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AA.VV.
Braghettoni a Venezia
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Chiusa la chiesa di San Stae, che era stata affittata per esporre la bellissima videoinstallazione dell’artista svizzera Pipilotti Rist. Il 29 settembre 2009, dopo due mesi, la polemica prosegue, su la Nuova Venezia

Ecco tutta la vicenda, dal suo inizio. E una presentazione di Pippilotti Rist

3 agosto 2005

Mini scandalo a San Stae: proteste cattoliche per l’opera di Pippilotti Rist

Il nudo è artistico, ma è in chiesa

Nude sono nude, e ora corrono liete nel parco ora si fermano in contemplazione del nulla, con uno scopo prosaico di mostrare quanto impegno ci ha messo la mamma nel farle e un altro più sottile che ancora ci sfugge. Una è bionda, l’altra è mora e sono una videoinstallazione della Biennale che si intitola Homo sapiens sapiens di Pipilotti Rist. E’ tutto vero, incluso il nome dell’artista svizzera e il fatto che da quasi due mesi le fanciulle fluttuano sulla volta della chiesa di San Stae senza aver mai offeso nessuno. Avrebbero continuato a farlo fino a novembre se ad alcuni turisti molto cattolici e molto sensibili non fosse cascata la mascella nell’entrare in chiesa e vedere proiettato sul soffitto l’elegante tremolio delle carni. Poichè San Stae è consacrata, i turisti se la sono presa a male e hanno annunciato rimostranze alla Curia la quale ha incaricato il responsabile della chiesa, don Aldo Marangoni, di sbrogliarsela. Don Aldo se ne rammarica ma il passo successivo, quello dell’eventuale pentimento, resta una faccenda privata tra lui e il cielo. Ragion per cui, come tutti coloro che vengono sorpresi nelle loro stesse incertezze, un po’ si adombra, un po’ attacca e un po’ si difende. «La mia colpa è stata quella di non aver visto prima l’opera. Se l’avessi saputo non avrei affittato la chiesa al Consolato svizzero, che ora dovrà per forza modificare l’opera in modo che non offenda più i fedeli». I fedeli, per la verità, fino a ieri non si erano minimamente offesi. Perlomeno non coloro che in questi settimane, liberatisi delle Birkenstock, si sono distesi sui materassini sparpagliati a San Stae e, narici all’insù, hanno avuto un assaggio di quanto delizioso potrebbe essere l’Eden. Ma il giudizio di pochi può pesare più del consenso di molti e a nulla è valso il primo, autorevole scudo alzato da don Aldo: «Anche alla Sistina ci sono nudi». Abbassato lo scudo, don Aldo ha subito contattato il Consolato elvetico pretendendo la modifica dell’opera. A onor del vero l’aveva giù chiesto a giugno, quando era arrivata l’installazione della Pipilotti. Don Aldo, che pure è un parroco moderno e pragmatico, aveva subito avvertito il morso della contraddizione tra la felice nudità delle due ragazze sul soffitto e la sofferenza cosmica dei santi nelle nicchie. E ha agguantato il telefono. La delicata alternativa che ora si pone al Consolato svizzero è far sbollire parroco, Curia e turisti scandalizzati, invocando il diritto d’espressione della Pipilotti, il suo valore internazionale, i mesi impegnati a riprendere le ragazze tra i cespugli o farle rivestire e spedirle nuovamente a rincorrersi in jeans; ma sai che attrattiva. (Manuela Pivato)

