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Andrea Bui
Viaggio nella Food Valley emiliana. Tra agroindustria e terziario
14 Gennaio 2008
Eddyburg On The Road
Dal Po alle prime pendici dell'Appennino emiliano, attraverso un paesaggio dove ancora resistono elementi dell'insediamento tradizionale (g.b.)

In calce, il pdf scaricabile della traiettoria

"Sazia e disperata

Con o senza tv

Piatta monotona moderna

attrezzata ben servita consumata,

afta epizootica, nebbia, calce

copertoni bruciati

cataste di maiali sacrificati….”

Cccp – “Rozzemilia

Una piccola introduzione

Un percorso dal Po alle colline dell’Appennino, da Casalmaggiore (Cr) a Fornovo Taro (Pr), lambendo Parma percorrendo la tangenziale ovest. Nel tratto di pianura fino a Parma percorrendo l’Asolana e poi, una volta “scavalcato” il capoluogo imboccando Via Spezia. Non si tratta di un percorso omogeneo, tuttavia se si osservano i Sistemi Locali di Lavoro (SSL) ci si accorge che il percorso scelto rappresenta un asse che attraversa il SSL di Parma. Il tragitto fotografa quindi aspetti molto interessanti delle trasformazioni territoriali in un passaggio cruciale della vita economica parmense: il passaggio da un’economia la cui chiave di volta è da quasi un secolo l’industria agroalimentare, a un’economia basata sul cosiddetto “terziario avanzato”, la logistica e il settore immobiliare.

Una realtà economica che ha lasciato la sua impronta sul paesaggio con sedimentazioni stratificate nel tempo. Il paesaggio rurale caratterizzato da agricoltura intensiva associata spesso a zootecnia e attività casearie. Alcune grandi industrie multinazionali locali che hanno generato una filiera industriale verticale sparsa sul territorio, senza creare un vero e proprio distretto come nel resto della regione (eccezion fatta per quello del prosciutto di Langhirano). Questo il quadro di insieme per iniziare la riflessione sul paesaggio che sfuma dal finestrino in una bella giornata d’Agosto, tra Casalmaggiore e Fornovo, attraversando quella che è stata definita Food Valley.


Da Casalmaggiore a Parma

Appena superato il ponte sul Po, oltre il guard-rail sfila un paesaggio agrario in cui ai capannoni si alterano vecchie case e che riflette la storia produttiva sopra menzionata. E’ un paesaggio prevalentemente agricolo, regolare, punteggiato da rotatorie che rompono appena la monotonia della retta di asfalto che taglia quasi perfettamente a metà la pianura parmense da nord a sud. La presenza insediativa è molto diradata e bisogna attendere di arrivare nella piccola frazione di Osteria per osservare una concentrazione insediativa degna di menzione. Si tratta di vecchie case rurali trasformate in villette o in attesa di diventarlo e di un pugno di costruzioni nuove che stanno cominciando a sorgere in questa zona, particolarmente appetibile per i bassi costi degli immobili rispetto al capoluogo e alle zone limitrofe. Le nuove villette, da qui in poi sempre più frequenti, costituiscono un’importante mutazione genetica del tessuto sociale di questa zona, i cui abitanti si scollano progressivamente dal tessuto produttivo circostante. Un fenomeno qui appena percettibile ma che di chilometro in chilometro si fa più evidente.

Prendendo una delle viuzze laterali probabilmente arrivi in una di quelle trattorie sperdute in pianura, dove per una modica cifra puoi farti un buon pasto che inizia sempre, quasi senza chiedertelo, con del salume buono e, se sei fortunato, ti capita che nel piatto ti mettano anche il prelibato culatello. Ma devi saperlo. Gli unici cartelli sulla strada sono per improbabili cantanti di piano bar o di liscio che si esibiranno in qualche festa dell’Unità o dell’Avis, lì nei dintorni.

