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La nuova questione abitativa.
23 Luglio 2006
Abitare è difficile
Una nota di Giovanni Caudo e, di seguito, un articolo di Francesco Toso dal Giornale dell’architettura di luglio 2006, a proposito di una questione che diventa drammatica non solo per i senza casa

“Case di carta e nuova questione abitativa” era stato il titolo del contributo trattato alla scuola di Eddyburg nel settembre 2005 e di un articolo scritto e pubblicato su eddyburg.

La lettura dell’editoriale di Carlo Olmo e la pagina che il giornale dell’architettura dedica al tema (si riporta di seguito l’articolo di Francesco Toso) ripropongono l’attualità di quell’analisi. Dalla quale emergeva che lo scenario di fondo che sta producendo un progressivo impoverimento delle famiglie in affitto non è conseguenza di eventi esterni (la crisi della new economy o la tragedia delle Torri gemelle o ancora l’economia di guerra nella quale sembra siamo precipitati).

La crescita del mercato immobiliare data ormai dal 1998 e trova la sua origine nel processo di ristrutturazione del nostro sistema produttivo (grandi imprese ma non solo). Tramite le banche questo processo di ristrutturazione è stato fatto pagare alle famiglie (quelle in affitto, ma anche quelle che contraggono i mutui per l’acquisto della casa, ormai le banche concedono mutui anche a 40 anni). In una spirale poco virtuosa le banche sostengono tramite la concessione di mutui la domanda di casa, la domanda fa mantenere alti i valori immobiliari. I canoni di affitto, invece, saltato con la legge 431 del 1998 qualsiasi tetto sono ormai (quasi unico paese in Europa) senza limiti: il proprietario chiede e l’inquilino se ce la fa paga altrimenti si arrangia.

Se è così, è urgente intervenire per far fronte alla vera emergenza sociale del nostro paese che riguarda non tanto chi non ha una casa ma soprattutto quelli che troveranno sempre più difficile pagare il canone di affitto. Il Cresme ci dice che saranno circa 1.760.000 le famiglie in difficoltà nel 2007.

Le ricette non sono facili. In campagna elettorale la casa ha fatto capolino per qualche settimana a seguito della proposta di Berlusconi di regalare il patrimonio pubblico agli inquilini. Il centro sinistra non ha seguito la boutade tentando una risposta articolata, complessa come la situazione richiede. Adesso si aspetta con ansia un segno di vita in questa direzione.

Vogliamo evidenziare due questioni che ci sembrano irrinunciabili, data l’analisi che ormai è condivisa da tutti i ricercatori e gli osservatori.

1. Il mercato da solo non basta, c’è bisogno di una intelligenza di processo del soggetto pubblico che intervenga non alla vecchia maniera, un programma massiccio di edilizia pubblica per la quale non ci sarebbero le risorse, ma favorendo tutte le iniziative indirette (fiscalità, incentivi nella ristrutturazione,…) che favoriscano l’immissione nel mercato di alloggi in affitto a canone calmierato.

2. Avviare un progetto di valenza nazionale, soprattutto nelle aree a forte tensione abitativa, destinato a favorire, nelle diverse forme possibili, la realizzazione di housing sociale. Si tratta di realizzare alloggi destinati solo all’affitto ricorrendo a risorse economiche di mercato ma non speculative da realizzare in aree pubbliche o acquisite dal soggetto pubblico per queste finalità e destinate all’utenza più vulnerabile: lavoratori precari, famiglie monopersonali, giovani coppie, … . Alloggi che potrebbero servire anche per aiutare le metropoli come Roma e Milano a favorire la presenza di giovani, di nuovi talenti, quelli che si spostano nelle grandi metropoli del mondo contribuendo in modo crescente al loro sviluppo sociale ed economica.

In alcune città italiane qualcosa in questa direzione sta già avvenendo e ci sono delle sperimentazioni interessanti ma, data la consistenza del problema, è necessario uno sforzo di valenza strategica del paese. L’Italia riparte anche da qui.

L’affitto: quante famiglie non ce la fanno.

di Francesco Toso

da il Giornale dell’architettura

L'ultima fase espansiva del mercato immobiliare ha prodotto un generale aumento del volume di ricchezza patrimoniale fra le famiglie italiane. Ciò non significa che abbia automaticamente favorito la diffusione del benessere, anzi, come spesso accade, le dinamiche di forte e persistente accelerazione dei mercati -nel caso immobiliare otto anni di fase espansiva, in cui si è avuta la compravendita di circa 7 milioni di case-indeboliscono sempre una quantità più o meno contenuta di popolazione. Sicuramente, il settore che esce più debole e redditualmente più povero di prima dalla lunga crescita del mercato immobiliare è quello dei locatari: il Cresme ha misurato in oltre 1,3 milioni le famiglie in affitto che, a fine 2005, soffrivano uno stato di tensione economica causato, o aggravato, dall'aumento dei canoni. Ma ancora peggio sarà quest'anno e il prossimo: si stima che nel 2007a causa dei rincari, dei rinnovi contrattuali e dei nuovi contratti, quasi 1,8 milioni di nuclei (oltre la metà delle famglie in affitto presso privati) patirà delle conseguenze fortemente negative dall'aumento dei prezzi che si è verificato in questi anni.

