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Oscar Mancini
Occorre comprendere per cambiare
5 Luglio 2006
Pratiche di buongoverno
A Vicenza la CGIL ha lavorato seriamente (esemplarmente) sul Piano territoriale di coordimento della Provincia. Ecco la relazione introduttiva del Segretario generale della Camera del lavoro al convegno dedicato all’argomento. Da Vicenza Lavoro, n. 24, giugno 2006

L'obiettivo del seminario è stato indicato da tempo ed è noto a tutti i partecipanti: proseguire un percorso già avviato con il seminario dell'autunno 2004 volto ad elaborare un nostro autonomo punto di vista sulla qualità dello sviluppo della nostra provincia, ragionando sulla qualità dell’abitare, dei servizi, degli insediamenti produttivi e commerciali, della mobilità delle merci e delle persone.

Al nostro maestro, l'urbanista Eduardo Salzano, sono piaciute tre cose della nostra iniziativa: il titolo, il taglio, la continuità.

Il titolo “più piazze e meno mattoni” (ma avremmo potuto dire meno cemento e meno asfalto) perché esprime molto sinteticamente l'obiettivo che vogliamo proporci: restituire le nostre città e paesi alla società, ridurre l'edificazione allo stretto indispensabile per allargare lo spazio destinato alla fruizione di tutti cittadini.

Il taglio di questa giornata di studio, con l'ausilio dei nostri relatori, ci consentirà di dare un primo sguardo alle carte tecniche delle scelte sul territorio per valutarle nell'interesse dei lavoratori e dei pensionati.

Studiare per comprendere, comprendere per cambiare com'è stato in tutta la nostra centenaria storia. La continuità dell'impegno intorno ad una materia fondamentale per riportare l'attenzione del sindacato sul territorio programmando successivi approfondimenti, zona per zona, con l'obiettivo di aprire un cantiere finalizzato all'avvio della contrattazione sociale territoriale.

La qualità urbana insieme alla qualità sociale costituiscono infatti un pezzo rilevante della strategia che abbiamo definito nel nostro recente congresso.

Abbiamo detto che non si controlla il processo lavorativo se l'azione sindacale non ricomprende tutta la filiera delle esternalizzazioni, delle terziarizzazioni, degli appalti, se cioè non si ridefinisce il perimetro della catena lunga e diffusa della produzione di una merce o di un servizio.

È NECESSARIO UN SALTO CULTURALE

Quello che ci si richiede è un salto culturale, politico e organizzativo per connettere la contrattazione di secondo livello con la contrattazione sociale nel territorio.

Una contrattazione questa capace di assumere il territorio in quanto spazio fisico interconnesso con le dinamiche produttive. Essa è indispensabile perché la contrattazione nel luogo di lavoro possa disporre di un'iniziativa esterna in materia di qualità delle zone industriali e commerciali, della logistica, dei trasporti, della politica industriale, della formazione e della ricerca.

Un contrattazione che sappia assumere il territorio come luogo del vivere e dell'abitare. L’obiettivo è quello di accompagnare la contrattazione del salario con una contrattazione sociale territoriale in grado di ottenere risultati dai servizi (dagli asili nido ai servizi di assistenza degli anziani), la sanità, la casa, i trasporti, i beni comuni prodotti dai servizi pubblici locali (acqua, ambiente, energia), l'integrazione dei migranti, la vivibilità urbana.

E’ una scelta di allargamento del campo d'azione del nostro lavoro sindacale che vogliamo affidare ai costituendi consigli di zona per tenere insieme il luogo di lavoro e la sua inscindibile relazione con il contesto territoriale, nei suoi diversi aspetti di organizzazione e pianificazione dello spazio urbano, di equilibrio ambientale, di qualità ed efficacia del welfare locale. E ’ sul primo aspetto che oggi vogliamo concentrarci. Una mutazione gigantesca, formata dalla somma di trasformazioni diffuse e capillari, ha investito negli ultimi decenni la nostra provincia. Un diluvio di cemento che ha deturpato uno dei paesaggi più belli d'Europa.

Con mirabile capacità di sintesi scrive il vicentino Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera: "Un blocco di cemento di 1070 metri cubi: è questa la dote portata alla provincia di Vicenza da ogni abitante in più dagli anni 90. Crescita demografica:più 52 mila abitanti pari al 3%.Crescita edilizia: 56 milioni di metri cubi, pari a un capannone largo 10 metri, alto 10 e lungo 560 km.