Dopo 9 chilometri l’Asolana passa attraverso Colorno, sede della residenza estiva della duchessa di Parma, Maria Luigia, un paese incastrato tra zone agricole e i primi insediamenti industriali di una certa consistenza. San Polo, frazione di Torrile, 6 chilometri dopo Colorno, è il luogo che più di ogni altro in questo percorso esprime l’equilibrio tra insediamenti e produzione. La frazione, sviluppatasi ai margini dell’Asolana è dominata dalla mole grigia di un grande mangimificio lungo il percorso è possibile osservare ergersi in mezzo alle colture i silos o la silouhette allungata dei capannoni. Nonostante la forte pressione demografica che ha fatto registrare uno degli incrementi di popolazione più consistenti degli ultimi in anni in provincia, il Comune di Torrile ha avuto un’urbanizzazione meno consistente, soprattutto confrontando il trend degli altri comuni limitrofi e del capoluogo. Le attività agricole perdono terreno anche in conseguenza della crisi industriale del comparto alimentare, costretto a confrontarsi con mercati molto competitivi, tuttavia la perdita di suolo agricolo si limita in pianura al 6%, modesta in confronto alle media provinciale, la più alta in regione (-19%).

San Polo è anche l’ingresso in quella che potremmo chiamare l’area metropolitana di Parma: gli appezzamenti agricoli non dominano più lo spazio ma sono semplici intervalli, verrebbe quasi da definirli “vuoti”, tra i capannoni e i piccoli insediamenti residenziali, fino al cavalcavia sulla A1, che taglia perpendicolarmente l’Asolana.

Subito sull’autostrada si stagliano sul lato sinistro della strada i palazzoni del complesso residenziale di Paradigma, un’area monofunzionale ad alta densità. Dritti fino all’imbocco della tangenziale, vere proprie nuove mura che debilitano il contesto urbano “vero e proprio”, si innalzano sovrastando i parcheggi zeppi d’auto anche in Agosto, come torri di vedetta, due mall, Centro Torri e Eurotorri. Un intreccio cavalcavia e rotatorie per poi lambire dal lato ovest la città di cui si vedono i tetti più alti sfocati nell’aria afosa e appiccicaticcia.


Da Parma a Fornovo

La tangenziale, a due corsie per senso di marcia, corre ad anello intorno alla città; il tratto nord è il più vecchio, mentre oltrepassata la via Emilia, a sud-ovest è uno dei pezzi più recenti; dall’anonimo ripetersi di viadotti e curve segnalate con sensori luminosi si spunta dal sottopasso in via Spezia, ormai fuori dalla città. Alcune industrie attorno alla strada, superstiti dello sviluppo industriale degli sessanta, sopravvivono alla loro trasformazione in uffici, banche o attività commerciali. L’ex Simonazzi fa capolino sulla destra a Vigheffio, un’industria di imbottigliamento di prodotti alimentari, tra le più importanti della provincia, passata da diverse proprietà ed ora in mano alla multinazionale Sidel: un destino emblematico della realtà industriale parmense….

A Vigheffio, prima frazione in direzione Collecchio, si notano villette, palazzine e i prati incolti da cui si innalzano cartelli che illustrano il loro destino: riempire quello che sempre più viene considerato vuoto, uno spazio che andrebbe “sprecato” se usato per l’agricoltura, e che renderebbe molto bene dal punto di vista immobiliare. Il Comune di Parma dagli anni sessanta ad oggi ha avuto un’urbanizzazione dai ritmi vertiginosi (+27.4%), in particolare negli anni ’90, nonostante abbia subito un calo demografico dal 1980 in poi, arrestatosi solo a metà degli anni ’90 registrando nel 2003 un saldo positivo rispetto al 1960 pari all’11.7%.

Dati analoghi a quelli del Comune di Collecchio, cosicché la via Spezia da Parma a Collecchio quasi un continuum: residenziale a bassa densità nella zona di Vigheffio, attività artigianali e piccole industrie oltre i pioppi in fila indiana a separare la strada dal fosso, a Lemignano e Stradella, prime frazioni del Comune di Collecchio. Da Stradella in poi il paesaggio, come dire, si rilassa. Cominciano a vedersi i primi rilievi collinari e si diradano le costruzioni. I piccoli rilievi sembrano pettinati accuratamente in attività agricole e la vista è sicuramente più gradevole….

Poi arriva Collecchio all’ingresso del quale una serie di rotatorie ti chiede di scegliere se passare dentro il paese o by-passarlo tramite una tangenziale con gli immancabili cartelli Parmalat. E l’impronta di quello che fu il settimo gruppo industriale italiano, che ha lasciato un segno indelebile sul paesaggio. Innanzi tutto il centro sportivo del Parma F.C., il vecchio giocattolo dei Tanzi, che occhieggia discreto con un cartello posto di fronte a fila di alberi proprio all’ingresso del paese.

