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Alberto Calza Bini
Il nuovo ordine urbanistico
3 Settembre 2006
1942, la Legge Urbanistica
Un commento "a caldo" sulla legge urbanistica appena approvata, e le sue potenzialità. Da Urbanistica, monografico sull'argomento, n. 5, 1942

La nuova legge urbanistica è dunque ormai Legge dello Stato con tutti i crisma ufficiali.

Chi ha seguito su questa stessa Rivista il nostro tenace lavoro preparatorio, chi ha letto sui giornali politici o sui resoconti parlamentari il nostro pensiero, o ha seguito attraverso la radio o le comunicazioni in convegni di studiosi l'appassionata alternativa delle speranze o dei timori, immagina quale sia la nostra esultanza per la meta raggiunta, e la nostra legittima soddisfazione per la non inutile opera compiuta.

Al Ministro Gorla che da uomo di fede di volontà e di competenza tecnica ha saputo superare le non lievi difficoltà conducendo intatta in porto la navicella della sua legge, abbiamo espresso già, e ripetutamente, il nostro plauso e la nostra riconoscenza.

Ma da questo nostro organo, al Duce che ha voluto che, anche in momenti duri e difficili come quelli che attraversiamo, non venisse trascurata la preparazione fondamentale della disciplina e dell’ordine urbanistico di domani, e al Ministro Gorla, artefice presentatore e difensore della legge, vogliamo rinnovare il fervido commosso ringraziamento degli urbanisti italiani, che nella legge vedono lo strumento di un feconda disciplina, e di una vera rinascita dell'arte urbanistica. Arte e disciplina che varranno, vogliamo sperarlo, a dare ordine e bellezza al volto della Patria nei giorni avvenire, quando sarà possibile riprendere in pieno quel fervore di attività creatrice che è stato proprio del primo ventennio del Fascismo e che, dopo la Vittoria, dovrà tornare ad essere una delle più significative prerogative del Regime.

Abbiamo espresso la nostra fede nella bontà dello strumento che il Governo Fascista ha predisposto, e altrettanto ripetiamo a proposito del Regolamento che con celerità veramente eccezionali il Ministro dei lavori pubblici sta per emanare. Naturalmente l'efficacia dei più sani e lungimiranti provvedimenti dipende dal buon senso, dalla rettitudine e dalla intelligenza con cui sono applicati; e a coloro che al nostro entusiasmo oppongono lo scetticismo sulla incapacità e malavoglia degli uomini, rispondiamo che abbiamo invece piena fiducia che gli organi di propulsione e di controllo che la legge crea al centro e alla periferia gioveranno ad assicurare la buona realizzazione dei postulati della più sana ed evoluta urbanistica italiana.

La nostra Segreteria ha commentato la legge articolo per articolo, e quel commento fa seguito in questa nostra pubblicazione, al testo della legge e alla riproduzione delle interessanti discussioni alla Camera e al Senato.

Qui vogliamo porre in rilievo solo i lineamenti essenziali profondamente innovatori della legge.

Primo: il concetto di Piano Territoriale

Si ricorderà che la nostra Rivista iniziando il nuovo ordinamento lo scorso anno, impostò proprio sui Piani territoriali il suo primo articolo di fondo, ponendo in rilievo la importanza fondamentale che per una giusta e sana distribuzione delle forze produttive del paese e per una efficace azione di disurbamento ha una buona politica di previsione e di coordinamento di tutte le attività urbanistiche in una determinata estensione di territorio. Il Ministro Gorla ha voluto che i Piani territoriale si chiamassero appunto di coordinamento, e ne ha avocata la compilazione diretta o indiretta allo stesso Ministero dei lavori pubblici attraverso le Sezioni Urbanistiche.

Secondo: la creazione delle Sezioni Urbanistiche

Uffici periferici con funzioni tecniche autonome, anche se amministrativamente collegati col Genio Civile. Sezioni che hanno delicati e difficili compiti di propulsione, di incitamento, di controllo, e di raccolta di elementi e dati da fornire agli organi centrali; e che pertanto dovranno essere affidate a funzionari provetti ed esperti della materia.

Una legge preesistente, non ancora prima applicata, ha posto il Ministero nella condizione di poter assumere per chiamata diretta alcuni egregi camerati che conoscono le discipline urbanistiche per aver a lungo, per quanto giovani, militato nella schiera dei combattenti per la buona causa dell’urbanistica; ad essi, tutti a noi cari e tutti assai favorevolmente noti nel campo degli studi per opere, pubblicazioni e concorsi va la nostra sicura fiducia.

Ma non basta: le Sezioni Urbanistiche sono sedici; e manca ancora un buon gruppo di giovani autorevoli per la riconosciuta competenza e salda preparazione. Facciamo pertanto voto che i nostri giovani urbanisti che ormai dalle Facoltà di Architettura, e da qualche anno anche da quelle di Ingegneria, escono agguerriti e consapevoli, accorrano alla chiamata del Ministro e si accingano a dare alla pubblica Amministrazione, e attraverso essa alla Patria, il meglio delle loro energie.



Terzo: la netta e decisiva definizione di piano generale e di piano particolareggiato

La precisazione dei caratteri dei primo, che possono dirsi di esclusivo valore tecnico e programmatico, e del valore giuridico assunto dai secondi con la imposizione, solo a tempo limitato, di oneri e vincoli.

