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“Una città di case” l’obiettivo della zonizzazione (1916)
9 Novembre 2007
Urbanisti Urbanistica Città
Difendere gli spazi residenziali, combattere il disordine edilizio, pianificare la crescita della città: soprattutto tutelare i valori immobiliari. L'introduzione dei principi di zoning. The New York Times, 12 marzo 1916 (g.b.)

Titolo originale: "A city of homes" Aim of zoning plan - Traduzione per eddyburg di Giorgia Boca

Una vita domestica decorosa e confortevole la chiave di lettura del rapporto della Commissione - Le fabbriche danneggiano la residenza - L’insalubrità e la mancanza di igiene sono causate dalla mancanza di aria e luce nei quartieri sovraffollati.

La Commissione per la suddivisione in distretti e le restrizioni alle costruzioni consegnerà domani la bozza del suo rapporto alla Commissione Bilancio, contenente le raccomandazioni riguardanti i regolamenti per contenere le costruzioni in alcune zone, limitando le altezze degli edifici, e più in generale per mantenere stabili i valori immobiliari e promuovere l’igiene e la bellezza dell’ambiente urbano.

Il rapporto rileva come nel costruire la città anche una pianificazione insufficiente sia meglio di niente e come nella crescita di New York non sia stato seguito alcun piano. La città ha ormai raggiunto un punto oltre il quale la crescita non pianificata non può non portare al disastro economico e sociale. Già oggi, a causa di una crescita edilizia casuale e del diffondersi di usi inappropriati – rileva la commissione – il valore capitale di intere aree si è fortemente svalutato.

“Mentre a New York le forze economiche spingono a concentrare le grosse fabbriche lungo i corsi d’acqua e presso i terminal ferroviari e a concentrare alcune piccole industrie in prossimità del commercio all’ingrosso e al dettaglio, di hotel e dei terminal passeggeri nel centro di Manhattan, ci sono molti altri tipi di piccole attività che non hanno vincoli di alcun tipo e vengono localizzate indiscriminatamente per tutta la città” dice il rapporto. “Le fabbriche danneggiano il tessuto residenziale. Distruggono le comodità, la quiete e i vantaggi della vita domestica. Non c’è nulla di più vitale per una città dell’abitare della propria popolazione. Non c’è nulla di più essenziale per garantire la qualità dell’abitare che escludere i traffici commerciali e la produzione industriale dalle strade residenziali.

Una decorosa vita domestica la chiave di lettura

Il rapporto spiega nel dettaglio questo disagio ed è proprio l’importanza di condizioni opportune per la vita domestica la chiave di lettura. Il problema del sovraffollamento è strettamente connesso alla localizzazione degli spazi per gli scambi e per la produzione. La commissione rileva come in molti casi è il costruttore che specula il principale responsabile del posizionamento del primo edificio in un isolato. Il primo ha luce e aria in abbondanza e lo spazio al piano terra si affitta con facilità. Seguono poi gli altri e i loro costruttori non hanno motivo per tenere le altezze più basse o dotarli di più ampi cortili o corti interne rispetto al primo. Aree di questo tipo sono cresciute per singole aggiunte successive e molte sono ormai al punto di rimanere soffocate dalla propria stessa crescita.

“L’attrattività sociale ed economica di edifici contenuti in altezza e dotati di un minimo di cortile o di spazi aperti è stata chiaramente riconosciuta dalle case-appartamento promosse dalla legge sull’edilizia popolare”, continua il rapporto. “Se un regolamento simile fosse stato adottato per gli uffici e i laboratori si sarebbero evitati gravi danni. Solo attraverso un piano che divida l’intera città in zone, gli utili principi contenuti nella legge per l’edilizia popolare possono essere mutualmente applicati a tutti i tipi di edifici in ogni parte della città. Si dovrà procedere prima ad un raggruppamento parziale degli edifici in relazione all’uso e poi ad una differenziazione delle altezze e delle previsioni di spazi aperti, in conformità con l’intensità d’uso, attuale e prevista, nelle varie parti della città”.