La crisi del gruppo di Collecchio è una sorta di rimosso nella coscienza civile della provincia, non una riga è uscita dall’università sul crac finanziario più grande della storia europea e i giornali locali ne parlano con pudore non parlando nemmeno di crac Parmalat ma di crac Tanzi, quasi a voler scongiurare un coinvolgimento che suona quasi come un “excusatio non petita”. Collecchio non è solo la Parmalat ma senza la Parmalat Collecchio forse non avrebbe avuto la sua tangenziale gigantesca e deserta come ti immagini una strada americana, in questi giorni di Agosto, simile a quella di Parma, sebbene di formato ridotto per girare intorno a un paese di 8 mila anime.

Uscendo dalla tangenziale di Collecchio si esce di fatto da quella che abbiamo già definito l’area metropolitana di Parma e la via Spezia si snoda tra il Parco Fluviale del Taro e il parco dei Boschi di Carrega e il paesaggio appena oltre le prime colline coltivate concede le cime dei castagni di uno dei tratti collinari più pittoreschi del parmense. Il ristorante messicano proprio lì, sulla strada dice che sei arrivato a Gaiano, un pugno di case compatte e un po’ datate di qua e di là dalla strada a due corsie che taglia i campi che si estendono fino alle colline della val Parma. Per un lungo tratto solo campi punteggiati di case coloniche e capannoni dedicati alla zootecnia. La forte vocazione produttiva di queste aree è minacciata dalla suaccennata crisi agricola e zootecnica, che in quest’area è più forte che in pianura. La vocazione zootecnica del settore primario parmense è fortissima, tant’è che le aziende agricole che possiedono allevamenti sfiorano il 55%, 10 punti percentuali in più che in regione. La dimensione della crisi si può leggere nel drastico calo del numero di aziende agricole dotate di allevamenti (-47.2% dal 1990 al 2003; Emilia-Romagna -38,8%). Oltre al fenomeno della concentrazione è anche l’abbandono di queste attività a contribuire alla diminuzione del numero di aziende.

La strada comincia salire sulle prime colline costeggiando il torrente Taro e attraversando piccole frazioni come Ozzano Taro e Riccò. Dopo qualche curva si addentra a Fornovo, la vecchia Forum Novum di fondazione romana, punto strategico sulla riva destra Taro, punto nevralgico dal punto di vista militare in passato e oggi snodo di vie di comunicazioni importanti per la provincia. La Via Spezia a Fornovo tocca l’A15. Anche qui l’attività principale è quella agro-industriale, ma affiancata dalla chimica e dall’estrazione del metano, e sono queste attività altre a sorvegliare il ponte che porta all’imbocco dell’autostrada. Il ponte apre la visuale alla valle del Taro, appena oltre un bar grande e piuttosto affollato vista la vicinanza all’autostrada e il periodo. E di fatti è usanza per tanti abitanti di Parma uscire dell’A15 a Fornovo quando si torna dal mare per contenere i costi di un’autostrada incredibilmente cara. .E’ qui che mi fermo per il caffè, a viaggio concluso


Conclusioni

La rottura di quell’equilibrio tra forma e sostanza, tra economia e territorio e benessere, peraltro anche in precedenza piuttosto precario, che si sta consumando nella provincia di Parma credo possa avere effetti piuttosto gravi e non solo sul paesaggio ma anche sul piano sociale.

Rompere l’equilibrio tra a agricoltura e industria, puntando tutto su logistica e terziario può rivelarsi un errore incredibile. Innanzi tutto i prodotti agro-indutriali parmensi sono concorrenziali in particolare per la loro qualità e quindi strettamente dipendenti da un equilibrio tra produzione e salvaguardia di determinate caratteristiche ambientali. L’evoluzione urbanistica e le politiche industriali devono essere molto attente a questo meccanismo, e devono cercare di rafforzarlo invece di indebolirlo.

Non è soltanto un problema di paesaggio: spesso, quello che vediamo è anche quello che mangiamo.

Qui una traiettoria lungo la costa tirrenica calabrese, qui una lungo la costa ligure e qui, nel pdf in calce all'articolo, un'altra lungo la statale adriatica. I "compiti a casa" della "Scuola di eddyburg" 2007

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