Insistiamo su questo concetto che è fondamentale; e che non vuol dire affatto che il piano generale possa essere una espressione vaga e indecisa che i piani particolareggiati debbano poi precisare in modo completo; ché anzi nulla dovrebbe vietare che il passaggio dal piano generale alla preparazione dei piani particolareggiati possa essere immediato. Ma resta ben fermo il concetto fondamentale che, anche se predisposti in linea tecnica per una più ampia zona, i piani particolareggiati possono essere approvati anche per piccoli settori, e solo allorché i Comuni stessi hanno la sicurezza di poter presentare un piano finanziario organico e saldo, e quindi realizzare di fatto nel tempo prescritto.

Tralasciamo di dilungarci sul valore tecnico di molti dei principi fondamentali che la legge instaura: come quello della rettifica dei confini della obbligatorietà dei comparti, con i quali sarà possibile vedere finalmente rimossi quegli inconvenienti ce sino ad oggi, per la esistenza di tante piccole proprietà frazionate e intersecatesi, impedivano la realizzazione armonica di un qualsiasi complesso urbanistico; o quelli della prescrizione degli isolati in tutto corrispondenti ad unità fabbricabili secondo la tipologia prescelta; o della obbligatoria presentazione delle sagome e dei profili dei fabbricati lungo le vie o piazze principali; o infine delle precise norme per il regolamento edilizio.

Tutti principii di assoluto valore tecnico oltre che giuridico, che verranno finalmente a permettere l concezione di un piano regolatore nella sue terza dimensione.

Ci preme però di far rilevare ancora una volta come le disposizioni relative alla espropriabilità delle aree, specialmente riferite alle zone di espansione, mettano una buona volta i Comuni nella condizione di poter disciplinare le attività edilizie, consentendolo solo nelle zone e nelle direzioni dove, con un organico piani di realizzazione di opere di Piano Regolatore, l’espansione dell’aggregato urbano e la creazione di nuovi nuclei satelliti corrispondano al preventivo programma urbanistico; non solo, ma anche, le disposizioni medesime, permettano ai Comuni, con la attenta manovra dei prezzi delle aree, di consentire una edilizia veramente sana, moderna, corrispondente alle esigenze estetiche igieniche e politiche della nostra razza.

Questo punto non sarà mai abbastanza illustrato e posto in rilievo ed è senza alcuna incertezza che noi vediamo in esso, se sarà bene compreso e bene applicato, la chiave di una vera rinascita della urbanistica nostra tanto sotto il profilo estetico quanto sotto quello sociale.

Ai più o meno disinteressati tutori dell'assurdo quanto astratto diritto di proprietà, secondo il quale ogni proprietario di aree, sebbene tuttora utilizzate a sola destinazione agricola, dovrebbe avere la libertà di far trasformare in qualunque tempo, e a spese del pubblico erario, i loro campi in zone edilizie per arricchirsi con fantastici sopraprofitti, opponiamo solo la visione di una più sana ed equa giustizia, che nulla tolga alla proprietà di quanto è già in essere, acquisito o anche di prossima acquisizione; ma che permetta anche alla oculata politica amministrativa dei Comuni, di poter regolare l'attività edilizia dei privati nel tempo e nello spazio, evitando inutili spese e dannosi sperperi di pubblico denaro; e permetta anche di garantire a tutta la popolazione presente e futura il godimento di quartieri di abitazione sani e ridenti, di ampie riserve verdi per la gioia e la sanità dell'infanzia, di tutto quel complesso di provvidenze e di istituzioni accessorie, politiche, religiose, sportive, assistenziali che dovranno fare dei nostri centri abitati dei vari modelli di urbanistica italiana e fascista.

A chi teme che tutto ciò resti nel campo degli ideali sognati per difetto di mezzi o incapacità degli uomini possiamo rispondere: che sì, il difetto di mezzi è purtroppo prevedibile, poiché per procedere alla espropriazione delle aree che occorre pagare al giusto valore venale senza riduzioni di capitalizzazione di imponibile o coacervo di fitti, occorrono dei mezzi finanziari che non si sa ancora bene dove e come i Comuni potranno procurarsi.

Può darsi che il Governo voglia provvedere con qualche speciale accorgimento in considerazione che si tratterebbe di una esposizione finanziaria la quale dovrebbe, ad opera compiuta, dare invece un certo margine di utile col quale provvedere a nuove opere.

Chi legge queste nostre note ricorderà che proprio per ovviare all'inconveniente di un notevole disborso di denaro, e all'altro più grave di un possibile arresto di attività produttiva nel campo agrario, noi dell'Istituto avevamo proposto un sistema di valutazione e di catasto economico che avrebbe permesso lo stesso congegno di disciplina e di coordinamento, quasi senza anticipazione di fondi da parte dei Comuni.

La proposta è parsa acerba ed è rimasta allo stato di proposta; ma noi abbiamo fede che l'avvenire ci darà ragione. Comunque è a ritenersi che in un modo o nell'altro i Comuni potranno, e noi diciamo anzi dovranno, giovarsi delle benefiche disposizioni di legge.

Quanto all'argomento della eventuale incapacità degli uomini ... è argomento vecchio quanto la storia del mondo. E nessuna legge potrebbe mai essere presentata se non sorreggesse la fiducia della sua bontà intrinseca e della onestà e capacità di chi deve applicarla.

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