La Commissione ritiene che un piano per zone omogenee consenta di stabilire norme appropriate e ragionevoli per ogni singolo edificio e, allo stesso tempo, di garantire la sostanziale uniformità normativa relativamente ad altezze e spazi aperti per tutti gli edifici dentro un unico isolato. Ma questo piano guarderà anche al futuro. La difficoltà del piano, comunque, è che non si possono radere al suolo gli edifici né si possono mettere in discussione i diritti acquisiti per ripartire da zero. Il piano deve partire dalle condizioni esistenti. La Commissione ritiene, tuttavia, che senza dubbio alcune norme porteranno mutui benefici sia ai proprietari che alla collettività. Le proposte relative alle zone omogenee, perciò, si limitano a dare solo quelle indicazioni che la magistratura competente può considerare contemplate dalla legge. Il regolamento proposto si applica solo alle future costruzioni e ai relativi usi.

Lo spazio per le abitazioni è salvo

Il piano di zonizzazione divide la città in aree residenziali, aree per il terziario e aree senza restrizioni. Nei quartieri residenziali il piano lascia alle abitazioni i fronti stradali dovunque sia possibile. I viali e le strade principali vengono incluse quasi sempre nei quartieri d’affari, dato che la destinazione d’uso a uffici sul viale si può estendere per circa 300 metri sul retro delle strade residenziali. Nei quartieri meno costruiti è sembrato realistico destinare solo seconda o terza strada ad uffici. Un piano complessivo per il futuro assetto della città non è stato ancora elaborato.

Un piano complessivo per i porti e le attrezzature ferroviarie non è stato ancora messo a punto. Lo sviluppo futuro dei parchi non è stato ancora approfondito. Per questo un uso realistico o auspicabile per molte aree è ancora estremamente incerto e il rapporto cita ad esempio le aree intorno Jamaica Bay e Gravesend Bay e la riva sud di Richmond. Di conseguenza queste e alcune aree in simili condizioni non sono state classificate e non sono state poste restrizioni.

Sono previsti cinque limiti di altezza. L’altezza dell’edificio viene limitata in relazione alla larghezza della strada. I multipli variano da due volte e mezzo la sezione stradale, nei quartieri d’affari e finanziari di Manhattan, a una volta la sezione stradale in molti quartieri non edificati negli altri quattro distretti.

La Commissione, comunque, ha attenuato la rigorosa applicazione di questo principio stabilendo che, per calcolare l’altezza limite sulla base della larghezza della strada, una strada più stretta di 15 metri deve essere considerata come una di 15 metri ed una strada più stretta di 30 metri deve essere considerata come una di 30 metri

Consentiti edifici fino a 20 piani

Per una parte dell’area della Fifth Avenue vengono proposti i limiti di un quarto e di una volta e mezzo la sezione stradale. L’altezza di due volte la larghezza della strada è consentita in una stretta fascia sul waterfront di Manhattan e lungo l’East River waterfront di Brooklyn, Queens e nel Bronx; anche per una piccola area intorno gli uffici principali e il centro d’affari di Brooklyn. Nelle zone dove il limite è due volte la larghezza delle strade da 18 metri, gli edifici possono arrivare a 36 metri, o circa 10 piani, sul fronte stradale e, arretrando di circa 4 metri, possono salire di altri 4 piani oltre quell’altezza.

Sulle strade di 30 metri gli edifici possono arrivare a 60 metri, o circa 16 piani, sul fronte stradale e, arretrando di circa quattro metri, possono salire di altri 4 piani oltre quell’altezza.

L’unico distretto in cui viene proposta un’altezza limite di due volte e mezzo la sezione stradale è l’area degli uffici della Lower Mahattan. L’altezza di due volte la larghezza della strada è consentita nelle aree residue dei quartieri commerciali e industriali più intensamente sviluppati, in un’ampia fascia nel centro dell’isola, dalla parte più bassa della città fino alla Cinquantanovesima Strada.

Quando lo zoning diventa strumento per un ordine razziale oltre che edilizio: un brano tratto da "Le vicende dello zoning" di Franco Mancuso. (g.b.)

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