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Valentino Parlato
Ciao Bruno, cerchiamo ancora
30 Agosto 2007
Altre persone
L'addio a Bruno Trentin: in momenti difficili, la ricerca come arma per capire e come speranza per il futuro. Da il manifesto, 28 agosto 2007 (m.p.g.)

Ieri, alle ore 15, in un micidiale caldo di agosto, eravamo in tanti a dare l'ultimo saluto a Bruno Trentin. Dobbiamo dire grazie al corsivetto di Galapagos sul manifesto di domenica: invece della mortificante delegazione annunciata dagli uffici dei Ds c'erano D'Alema, Fassino, Veltroni, Mussi e poi anche i presidenti di camera e senato (peraltro ex sindacalisti) il presidente del consiglio e poi tanti altri compagni, vecchi e invecchiate amicizie.

Lì, davanti alla sede storica della Cgil, c'era un popolo partecipe, ma, viene da dire, un popolo di sconfitti al funerale di un grande sconfitto.

Quel che resta di una stagione di grandi speranze e di grande impegno personale e politico.

Anche i discorsi che hanno monumentalizzato la figura di Bruno, erano, come spesso i monumenti, funebri o strumentali alle opportunità dell'oggi.

Ho conosciuto Bruno Trentin negli anni '50, quando costruì e diresse l'ufficio studi della Cgil. Allora in quegli anni piuttosto rozzi e di scontro duro e rozzo, mettere su un ufficio studi e non di «lotta dura senza paura» era una straordinaria innovazione. E quell'ufficio studi fu un vivaio di idee, di iniziative.

E c'erano compagni straordinari come Ruggero Spesso, Camillo Daneo e altri ancora dei quali non ricordo il nome. Quando - spesso in compagnia di Mario Mazzarino - andavo lì a parlare e soprattutto ad ascoltare, ne uscivo pieno di idee, di voglia di studiare, capire.

Allora lavoravo alla sezione economica del Pci e l'ufficio studi della Cgil mi appariva come il più libero e fertile territorio di ricerca, di scoperta del nuovo che in quegli anni stava maturando nell'economia e nella società italiana. E Bruno era il caposcuola: serio, riservato, profondamente ironico e, insieme, appassionato. Questo mix di ironia e passione era la componente forte del suo fascino.

Poi fu un leader indiscusso, quasi carismatico ai tempi della Flm, dell'unione dei tre sindacati metalmeccanici. Allora la triade Trentin, Carniti, Benvenuto faceva furore: i metalmeccanici erano la vera avanguardia della società italiana in trasformazione, erano la politica e la democrazia che si rinnovava.

Ma quella fertile stagione arrivò al suo declino e le cose cambiarono anche quando Bruno divenne il più prestigioso segretario generale della Cgil. Gli anni '70 furono - senza che molti di noi, anche io, lo capissero - quelli della controffensiva capitalistica. Controffensiva vincente: gli anni '80 e '90 sancirono la sconfitta, o almeno la fine di un ciclo. E i funerali di ieri mi sono apparsi come la certificazione di questa sconfitta.

Ora che la morte di Bruno quasi materializza la sconfitta, dobbiamo tornare - oso dire - al suo ufficio studi, al coraggio e alla pazienza della ricerca. Questo - a mio parere - l'insegnamento più valido che Bruno Trentin (con il quale ci siamo anche scontrati) ci lascia. Proviamoci. «Cercare ancora» diceva un altro importante defunto, Claudio Napoleoni, che non credo fosse in grande sintonia con Bruno. Ma entrambi ci mandavano lo stesso messaggio: cercare

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