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Fabrizio Giovenale
È il liberismo bellezza
20 Gennaio 2007
Fabrizio Giovenale
L’ultimo articolo scritto per La Nuova Ecologia del 22 dicembre 2006. L’immagine è un ironico autoritratto di Fabrizio, disegnato per la rivista

Quando negli anni Sessanta ho cominciato a occuparmi di ambiente almeno era certo di che cosa stavamo parlando. Le misure fisiche del mondo, tanto per cominciare: 150 milioni di chilometri quadrati di terre emerse, un terzo delle quali ricoperte da deserti e ghiacciai. Oggi apprendiamo da Repubblica dello scorso 5 dicembre che, secondo le analisi delle Nazioni Unite, nemmeno quelle cifre sono più valide. Negli ultimi 15 anni le superfici desertiche sono raddoppiate, così che il totale delle terre inabitabili raggiunge e forse oltrepassa la metà della superficie terrestre. Quello che allarma di più è che non si tratta soltanto di ignoranza e insipienza delle popolazioni locali, ma anche – forse soprattutto – dei modi sbagliati di affrontare il problema da parte della Banca Mondiale e delle altre massime autorità planetarie: cambiando il corso dei fiumi a furia di sbarramenti e dighe, emungendo acqua dalle falde più profonde del sottosuolo, sperimentando ogni modo possibile per peggiorare le cose. Sempre perché, in fondo in fondo, ciò che vanno veramente cercando è l’affare, i profitti d’impresa. La legge che domina è quella. È il libero mercato, bellezza...

Così fa una certa impressione volgere gli occhi all’interno, nel cortile di casa nostra, e vedere la situazione politica ancora orientata verso prospettive di crescita impossibili. Dal duo Prodi-Padoa Schioppa, che si va arrabattando per far uscire da un ipotetico sottosviluppo un paese che è ancora fra i più fortunati, al solito Berlusconi, che al di là del mercato non ha mai visto né voluto sapere niente di niente. Ma del deserto che avanza costoro non hanno mai sentito parlare? O credono di avere una sorta di diritto divino – noi, l’Europa, l’intero Occidente – a un trattamento di favore mentre il resto del mondo sta andando allo sfascio?

Bisogna dedicare porzioni sempre maggiori delle nostre capacità culturali, scientifiche, economiche e lavorative a uno sforzo mondiale comune per tentare di arrestare la desertificazione avanzante. Idee simili altrove cominciano a circolare, se pure con abissale e già forse definitivo ritardo. Noi soli però sembriamo ancora capaci di seguitare a trastullarci con le solite ridicole sceneggiate politichesi. Come se non fossimo al centro di un turbine che sta sconvolgendo la Terra

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