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Alexandra Marks
La prossima battaglia di Wal-Mart: la Grande Mela
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
Una delle numerose puntate della lotta fra il gigante operatore big-box, e il resto del mondo. Aspettando che sbarchi anche da noi in Italia, come si sussurra da mesi. Dal Christian Science Monitor, 24 febbraio 2005 (f.b.)

Titolo originale: Wal-Mart’s next battle: in the Big Apple – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

( Aggiornamento:Da quando è stata scritto questo articolo, i costruttori hanno abbandonato i progetti per realizzare un Wal-Mart sul sito di Queens. Ma Wal-Mart afferma di aver ancora nei piani un negozio a New York City, e che continuerà a cercare una nuova collocazione)

NEW YORK – Wal-Mart, dal negozietto di campagna che era, spera adesso di coronare il suo impero commerciale globale con la conquista dell’ancora intatta metropoli: New York City.

Anche se non c’è ancora un contratto formalizzato, la notizia che la discussa catena commerciale a bassi prezzi ha adocchiato uno spazio a Queens ha già provocato una tale reazione da far prevedere ad alcuni analisti la più grande e simbolica battaglia, fra il megastore e l’opposizione sindacale organizzata.

”Se c’è un posto nel paese dove la gente non lo tollererebbe [Wal-Mart] è una città come New York , col suo forte movimento di lavoratori” afferma Kate Bronfenbrenner, economista del lavoro alla Cornell University di Ithaca, N.Y. “La gente, lì, reagisce appena sente la puzza di certi topi”.

La battaglia della Grande Mela sarà anche il banco di prova per alcune nuove tattiche utilizzate dagli oppositori, da qui al Montana, per fare in modo che gli operatori big-box come Wal-Mart rispondano alle comunità del proprio operato. A partire dalla richiesta alle compagnie di provvedere all’assicurazione sanitaria, come proposto a New York; o stabilendo le cosiddette living wage laws, in corso di esame a Chicago; o infine contenendo le dimensioni dei negozi, come stanno tentando di fare alcune città del Vermont.

“Nell’ultimo anno è emersa una risposta di seconda generazione rispetto al settore dei big-box” dice Paul Sonn, professore associato al Brennan Center for Justice della New York University School of Law. “L’obiettivo è di mettere i contendenti sullo stesso piano, in modo tale che se Wal-Mart viene a New York, paghi gli stessi contributi di tutti gli altri operatori commerciali, come i supermercati”.

Wal-Mart e i suoi sostenitori affermano di offrire già ottimi livelli, pagando quasi il doppio del salario minimo e alcune assicurazioni sanitarie e dentistiche, oltre a un piano pensionistico di tipo 401(k) ai dipendenti che ne hanno diritto.

L’impresa ritiene di essere presa di mira dai sindacati per il fatto di essere il principale datore di lavoro a livello nazionale, con 1,2 milioni di dipendenti. Ed è orgogliosamente antisindacale, affermando che ciò consente di offrire alcuni vantaggi, come aiutare famiglie e comunità a risparmiare soldi, visto che i propri negozi aumentano la basi fiscale.

”Quello che c’è in gioco, qui, non è se l’uno o l’altro sindacato possa raccogliere le quote dei nostri lavoratori” afferma Daphne Moore, direttore per i community affairs alla sede centrale di Wal-Mart a Bentonville, Arkansas, “È se i consumatori possono scegliere dove fare acquisti”.

Ma gli oppositori sostengono che le paghe di Wal-Mart sono più basse di quelle degli altri commercianti, come grandi magazzini e supermercati. E aggiungono che sono le vertenze sindacali, a contestare casi di diritti negati, o lavoro minorile, paghe minime, assicurazioni sanitarie, a costare denaro ai contribuenti.

Alcuni studi mostrano che i dipendenti di Wal-Mart sono più propensi di altri lavoratori del commercio ad utilizzare i buoni pasto pubblici e il Medicaid negli stati che sostengono programmi di assistenza. Inoltre, si dice, Wal-Mart fa fallire le altre imprese commerciali, e sostituisce buoni posti di lavoro con impieghi malpagati, minando il tessuto stesso del ceto medio americano, a cui dice di rivolgersi.

“Quando Wal-Mart entra nelle zone urbane principali, l’opposizione è molto maggiore che nelle zone rurali, perché si va contro le associazioni dei commercianti, e molti singoli piccoli e attivi operatori” dice Ken Jacobs della University of California, Berkeley Center for Labor Research and Education.

A New York, il potente Central Labor Council, che rappresenta più di 400 gruppi sindacali nelle varie attività, ha già chiarita la propria opposizione all’arrivo di Wal-Mart. Il suo presidente Brian McLaughlin dice che Wal-Mart a Queens “sarebbe un disastro economico per tutta la nostra città”.

E ha parecchio sostegno anche da parte di ambienti esterni al sindacato. I piccoli commercianti nella zona di Rego Park [sito potenziale di Wal-Mart] come Sayed Afaq, proprietario di B&R Photo, Electronic and Wireless, temono che l’arrivo del megastore possa essere “il chiodo finale nella bara” per i negozi. I suoi affari si sono già dimezzati dopo la costruzione di un centro commerciale dall’altra parte della strada due anni fa.

”Lo sanno tutti che Wal-Mart è la compagnia più grossa del mondo, e ovviamente non possiamo competere in termini di prezzi” dice il signor Afaq. “Li abbiamo già ridotti, ma gli affitti aumentano. Credo davvero che se arrivasse Wal-Mart saremmo definitivamente finiti, più presto che tardi, visto che ora stiamo appena sopravvivendo”.

I sostenitori di Wal-Mart in città rispondono che New York non ha il medesimo livello di offerta commerciale delle città circostanti, in parte a causa delle restrizioni del piano regolatore, che rendono difficile costruire. Di conseguenza il gettito fiscale del commercio non è quello che si trova altrove, e Wal-Mart aiuterebbe ad ampliarlo. I sostenitori, anche se ammettono che alcune attività commerciali fallirebbero, non ritengono che la città nel suo complesso ne perderebbe molte.

”A New York City, ci sono piccole botteghe e negozi alimentari” dice Steven Malanga, ricercatore capo al Manhattan Institute, un think tank conservatore. “Non solo fanno prezzi alti per i consumatori, ma non offrono alcuna copertura per i propri dipendenti”.

Wal-Mart sostiene anche di aver parecchi clienti di New York, che semplicemente si spostano per fare acquisti. Anche se non esistono cifre esatte, si tratta di persone come Maria Torres e la sua famiglia, residenti di Queens. Vanno regolarmente in macchina fino al Wal-Mart in New Jersey per approfittare delle offerte, a gli piacerebbe risparmiarsi il viaggio.

”Ci comperiamo un sacco di cose” dice la signora Torres. “Sarebbe importante averne uno qui”.

Ma altri abitanti di Queens sono scettici. Come Maria Garcia, che non ha ancora deciso se essere favorevole al proposto Wal-Mart. “Mi piace molto per i prezzi, ma non mi piace perché trattano troppo con l’estero. Abbiamo tanta gente qui che ha bisogno di lavoro, e che potrebbe perderlo”.

Nota: qui il testo originale al sito del Christian Science Monitor. Per il caso citato del conflitto Vermont/Wal-Mart, anche Eddyburg aveva proposto tempo fa alcune note (f.b.)

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