Ne valeva la pena? Valeva la pena di insultare ciò che resta delle campagne care a Meneghello con giganteschi scheletri di calcestruzzo tirati su spesso solo per fare un investimento” incentivato dalle varie leggi Tremonti e oggi tappezzati di cartelli "affittasi capannoni”?

TUTTO QUESTO CEMENTO NE VALEVA LA PENA?

Di capannoni, nel migliore dei casi, pensati per produzioni povere realizzate con tecnologie semplici, non più in grado di reggere la competizione internazionale.

L'ing. Natalino Sottani ci spiega che nell'ultimo mezzo secolo la popolazione della nostra provincia è cresciuta del 32% , mentre la superficie urbanizzata ha subito l'impennata del 324%: 10 volte di più. Di converso, ovviamente, registriamo un crollo di terreni destinati all'agricoltura.

Un consumo di territorio abnorme, disordinato, sprecone, indifferente a tutti i rischi. Esso ha generato:

1) una mobilità multidirezionale delle merci e delle persone, quasi sempre su mezzi privati, che congestiona il traffico, avvelena l'aria e soffoca la nostra esistenza;

2) una crescita urbana senza forma che ha impermeabilizzato il territorio, rallentato la ricarica delle falde e nel contempo provoca frequenti esondazioni dei corsi d'acqua;

3) Un modello di urbanizzazione costoso in termini di distruzione di suolo agricolo, di aumento di spese di energia e di tempo nonché insostenibile da un punto di vista ambientale e scarsamente competitivo rispetto ad altri modelli territoriali;

4) Si tratta della dispersione insediativa per la quale gli americani coniarono il termine “sprawl town” letteralmente: città sdraiata sguaiatamente.

L’AMBIENTE COME UNA MARMELLATA

In sostanza, un ambiente urbano a marmellata sempre più privo di forma e memoria dei luoghi e vissuto come alienante dalle nuove generazioni;

Questo fenomeno di “sprawl”, cioè di una città cresciuta in modo anarchico, senza forma, priva di regole ovvero con il metodo "fai-da-te" la si può riconoscere con qualche approssimazione osservando in particolare cinque aree: - la prima: La strada mercato Montebello Vicenza - la seconda: la conurbazione lineare della Valle del Chianpo - la terza: la bassa Valle dell' Agno - la quarta: la conurbazione multicentrica dell’Alto Vicentino tra Thiene e Schio - la quinta: il Bassanese Il documento preliminare della Provincia analizza criticamente il modello di sviluppo sin qui praticato, ne certifica la crisi e si propone di perseguire "una nuova qualità urbana, territoriale, ambientale e paesistica" . Ne siamo felici!

GLI OTTO OBBIETTIVI DEL PIANO

Così come non possiamo non esprimere il nostro consenso rispetto all’obiettivo dichiarato dalla Provincia di “sviluppare un progetto di territorio che risponda ai seguenti obiettivi:

a) Tutela e valorizzazione del patrimonio territoriale, nelle sue molteplici dimensioni identitarie, paesistiche, ambientali, socio-economiche e culturali, come base essenziale per un nuovo sviluppo locale autosostenibile.

b) Blocco dell’ulteriore espansione della città diffusa e avvio di una sua riqualificazione in forma di sistema policentrico organizzato per nodi, ciascuno dei quali dotato di adeguati spazi, funzioni di eccellenza in rete e servizi di interesse collettivo.

c) Qualificazione dei progetti infrastrutturali in funzione del progetto complessivo di territorio e delle sue qualità.

d) Razionalizzazione delle aree per insediamenti produttivi, oggi ridondanti, anche attraverso la rilocalizzazione delle attività nelle aree ecologicamente attrezzabili.

e) Valorizzazione del ruolo multifunzionale dell’agricoltura in campo culturale, ambientale, paesistico, economico, turistico.

f) Difesa e riqualificazione del piccolo commercio e delle reti corte di commercializzazione dei prodotti locali disincentivando le grandi superfici di vendita e promuovendo i centri commerciali naturali.

g) Riequilibrio ecologico e difesa della biodiversità mediante la messa in rete delle aree a più elevata naturalità e delle matrici ambientali potenziali attraverso corridoi ecologici, e la previsione di azioni di mitigazione delle aree a maggiore criticità.

h) Qualificazione del ruolo del territorio vicentino nel sistema metropolitano veneto a partire dalle proprie eccellenze multisettoriali e dalla loro valorizzazione in filiere integrate, radicate nel territorio e fondate sui patrimoni territoriali specifici.

