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Attacco alla collina
18 Novembre 2007
Bologna
La collina di Bologna come simbolo di una stagione di buona urbanistica. Nei servizi de l’Unità, ed. Bologna, 18 novembre 2007, la cronaca sulle ultime vicende, il dibattito sul PSC e un commento di Vittorio Emiliani (m.p.g.)

«Non escluse edificazioni sulla collina»

Adriana Comaschi – l’Unità, ed. Bologna, 18 novembre 2007

Il PSC non esclude «una possibilità edificatoria». È il cuore dell’argomentazione con cui il Tar dell’Emilia Romagna ha bocciato la variante di tutela della collina del Comune di Bologna. La stessa che ha bloccato un residence da 49 alloggi dell’imprenditore

Minarelli, che oggi minaccia di «rivalersi» su palazzo d’Accursio. Una bocciatura a cui è seguita quella del Consiglio di Stato. Per l’assessore all’Urbanistica Virginio Merola quella del Tar è «una sentenza incomprensibile»: la variante non sarebbe solo di tutela come obiettato dal tribunale ma «urbanistica» a tutti gli effeti. E si appoggerebbe al Ptcp della Provicia, che sulla collinea prevede appunto una tutela specifica.

Si è già detto che la misura del Comune è per il Tar «intempestiva» e dunque «illegittima», perché anticipa i contenuti del vero strumento abilitato a dettare le tutele, ovvero il Psc. La lettura integrale del testo però evidenzia come il tribunale punti il dito soprattutto sul carattere «provvisorio» della variante. «Non si è in presenza ... di una variante diretta a dettare una disciplina potenzialmente stabile del territorio - si legge infatti - ma di una misura preventiva e provvisoria, come rilevato dalle stesse difese comunali, che non escludono una possibilità edificatoria al momento di adozione del Psc e degli altri strumenti attuativi con i quali saranno effettuate le nuove scelete urbanistiche comunali». In altre parole, è lo stesso Psc a non dare garanzie certe sulla linea anticipata dalla variante. Fermo restando che il solo richiamo al Psc, oltretutto non ancora «formalmente adottato», è di per sé insufficiente. In effetti, la sentenza sottilinea come non vi siano altri riferimenti normativi a dare “consistenza” alla variante sulla collina. Non basta infatti il richiamo al Ptcp, visto che questo «al punto 7.3 non pone un vincolo assoluto di inedificabilità nelle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale».

È su questo che insistono anche l’architetto Pier Luigi Cervellati, l’ex sindaco Guido Fanti e la docente di Geografia all’Alma Mater Paola Bonora, che già contestarono il via libera del Comune a un campo da golf da una buca in collina. Ora lanciano un appello alla Regione, perché «esca dal suo sonno», per dirla con Fanti, e intervenga con un richiamo forte al Piano paesistico regionale che solo può dare una valida base giuridica alla tutela della collina. L’altro appello è al Comune, perché al di là dello scontro in atto sul residence a Domizzola torni a porsi il problema della tutela «con un disegno complessivo della città che oggi manca - nota Fanti -, si agisce in modo settoriale».

Un esempio? La tutela della collina per l’ex sindaco fa parte di «una più generale tutela del centro storico». Tutela che viene meno quando si stende l’asfalto in Strada Maggiore per il passaggio del Civis, che secondo Cervellati «stravolgerà completamente la funzione» del centro. sempre più simile a «un supermarket». Insomma «prevale una logica di frammentazione, anche nel Psc: dividere Bologna in 7 città è solo retorica», attacca Bonora. Senza contare che «il Psc non può tutelare la collina perché è stretto nei confini comunali - ricorda Cervellati -, non prende in considerazione l’area metropolitana».

Se questo è il quadro, inutile andare all’iniziativa pubblica sulla collina del 20, promossa da Merola: «La partecipazione non si costruisce a giochi fatti». Piuttosto, Fanti guarda «con interesse al dibattito che si è aperto in maggioranza proprio in questi giorni, da qui si capirà se veramente si vuole cambiare strada, correggere il tiro». Sulla colilna e sul Civis. E le penali da pagare per interrompere i lavori del tram? «Distruggere l’immagine e l’identità di Bologna costa di più - nota l’ex sindaco - dei milioni da sborsare per gli errori fatti».

