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Franco Picciaredda
La «tassa sul lusso», non per punire ma per tutelare beni ambientali scarsi
4 Aprile 2007
Articoli del 2006-2007
Dopo il cicaleccio estivo, alcune utili considerazioni su un provvedimento destinato ad estendersi. Da La Nuova Sardegna, 3 aprile 2007 (m.p.g.)

Dopo un'estate di polemiche che hanno investito l'entrata in vigore dei tributi regionali sardi (di cui alla Legge n. 4 del 2006), che nel linguaggio corrente vengono definiti “tasse sul lusso", ma che in realtà riguardano il turismo, sembra opportuno soffermarsi brevemente ad analizzare alcuni aspetti connessi a questi nuovi modelli impositivi.

Il primo punto verte sulla protesta innescatasi dopo l'istituzione di tali tributi.

Dissenso a dire il vero abbastanza singolare, giacché ha preso le mosse e poi è "montato" in un contesto dorato, o meglio, in una enclave del lusso in Costa Smeralda ove i "contestatori" hanno organizzato un gran galà e un battage mediatico, anche con inserzioni sui giornali, per esternare il loro rifiuto alle cosiddette “tasse Soru".

E' bene rimarcare — anche per stemperare gli animi — che si tratta di "sdegno fiscale" da ricondurre più nell'ambito del folclore che in quello dell'obiezione fiscale. Esso, infatti, ha avuto una notevole risonanza soprattutto nelle cronache mondane, sempre alla ricerca di gossip estivi, vista l'appartenenza dei protagonisti della contestazione al mondo dello star system.

Si ha, comunque, la sensazione che performances salottiere di questo genere vengano percepite, dalla generalità dei contribuenti, come uno snobistico rifiuto di un gruppo clanico — che, tra l'altro, si appalesa dotato di una notevole capacità contributiva - al pagamento dei tributi.

Il secondo aspetto, di natura dualistica, concerne, la possibilità e l'opportunità che la Sardegna istituisca imposte e tasse sul turismo e altri tributi propri in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato, così come prevede l'articolo 8, lettera I), dello Statuto regionale.

Per quanto attiene alla possibilità, vedremo se, nei prossimi mesi, la Corte costituzionale, investita dal Governo per un sindacato sulla legittimità dei tributi sardi (imposta sulle plusvalenze dei fabbricati adibiti a seconde case, imposta sulle seconde case ad uso turistico e imposta su aeromobili ed unità da diporto), si pronuncerà sulla compatibilità, o meno, degli stessi con la Costituzione.

In attesa che sulla questione intervenga il giudizio della Consulta la problematica resta, tuttavia, aperta per eventuali modifiche al testo normativo vigente, finalizzate ad eliminare i contrasti denunciati nel ricorso del Governo, che la Regione Sardegna si accinge a varare con la Finanziaria 2007.

In tale angolo di visuale si pone, quindi, il problema, non solo per la nostra Regione, in ordine all'opportunità di emanare una disciplina fiscale che incida sul consumo di beni ambientali "scarsi", rapportata al turismo.

Questo argomento rappresenta ormai un punto ineludibile con il quale è indispensabile fare i conti.

La spinta ad introdurre forme di prelievo, in ambito locale, di natura parafiscale, come pedaggi, sovraprezzi — ticket d'ingresso per bus, auto e persone et similia — in località ad alta vocazione turistica comincia a diffondersi nel nostro Paese a macchia di leopardo (anche sull'esempio della congestion charge istituita dalla municipalità di Londra), come documentato in una ricerca effettuata da il Sole 24 Ore del 19 agosto 2006.

Il dibattito, semmai, può incentrarsi su quale formula impositiva sia più idonea per influire su fenomeni di natura turistica.

Le scelte al riguardo possono essere molteplici, ma, a nostro modo di vedere, si potrebbe pensare ad un sistema di tassazione ecologically correct, all'unisono con il federalismo fiscale ed anche con le linee guida espresse dalla Commissione europea.

A questo proposito, assume notevole rilievo, nello specifico caso della Sardegna, prendere in considerazione il consumo dei beni ambientali "scarsi", dovendo comprendersi fra questi, in virtù di quanto affermato dalla Corte costituzionale sin dal 1997, beni naturali, quali boschi, laghi, coste, fauna selvatica, oltre che quelli culturali. In tale ottica l'attenzione del legislatore fiscale, attraverso l'introduzione di green taxes, può ben porsi per la tutela delle bellezze naturali, prive spesso di ogni forma di protezione.

Data la "scarsità" del bene ambiente, tutti gli atti (o le attività) che cagionano un inquinamento o un consumo del bene medesimo, rappresentano il depauperamento di un patrimonio raro (l'ambiente) soggetto ad esaurimento e come tale suscettibile di una valutazione economica e, soprattutto, di manifestare una maggiore capacità contributiva rispetto agli atti (o alle attività) non inquinanti, ovvero che non comportano, in ogni caso, l'erosione di un habitat unico e di pregio.

Da ultimo, si deve sottolineare come in questa vicenda è di fondamentale importanza chiarire, attraverso una efficace comunicazione, che non ci troviamo di fronte a leges in privos latae, indirizzate cioè a colpire esclusivamente una limitata categoria di soggetti con effetto punitivo. Il nuovo assetto in materia di tributi dovrà, quindi, tener conto di questa componente negativa che ha accompagnato la nascita delle cosiddette “tasse sul lusso" al fine di sgomberare il campo da equivoci di questo genere.

Ora è del tutto scontato e anzi lapalissiano che l'istituzione di un tributo non venga accolta con manifestazioni di giubilo da parte dei contribuenti, ma un conto è la mancanza di entusiasmo e altro conto è l'“accettazione" dell'opinione pubblica al riguardo.

L'"accettazione" (cosiddetta tax compliance ) al pagamento dei tributi costituisce, infatti, un imprescindibile connotato dello Stato moderno la cui assenza conduce ad una perdita di funzionalità del sistema fiscale, perdita che non viene colmata con l'adozione di misure coercitive.

Concludendo è auspicabile che questi tributi siano avvertiti in relazione alle loro finalità ecologiche, e giammai percepiti come uno strumento di vessazione o di ostracismo in danno dei non sardi e dei non residenti.

L’autore è titolare della Cattedra di Diritto Tributario all'Università di Cagliari

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