Tra gli otto obiettivi indicati i primi due sono i meno scontati e quindi in particolare riscuotono il nostro interesse e la nostra approvazione: la tutela dell'identità paesistica ed ambientale e il blocco dell'ulteriore espansione della città dispersa.

PRIORITÀ ALLA SALVAGUARDIA

Tuttavia questi condivisibili obiettivi sembrano essere contraddetti dal pesante impatto dei grandi progetti infrastrutturali che il piano prevede. La tutela dell'ambiente, "l'idea di uno sviluppo basato sull'amore per il territorio e sulla valorizzazione delle risorse ambientali e storico architettoniche" non può essere considerato infatti un obiettivo tra gli altri bensì l'obiettivo a cui subordinare tutti gli altri.

Un esempio di scelte contraddittorie con l'assunto della tutela ambientale è la previsione di realizzare la Valdastico sud e nord. La dotta citazione di Carlo Cattaneo usata dalla presidente Emanuela Dal Lago per giustificare l'opera, è davvero bizzarra e impropria: come si può sostenere che l'utilità dell'opera è motivata dalla scelta "strategica" di favorire "l'accessibilità dei beni ambientali e culturali " del Basso vicentino?

Non basta certo un'operazione di cosmesi che ribattezza la famigerata Pirubi in “autostrada delle ville" per attenuarne l’impatto ambientale. Peraltro non possiamo non condividere quelle che sembrano essere anche le preoccupazioni della presidente della provincia quando, qualche pagina prima, afferma che la nostra provincia “si trova in un crocevia altamente problematico", a causa della previsione di altre due infrastrutture: l'alta capacità ferroviaria, l'asse autostradale pedemontano. “Quest’ultima si scontra, in particolare nel Bassanese, con le preesistenze del modello insediativo diffuso".

Ma anche, aggiungo io, con il pesante impatto che quest'ultima avrebbe in particolare a Montecchio Maggiore, interessata da entrambe le infrastrutture. Valdastico sud, autostrada pedemontana, alta capacità ferroviaria e, con tempi più lunghi, Valdastico nord, sono tutte infrastrutture progettate per "collegamenti internazionali, nazionali e di area vasta" come finisce per ammettere il preliminare al piano. Altro che autostrada delle ville.

Nessuna di queste infrastrutture è pensata e progettata al servizio del territorio, ovvero per alleggerire la congestione del traffico nella nostra provincia.

TRASPORTO PUBBLICO DOVE SONO I PROGETTI?

La realizzazione del sistema ferroviario metropolitano infatti è una prospettiva molto lontana nel tempo e il condivisibile obiettivo di potenziare il trasporto pubblico locale su rotaia non è supportato da alcun progetto concreto. La concreta pratica amministrativa della provincia evidenzia la più completa inerzia anche rispetto alla proposta più volte avanzata da Cgil-Cisl-Uil di razionalizzare e potenziare il trasporto pubblico su gomma attraverso la fusione tra Ftv e Aim e l'integrazione con il trasporto su rotaia.

Mi sia consentito di rilevare che in questa battaglia il sindacato non ha ancora avuto quel sostegno che sarebbe stato necessario da parte dei comuni. L’obiettivo è quello di creare un’unica azienda provinciale del Trasporto pubblico locale, trasformando linea ferroviaria di Trenitalia a metropolitana di superficie gestita dagli enti locali e riconvertendo il ruolo degli autobus Ftv in adduttori di traffico verso le stazioni della stessa metropolitana.

E ancora, è proprio utopistico prendere in considerazione la possibilità di rimettere in funzione la vecchia linea Valdagno, Montecchio, Vicenza riprogettandola come moderna linea tranviaria in uno dei territori più congestionati della provincia a causa del traffico automobilistico? In assenza di una decisa svolta in tema di mobilità, fondata sul trasporto pubblico su rotaia al servizio del territorio, non sarà possibile risolvere il problema della congestione del traffico.

È pia illusione pensare che le grandi infrastrutture progettate possano portare un contributo in questo senso; anzi, questa volta ha proprio ragione Emanuela Dal Lago quando afferma che la pedemontana e l'alta capacità (ma farebbe bene ad aggiungere anche la Va l d a s t i c o ) "rischiano di considerare il vicentino più uno spazio di transito ricco di impacci che di un territorio da servire ricco di opportunità".