Prezzi che oggi, a ridosso del picco più espansivo (collocabile fra il 2005 e l'anno in corso) registrato nell'ultimo ciclo immobiliare, risultano cresciuti in misura assolutamente non comparabile con la dinamica delle retribuzioni: negli ultimi sei anni, i valori immobiliari di compravendita, mediamente a livello nazionale, sono aumentati del 51%; nelle grandi città del 65%. Con punte del 139%a Firenze; 97% a Roma; 77% a Torino.

Al riguardo c'è da osservare, sfiorando appena l'argomento, che l'esuberanza dei mercati ha prodotto degli ambiti di fragilità economica anche nell'area della proprietà (si pensi soltanto ai frequenti livelli di indebitamento ai limiti delle proprie capacità, soprattutto in un quadro occupazionale dove prevale la percezione di instabilità e insicurezza). Ora, rimanendo nell'ambito dell'affitto, la crescita del valore di mercato delle abitazioni ha trainato le attese di rédditività per i proprietari di alloggi da locare. Anzi, questa fase sembra essere connotata da un carattere speculativo se si considera che il tasso di rendimento dei nuovi affitti (in particolare nelle città dove è più consolidato) è aumentato rispetto a qualche anno addietro: i nuovi canoni di locazione sono incrementati del 49% nella media nazionale e ben dell'85% nelle grandi città. Con picchi del 140% a Venezia; 105% a Napoli; oltre i1 90% a Milano e Roma. Insomma, tassi di crescita superiori a quelli registrati dai prezzi degli immobili. È già qui evidente come il rapporto fra il costo dell'abitare e la retribuzione da lavoro abbia oltrepassato per molti il limite della sostenibilità. Ma per quanti?

Un rapido calcolo: se il livello attuale medio dei canoni di locazione sullo stock delle abitazioni in affitto è stimato pari a 5,3 euro/mq al mese ne deriva che, per un alloggio di 75 mq i canoni di locazione medi sono pari a 400 curo al mese. In relazione al reddito netto e al numero delle famiglie in locazione risulta che l'incidenza media del costo dell'affitto sul reddito netto è intorno al 24%, con un picco medio del 47% per coloro che rientrano nella classe di reddito fino a 10.000 euro. Usualmente si considera un'incidenza dell'affitto sul reddito pari al 30% come limite massimo entro il quale una famiglia entra in tensione finanziaria.

Un calcolo sulla base di informazioni ISTAT (sulla povertà relativa e assoluta) e Banca d'Italia (sulle fasce di reddito per titolo di godimento) ci porta a stimare nel 2005una situazione di difficoltà economica per 1.355.000 famiglie in affitto presso proprietari privati. Non solo: laddove si stimi che in funzione delle durate contrattuali nel settore privato si abbiano annualmente oltre 750.000 rìnnovi contrattuali a valori tendenti a quelli del mercato, si presume che fra il 2005 e il 2007, con un incremento annuale in linea con quelli recenti (8%), l'incidenza dei canoni sui redditi delle famiglie in fase di rinnovo contrattuale si attesti in media al 32,2%, con un picco del 65,9%per le famiglie con redditi inferiori ai 10.000 euro. Se queste considerazioni diventassero, com'è probabile, effettive, la media degli affitti dello stock abitativo nel 2007 si attesterebbe al 26% con punte del 52% per le classi di reddito familiare netto fino a 10.000 euro e del 31% per le classi di reddito comprese tra 10 e 20.000 euro (con crescita del reddito stimata in base al tasso di inflazione previsto).

Ma il dato ancor più drammatico riguarda coloro che per la prima volta entreranno nel mercato della locazione nel prossimo biennio. Costoro troveranno una situazione nella quale l'incidenza dei canoni di locazione sul mercato libero (7,4 euro/mq al mese in media) sarà pari al 32% del loro reddito medio familiare netto, ossia a un livello definibile «fragile» ai fini del mantenimento di un livello di vita dignitoso. In altri termini, prevedibilmente nel 2007, saranno circa 1.760.000 le famiglie in condizione di forte inadeguatezza reddituale rispetto alla spesa per la casa in locazione.

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