I passaggi più significativi della sentenza

Adriana Comaschi -l’Unità, ed. Bologna, 18 novembre 2007

La sentenza n.1667 con cui il Tar boccia la variante comunale sulla collina parte da una premessa: «L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla legittimità o meno degli atti impugnati e delle motivazioni indicate quali ragioni ostative dell’intervento edilizio in questione. Nessun rilievo hanno pertanto le considerazioni difensive dell’amministrazione comunale che», si legge, «si presentano come una inammissibile integrazione postuma dei provvedimenti impugnati». Altro punto contestato: la variante del Comune «precisa che la scelta effettuata costituisce una “misura di salvaguardia nel percorso in atto di elaborazione della nuova pianificazione urbanistica (Psc, Poc e Rue)”». Insomma la variante ha carattere provvisorio, è «tale da non pregiudicare la pianificazione in via di elaborazione». Il Comune difende poi la variante come «urbanistica» a tutti gli effetti: il Tar invece rileva come «la qualificazione formale dell’atto quale misura di salvaguardia è più volte contenuta nella deliberazione stessa».

Sentenze e difesa della collina

Vittorio Emiliani -l’Unità, ed. Bologna, 18 novembre 2007

La situazione della collina bolognese è unica in Italia. Lo si constata ad occhio nudo ogni volta che si passa da Bologna in treno o in autostrada. Il suo paesaggio verdeggiante non ha subito manomissioni. Per contro il cemento ha invaso da tempo i Castelli romani, ha reso agghiacciante lo sfondo di Genova e falcidiato il verde di quella Napoli che Stendhal definiva «indiscutibilmente la più bella città del mondo, con tanta campagna dentro». Né è andata granché meglio nella collina torinese. Dunque l’atto di coraggio compiuto, tanti anni addietro, dalle giunte comunali guidate da Dozza e da Fanti, con gli assessori Sarti e Cervellati, rimane nella storia dell’urbanistica italiana come un fatto positivo rarissimo di cui essere ancor oggi orgogliosi. E da difendere come patrimonio paesaggistico, naturalistico, ambientale di tutti.

Comprendo bene quindi come si rimanga disarmati di fronte alla sentenza del TAR e del Consiglio di Stato sostanzialmente favorevoli (bando alle sottigliezze giurisprudenziali) ad un progetto di residence che costituisce il "grimaldello" col quale può saltare la tutela pluridecennale della collina bolognese. Con l’argomentazione davvero speciosa che la giunta Cofferati ha ecceduto in zelo presentando troppo in anticipo la variante in difesa della collina medesima e, ancor più, violando un diritto acquisito dai privati che non si vede quale fondamento abbia.

Ma la “questione collinare” è diventata anche argomento per una arroventata polemica fra due urbanisti, entrambi ex amministratori bolognesi di notevole peso, Felicia Bottino e Giuseppe Campos Venuti, sulla qualità della pianificazione urbanistica: su quella vecchia o tradizionale, dirigistica, su quella nuova, condivisa con le forze economiche, sociali, culturali. L’impressione che ho io è che la prima non abbia dato i risultati sperati (però per la collina bolognese li ha dati) soprattutto perché essa è stata spesso tradita - come lo stesso Piano paesistico del 1986 - a livello di attuazione con l’arma delle varianti e che la seconda porti in sostanza all’urbanistica contrattata la quale, a sua volta, conduce al "paesaggio negoziato" (si salvano quelli belli e integri, pochi ormai, e per gli altri…si negozia).

Sono soltanto un giornalista appassionato di questi temi e problemi e però la vedo così. Come vedo l’Emilia-Romagna seminata di gru, in testa ai permessi di costruzione edilizia assieme a Lombardia e Veneto, fra le prime nei consumi di suolo e quindi di paesaggio, divenuti da noi divoranti, con una riduzione della superficie ancora libera del 22 per cento soltanto nel quindicennio 1990-2005, alla pari con la Sicilia (dove, certo, l’edilizia abusiva se ne "mangia" un altro bel po’ di ettari ex agricoli o a verde) e appena dopo la Calabria.

Insomma, la battaglia per salvare la collina bolognese da asfalto & cemento mi sembra di quelle emblematiche se non vogliamo giocarci nella regione quel po’ che resta di paesaggio agrario, storico e naturalistico alle spalle di un Adriatico integralmente costruito e quasi senza più dune, da Cattolica ai Lidi Ferraresi.

I Comuni che fanno bene il loro mestiere tutelando come quello di Bologna la collina verdeggiante o, come quello di Verucchio (Rimini), collina e archeologia, dovrebbero venire premiati anziché paradossalmente puniti dagli organi della giustizia amministrativa.

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