Il secondo obiettivo condiviso è il blocco dell'ulteriore espansione della città dispersa ovvero quello che abbiamo chiamato lo “sprawl”. L'obiettivo è quello di costruire un nuovo policentrismo organizzato per nodi, ciascuno dei quali dotato di adeguati spazi, funzioni di eccellenza in rete e servizi di interesse collettivo. Proviamo ad esaminare più da vicino questo fenomeno di “sprawl” osservando le già citate quattro/cinque grandi aree:

LA STRADA MERCATO MONTEBELLO – VICENZA

Lungo la statale 11 è cresciuta una del più vaste strade mercato del Veneto: un continuum di case, capannoni, piazzali, ipermercati, negozi, strutture commerciali che ignorano i confini comunali, cancellando la campagna, distruggendo paesaggi, provocando l'annullamento di un'autentica vita sociale della città. Un' area questa sottoposta a processi di terziarizzazione strisciante, priva di un governo delle trasformazioni e nella quale sono stati censiti centinaia di abusi nelle destinazioni d'uso, particolarmente nella zona industriale ovest, che favoriscono processi di deindustrializzazione e premiano la rendita immobiliare.

IL SISTEMADELLE VALLI

Il sistema delle valli, con particolare riferimento alla valle del Chiampo e a quella dell'Agno, interseca la strada mercato Montebello – Vicenza contribuendo ad aggravare, congestionando, ilnodo Alte-Montecchio. La conurbazione lineare della valle del Chiampo con insediamenti a nastro lungo la strada provinciale e nella tratta verso Montebello si configura come una strada mercato con un'elevata concentrazione di attività inquinanti. Nonostante alcuni risultati raggiunti con il progetto "Giada" la valle si trova ancora in una situazione di grave dissesto ambientale.

La conurbazione lineare della valle dell'Agno presenta significative differenze tra l'alta valle (Valdagno e Recoaro) e la bassa valle. È quest'ultima in particolare, tra Cornedo e Castelgomberto, con Brogliano e Trissino a presentare il più accentuati fenomeni di sprawl urbano.

Valdagno invece si presenta sempre più come una città bifronte alla ricerca di una propria identità posta in crisi dai processi di delocalizzazione della Marzotto. Da un lato guarda ancora verso Montecchio, soprattutto in materia di mercato del lavoro, dall'altro ricerca sempre più una propria identità all'interno dell'alto vicentino.

Abbiamo già visto come il tema dell'accessibilità, o meglio, della mobilità di questi territori, sia fondamentale. La variante alla 276 potrà contribuirvi, a mio parere, in modo limitato. La gestione del tunnel da parte degli enti locali potrà contribuirvi.

Il chiaro e netto No alla centrale termoelettrica di Montecchio non può che essere riconfermato considerando quanto congestionato e compromesso sia quel territorio. Al solo scopo di provocare il dibattito tra i tanti problemi dell'area, mi permetto di indicarne tre:

1) per Valdagno, il ruolo della Marzotto;

2) per la valle del Chiampo e Montecchio il tema della sostenibilità ambientale dello sviluppo;

3) per la valle del Chiampo e Montecchio il tema dell'integrazione dei lavoratori stranieri che sempre meno possiamo considerare migranti ma popolazione stabile senza diritti di cittadinanza.

LA CONURBAZIONE MULTICENTRICA DELL'ALTO VICENTINO TRA THIENE E SCHIO

È questo un territorio che negli ultimi decenni ha avuto uno sviluppo produttivo-residenziale di notevoli dimensioni soprattutto lungo le fasce pedemontane e nell'area interclusa tra i due centri di riferimento di Schio e Thiene.

Tale espansione è stata talmente pervasiva che l'urbanizzazione dei singoli comuni è andata a saldarsi con quella dei comuni contermini, come nel caso di Thiene con Zanè, ponendo una molteplicità di problemi. Oggi siamo però in presenza di una inedita volontà delle amministrazioni comunali di “stare in rete”.

Da un lato le iniziative promosse dalla Fondazione Festari, che fanno perno su Schio, Thiene e Valdagno, indicano la volontà di questi enti locali di progettare un futuro comune. Dall'altro la gestione comune dei servizi pubblici locali ci dice che la strada è percorribile a beneficio dei cittadini. Anche noi vogliamo contribuire a sciogliere alcuni nodi irrisolti.

Mi limito ad indicarne tre. Sul piano la ferrovia, ho già detto. Il secondo riguarda la scelta di sostenere l'amministrazione comunale di Schio in materia di sanità, onde impedire che, attraverso il progettato nuovo ospedale in projet financing, si finisca da un lato per favorire una privatizzazione surrettizia di pezzi di sanità e dall'altro di ipotecare per molti anni rilevanti risorse di quella Ulss per operazioni immobiliari, quando invece è certamente più utile e necessario impegnarle per migliorare la qualità di servizi.

