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Giovanni Astengo
Dopo il 19 luglio
19 Luglio 2006
1966, La frana ad Agrigento
L'editoriale di presentazione e commento dei fatti di Agrigento, Firenze e Laguna di Venezia, cui è dedicato il n. 48 di Urbanistica, dicembre 1966. Immagini in calce

Improvvisi ed eccezionali accadimenti hanno scosso il paese tra luglio e novembre: la frana di Agrigento, l'allagamento di Firenze e Venezia, le frane e le alluvioni nell'alto e basso Veneto.

Alla radice di ognuno di essi sta, per certo, il cattivo uso del suolo, sotto forma sia di continuativo ed insensato disfacimento di antichi equilibrati ecosistemi naturali, sia di violento e pervicace sfruttamento intensivo del suolo a scopi edificatori.

In entrambi i casi, la natura, irragionevolmente sfidata, ha scatenato d'improvviso le sue furie terribili ed ammonitrici.

In entrambi i casi, alla radice è l'imprevidenza umana. E se, nell'imminenza del repentino maturare della tragedia, è mancata anche la più rudimentale forma di preavviso organizzato, alle origini giganteggia una ben più ampia e continuativa imprevidenza, che si concreta nel mancato uso razionale degli strumenti della pianificazione territoriale ed urbanistica.

Non è infatti pensabile l’istituzione ed il funzionamento di un sistema di costante controllo, capace di far scattare uno stato di allarme, senza la presenza di un quadro di riferimento generale, che, stabilite le regole interne di equilibrio fra i vari fattori, definisca le finalità delle singole azioni, d'intervento e d'uso, e fissi le soglie dello stato di pericolo. Senza piani territoriali ed urbanistici, seriamente studiati e coscienziosamente resi operanti, è dunque perfettamente inutile pretendere un efficace sistema di controlli per l'ultima ora: se in Olanda scatta l'allarme nel « polder » minacciato è perché l’intero paese è vigilato da una pianificazione territoriale attiva ed attenta, con strutture, responsabilità e tradizioni.

È proprio per questo motivo, per la stretta connessione fra le carenze di pianificazione ed i recenti dissesti territoriali, che questo fascicolo è doverosamente dedicato all’illustrazione e, nei limiti delle attuali possibilità conoscitive, all'esame urbanistico dei casi occorsi.

E cosi alla riedizione integrale della relazione Martuscelli si aggiungono alcuni profili sulla situazione di Firenze, di Venezia e del Veneto, durante e dopo il diluvio.

Ne si tratta soltanto di illuminare questi eventi di luce razionale, sottraendoli alle deformazioni emotive e recriminatorie, ma soprattutto di trarre sensate e tempestive conseguenze dagli avvertimenti della natura violentata.

Non a caso, le annose ostinate resistenze alla presentazione della nuova legge urbanistica, in tempo utile per esser ancora discussa ed approvata nella presente legislatura, sono cadute di fronte ai fatti di Agrigento. Non a caso sono stati presentati in Parlamento i provvedimenti di immediata modifica della legge urbanistica del ‘42, che dovrebbero divenire operanti in tempi brevissimi.

Urge infatti far presto, ricuperando, se possibile, il tempo perso in sterile attesa. Urge dar mano alla formazione dei piani per le città ed i territori che sono sprovvisti e rivedere dalle fondamenta una quantità di piani operanti, ma inefficienti, perché privi di chiara finalizzazione all'interesse pubblico, di coerenza interna e di strumentazione efficace, oltreché di coordinamento territoriale e di compatibilità economica e finanziaria.

Urge studiare e lavorare intensamente a tal fine, per formare nuovi piani e dotarli di capacità operativa. Ed è bene dire esplicitamente che a tal scopo non bastano le leggi che si stanno predisponendo con i loro attuali obiettivi. Anzitutto, perché le leggi ed obiettivi sono tutt’oggi ancorati agli accordi di governo del luglio '64 che riflettevano una interpretazione mediana di condizioni generali del paese ormai sostanzialmente mutate. Nell'estate del '64 era infatti ancora largamente diffusa l'illusione, e non solo nell'ambito degli operatori edili, nella ripresa del sistema economico che aveva prodotto dapprima il boom edilizio e quindi il suo arresto. Le opinioni dei partiti dellà coalizione governativa oscillavano, allora, tra gli assertori dell'esigenza di immediate riforme di struttura atte a modificare sostanzialmente il sistema, ed i fautori di una sostenuta ripresa del sistema stesso, da condizionare si a fini sociali mediante correttivi, ma solo successivamente alla sua rimessa in moto. Se allora prevalse la tesi moderata è perché, tutto sommato, vi era una maggioranza effettiva che ancora nutriva un'acritica fiducia nel sistema precedente.

Pienamente coerente con questa logica di fiducioso sostentamento della ripresa era la lunga casistica degli esoneri dall'esproprio, garantiti agli operatori edili ed ai proprietari di aree dagli accordi di governo del luglio '64.

Mal si comprende come questi esoneri, allora concessi nell'intenzione di sostenere la ripresa, possano ancora giocare, oggi, con qualche efficacia come stimolo all'edificazione, se nei 30 mesi trascorsi, in cui ha regnato il totale esonero da espropri, l'attività edilizia privata non è affatto rifiorita in virtù di tale libertà. È invece evidente che l'ampia casistica degli esoneri, se ancora mantenuta, agirà ormai soltanto più come remora alla messa in moto di una pianificazione operativa.

