviluppo economico Scajola. L'Europa ci guarda e le viene da ridere.

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