Sul terzo, la variante alla strada provinciale 349 T h i e n e - G a r z i e r e - Schio non ho un'opinione precisa. So che esiste il nodo critico delle Garziere. Ma le domande che pongo sono le seguenti: è proprio necessario occupare altro suolo agricolo?

E qualora la risposta fosse purtroppo affermativa: come impedire che lungo il nuovo asse stradale nascano nuovi insediamenti compromettendo così le poche aree agricole rimaste nelle zona?

IL BASSANESE

Rappresenta certamente uno dei casi più emblematici di sprawl urbano a livello italiano. Basti pensare che Bassano conta circa 40.000 abitanti, ma se si considera la città di Bassano oltre i confini comunali, allora essa conta circa 100.000 abitanti. Esistono, in tutta evidenza, quartieri bassanesi ricadenti al di fuori del confine comunale che hanno in qualche modo contribuito ad uno sviluppo della città privo di forma e razionalità, ad un bilancio di servizi deficitario, ad uno sviluppo urbano talmente frazionato da rendere estremamente difficile la pianificazione unitaria. L'espansione ha seguito per decenni un processo del tutto ingovernato o, meglio, ha seguito logiche puramente immobiliaristiche, riempiendo tutte le strade radiali e costruendo un sistema insediativo del tutto privo di gerarchie.

L’esempio bassanese dimostra che la pianificazione non può essere limitata al singolo livello comunale ma deve al contrario coinvolgere un livello d'area vasta e tenere conto del bacino di influenza e interazione. Anche dal punto di vista ambientale questo territorio si presenta molto fragile. Il Brenta e i suoi a ffluenti, le numerose cave, la fascia delle sorgive, sono elementi che necessitano di un intervento decisivo rivolto alla riqualificazione ambientale.

La drammatica vicenda dell'avvelenamento delle acque con cromo esavalente prodotto a Tezze sul Brenta dalla Tricom Industrie Galvaniche non chiama in causa solo un imprenditore senza scrupoli ma è anche un atto d'accusa contro trent'anni di sviluppo produttivo senza regole e senza controlli.

Un danno ambientale enorme calcolato dall'avvocato dello Stato in 160 milioni di euro. Un danno per la salute dei cittadini colpiti che non ha prezzo. Forse, dopo Porto Marghera, è il più grave disastro ecologico della nostra regione che interroga anche noi e il nostro ruolo di sindacato dei diritti dei lavoratori e dei cittadini. Per questo abbiamo invitato qui oggi alcuni rappresentanti del comitato che si è costituito a S.Pietro ringraziandoli per il contributo che vorranno darci.

In questo quadro diventa di fondamentale importanza la valutazione reale dell'impatto sul territorio del progetto della nuova pedemontana: ci si chiede se essa possa concorrere realmente al riassetto del territorio o se invece aumenti ancora di più la fragilità di quest'area.

Al di fuori di questo quadro alquanto critico, rimangono, poi, aree del vicentino che essendo marg i n a l i non sono state aggredite così ferocemente dallo sprawl urbano. Si tratta dell'altopiano di Asiago e del Basso vicentino.

Per l'Altopiano già da parecchi anni esistono politiche mirate alla riqualificazione e al rilancio del territorio considerato un bene in grado di produrre ricchezza attraverso interventi diretti a salvaguardare le montagne di prodotti locali, ad offrire le strutture per un turismo più responsabile sostenibile, come ad esempio la realizzazione di una rete di percorsi ciclo pedonali. Rimangono tuttavia problemi legati all'abbandono della montagna da parte di giovani, la carenza sempre maggiore di servizi a persona (si veda la chiusura della struttura riabilitativa di Mezzaselva). Il Basso vicentino, tradizionalmente agricolo, con la presenza non poco rilevante di numerose ville venete, oggi è seriamente messo in pericolo dall'eventuale realizzazione della Valdastico sud. La realizzazione della nuova autostrada non porterebbe sensibili benefici da un punto di vista viabilistico e comprometterebbe invece certamente il paesaggio agricolo e le ville venete.