Occorrerà, dunque, che il Parlamento decida con chiarezza se sia logico coltivare ancora a lungo l'illusione in una ripresa automatica per forza endogena di incostanti e incoerenti iniziative private o se, dopo le recenti drammatiche esperienze, non sia preferibile agire più celermente nella direzione di interventi razionali e responsabili, progettati, discussi e decisi alla luce del sole. In questa seconda ipotesi, è ovvio che la casistica degli esoneri dovrà esser completamente riveduta.

Ma non basterebbe solo questo aggiornamento per garantire efficacia al processo di pianificazione, occorre rettificarne sensibilmente gli obiettivi per i tempi brevi del periodo transitorio, in attesa delle leggi regionali. Infatti, non si tratta più, oggi, di far fronte alle esigenze delle aree di « accelerata urbanizzazione » con semplici strumenti di razionalizzazione ad effetto immediato: questa esigenza nasceva dalle tumultuose urbanizzazioni originate dal boom del '60-'63 nelle aree metropolitane ed in quelle di interesse turistico. In tali zone, le finalità della nuova legge urbanistica dovrebbero esser chiaramente delineate, nelle disposizioni transitorie, rispetto alle situazioni attuali, più in funzione di una profonda ristrutturazione generale delle agglomerazioni urbane e del paesaggio, che non di semplice razionalizzazione dei margini esterni dell'onda espansiva.

E poiché su questa materia, estremamente seria le improvvisazioni non aiutano alcuno, il Parlamento trarrebbe giovamento ad avvalersi, durante l'iter di esame della nuova legge urbanistica, della consulenza di esperti e di pubblici amministratori, incaricati di riferire documentatamente, in tempi brevissimi ed anche, occorrendo, in contradditorio, sui recenti mali urbanistici di alcune città e località. I provvedimenti legislativi allo studio, sia per i tempi brevi, che per i tempi lunghi, assumerebbero cos1 maggior concretezza ed aderenza ai fatti, e si eviterebbero i pericoli, tutt'altro che remoti, di astratte e formali generalizzazioni giuridiche.

A questo proposito, l’indagine sulla situazione urbanistica ed edilizia di Agrigento è stata esemplare, essendosi consentito alla. Commissione, con l'accesso ai documenti di tutti gli Enti, di ricostruire la realtà sotto tutti gli angoli visuali e di ritrovare, nel succedersi ed intrecciarsi dei fatti, il filo conduttore delle singole azioni dei singoli protagonisti pubblici e privati. È un documento acquisito al Paese.

Ma analoghe indagini occorrono su alcune situazioni campione, comprensive di aree metropolitane di sviluppo e di zone ad elevato interesse turistico, dirette non tanto alla identificazione di responsabilità personali, quanto piuttosto alla ricerca delle cause dell'avvenuta degenerazione delle strutture urbanistiche del Paese. Un'indagine seriamente organizzata, mobilitando tutte le forze disponibili, anche a livello degli Istituti universitari e di CNR, dovrebbe, in non più di sei mesi, dare i suoi frutti. Sulla base di quelle risultanze anche l'introduzione di nuovi strumenti operativi per la pianificazione sarà, allora, più facile. Diventerà ad esempio evidente a tutti la necessità di dotare gli Enti, preposti all'attuazione dei piani, di strumenti non solo positivi, e cioè liberatori e suscitatori di iniziative pubbliche e private, ma anche contemporaneamente di quelli negativi, e cioè di vincolo, temporaneo o permanente, sulla edificabilità di talune aree. Senza, infatti, il doppio pedale dell'accelerazione e del freno, senza l'uso congiunto del si e del no, senza la delimitazione delle aree da urbanizzare con priorità e delle aree a temporanea sospensiva d'uso, è impossibile porre in moto una macchina veramente efficiente. Ecco perché i sia pur apprezzabili emendamenti legislativi per i tempi brevi, ormai all'esame del Parlamento e che riportiamo per esteso qui di seguito, rischiano l'inefficienza, se privati del progettato, ma non presentato, programma operativo dei Piani regolatori, in cui siano definite periodicamente le aree da urbanizzare e quelle di riserva.

Infine, il discorso non può chiudersi senza un accenno, ormai d'obbligo su queste pagine, alle strutture degli -uffici di progettazione e di gestione dei piani, a tutti i livelli.

Si rompano gli indugi e si parli finalmente della istituzione del Ministero della Pianificazione urbanistica.

Si riparli seriamente delle Regioni, e non solo sotto il profilo del loro costo d'impianto, ma anche dei benefici economici che potranno realizzarsi con l'effettivo incontro fra stato ed enti locali, mediante la pianificazione territoriale ed urbanistica, decisa a livello regionale, all'unico livello cioè, capace di sostanziare la programmazione economica.

Si guardi per tempo agli uffici tecnici comunali, attrezzati oggi in modo arcaico e per compiti di istituto, in cui la pianificazione urbanistica è quasi totalmente esclusa o mortificata. E si incominci ad edificare una efficiente struttura tecnico-amministrativa dell'urbanistica, dagli uffici di pianificazione locale, a quelli a livello regionale e statale.

Si obietterà che tutto ciò costa, ed è facile rispondere che una efficiente struttura di pianificazione urbanistica costerà alla collettività una piccola frazione dell'insieme dei danni provocati dall'assenza di tale struttura. Ma si può anche dare una risposta più precisa: stanzi per intanto lo stato quanto ha stanziato per riparare i danni del solo episodio di Agrigento, ma per finanziare, e subito, strutture e studi urbanistici, e si istituisca immediatamente il Ministero della Pianificazione Urbanistica come primo atto di volontà pianificatrice: tutto il resto verrà, e presto.

A meno di accettare fatalisticamente il cumulo, già enorme, di conseguenze negative della mancata pianificazione urbanistica.

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