Risulterebbe così in controtendenza con le idee che pian piano stanno prendendo piede in tutta Europa e che chiedono di considerare la qualità del territorio, della città e dell'ambiente come valore economico e vedono nelle risorse non rinnovabili (acqua, aria, ma anche paesaggio agricolo...) beni da difendere dai quali trarne beneficio in termini di qualità della vita.Infine Vicenza. La città capoluogo sembra essere aggredita dalle lobbies della rendita immobiliare. Dopo qualche anno di silenzio è tornato Crocioni il cui piano, costato un paio di miliardi di vecchie lire era finito in un cassetto.

IL RITORNO DEL PIANO CROCIONI

Nel frattempo l'amministrazione Hullwech ha adattato gli strumenti urbanistici alle pretese di vari operatori privati interessati ad edificare molte migliaia di metri cubi. E così nascono dietro sigle astruse, come i Piruea, almeno un milione di metri quadrati di nuova edificazione. Una follia per una città di poco più di 100.000 abitanti.

Il nostro auspicio è quello che le forze democratiche della città siano in grado di ottenere la loro decadenza ed impegnino invece l’ amministrazione cittadina città all'elaborazione del PATI cioè di uno strumento di pianificazione su scala sovracomunale capace di riconnettere i comuni della cintura con la città capoluogo, di puntare sul recupero e la riqualificazione anziché sull'espansione affermando il diritto all'ambiente, alla mobilità, alla casa, al lavoro, alla salute, all'istruzione e poi anche di off r i r e opportunità formative e culturali.

Ciò è tanto più necessario se si considera che a Vicenza la popolazione è diminuita nel cuore antico della città. La città si è allargata perché tanti vicentini sono andati a vivere nei comuni della cintura alla ricerca di una qualità della vita urbana migliore. Ma spesso le vere ragioni vanno ricercate nell'abnorme aumento dei canoni d'affitto.

Negli ultimi anni la diminuzione del costo dei mutui ha favorito l'accesso al credito ma la crescita del prezzo degli immobili ha comportato l'indebitamento delle famiglie. Sono aumentati proprietari di case, ma anche in misura consistente le famiglie che non ce la fanno pagare il canone d'affitto, sulle quali specula la giunta Hullwech, discriminando i migranti e i non vicentini tra quanti possono accedere alle case popolari. Un bell'esempio di politica dell'integrazione!

CONCLUSIONI

Vicenza continua a consumare i suoi suoli, e quindi il suo futuro, con vorace e irresponsabile accanimento. Occorre dire basta all'espansione e dedicarsi alla riqualificazione: questo è l'obiettivo. Compito della pianificazione urbanistica è quello di creare città più vivibili e di contribuire alla maturazione di una coscienza civile.

Noi ci riconosciamo in quello che ha scritto, con grande efficacia, il professor Salzano: “Ricostruire una città umana significa eliminare la congestione, restituire alle piazze la loro funzione originaria di luogo di incontro, di scambio di esperienze, significa rendere accessibile per i deboli, come per i forti, i luoghi della vita collettiva e i luoghi della vita privata, significa fare della città il luogo nel quale i differenti ceti, i differenti mestieri, funzioni sociali, differenti etnie, abitudini, culture si mescolano e si scambiano reciproci insegnamenti”. La visione è un invito alla socialità, se possibile alla socievolezza, la città come luogo della libertà e della crescita personale.

Se un'altra idea di città stenta ad affermarsi è perchè ad essa si contrappone un altro punto di vista: quello della rendita immobiliare. Essa concepisce il territorio come un insieme di proprietà ciascuna delle quali deve tendere alla massima valorizzazione economica, mediante la sua trasformazione in edifici, piazzali e strade. E per ottenere questo obiettivo si mobilita e preme su chi ha il potere di decidere e spesso riesce ad influenzare anche chi non avrebbe alcun interesse per farlo.

Il nostro punto di vista considera invece il territorio come una risorsa dell'umanità e la casa della società. Per affermare il nostro punto di vista occorre che le forze sociali, a partire dal sindacato, sappiano porre all'attenzione dei pubblici poteri i problemi reali e le soluzioni giuste e possibili perché sia praticato un rigoroso governo pubblico delle trasformazioni del territorio finalizzato all'interesse collettivo e all'impiego parsimonioso delle risorse.

E’ questo che ci attendiamo dalla redazione del piano territoriale provinciale di coordinamento. Noi che rappresentiamo uno dei più importanti soggetti della società civile vicentina ci proponiamo di portare il nostro contributo di idee, di capacità, di competenze, di conoscenza del territorio.

L'articolo di presentazione del convegno, di Oscar Mancini, su Vicenza Lavoro n. 21

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