L’artista

Negli anni novanta avanzò sulla scena dell’arte internazionale una leva di giovani artiste molto determinate, con le idee chiare e tutt’altro che tenere nei confronti delle artiste femministe che le avevano precedute, troppo caricate e sofferenti sul versante ideologico. Tra quelle artiste che avrebbero compiuto 40 anni nel 2000 Pipilotti Rist si distinse subito perché riusciva a combinare, con ineffabile calma e voluttà, dettagli del femminile retorico e dettagli guastatori che demolivano o sconvolgevano l’assetto normale delle cose. Dirompente fu il suo storico video «Káthe Walzer» in cui una giovane donna passava a fianco di una fila di automobili parcheggiate lungo il marciapiedi e sfondava con un martello tutti i finestrini. Decisa, inespressiva quanto precisa, la giovane donna compiva quel gesto liberatorio con la stessa tranquilla concentrazione con cui si gioca a dama. La Rist venne la prima volta alla Biennale nel ’93 e appese al soffitto un grande lampadario a gocce di vetro con una ruota di monitor che trasmettevano video con dettagli di figure e corpi femminili: «Sister of elettricità». Szeemann, libero e soffice pensatore che amava gli artisti non allineati come Pipilotti, le riservò uno spazio di riguardo nella sua Biennale del 1999. In fondo alle Gaggiandre c’era una macchina strana, nera, ferrosa, proto-industriale che di tanto in tanto ruggiva, si agitava ed emetteva grandi bolle che appena emesse erano tonde tonde e subito dopo andavano in fumo. Incantevole, teatrale metafora valida tanto per il tempo presente quanto per questioni più sottili di memoria e di nostalgia. (Virginia Baradel

21 settembre 2005

Troppi corpi nudi, a San Stae la mostra chiude

Alcune settimane fa c’era chi aveva chiesto l’intervento della Curia Ieri il provvedimento che però potrebbe

Chiude i battenti la controversa installazione dell’artista elvetica Pipilotti Rist nella chiesa di San Stae. Da ieri ad attendere i turisti alle porte della mostra targata Biennale è un sobrio cartello che sospende le visite fino al 30 settembre «per motivi tecnici». Don Aldo Marangoni, amministratore di San Stae, ha fatto sapere all’Istituto svizzero della cultura che la chiesa resterà chiusa per manutenzione a seguito di infiltrazioni causate da un temporale. Ma da Berna dichiarano che in realtà si tratta della risposta alle proteste arrivate al Patriarca per i corpi nudi del video. Risalgono ad agosto le prime lamentele da parte di alcuni turisti cattolici che avevano trovato «indecoroso» la videoinstallazione dell’elvetica femminista proiettata sul soffitto. In quello che vorrebbe essere la ripresa del paradiso terrestre, la Rist mostra le immagini di due corpi nudi femminili immersi in un bosco. Nulla di erotico in tutto ciò, piuttosto una riscoperta di un rapporto primigenio e naturale con la corporeità. Non la pensano così le 45 persone, tutte residenti nel Nordest, che la settimana scorsa hanno portato la questione all’attenzione del Patriarca, gettando don Aldo e San Stae in una bufera senza precedenti. Tanto han detto e fatto, gli «indignati» sono riusciti a ottenere la censura di una tra le esposizioni più apprezzate di questa 51 Esposizione Internazionale d’arte. Che si tratti di censura, al di là delle spiegazioni ufficiali da parte della Curia, ne sono convinti i visitatori che ieri mattina, di fronte ai portoni chiusi del bell’edificio seicentesco, hanno iniziato una raccolta firme per sollecitare l’immediata riapertura dell’esposizione. Così, accanto al cartello in cui si dichiara la chiusura momentanea della mostra «per motivi tecnici», serpeggia in bella vista la petizione in inglese che ha già raccolto più di cinquanta firme. Immediata la reazione da parte della Sezione Arte e Design dell’Ufficio federale della Cultura a Berna (l’equivalente del nostro Ministero per i Beni e le Attività culturali) che, grazie anche alla collaborazione dell’Istituto di cultura svizzero a Venezia, ha organizzato la mostra, tenendo i rapporti con la Biennale da una parte e con la parrocchia di San Stae dall’altra. E’ con quest’ultima, infine, che ogni due anni l’Ufficio stipula un contratto di locazione valido per tutta la durata della Biennale. «Ragion per cui», spiega Andreas Muench, responsabile della Sezione Arte e Design dell’Ufficio Federale della Cultura, «una decisione del genere deve essere negoziata assieme a noi». A quanto pare, invece, le negoziazioni sperate non ci sono state e la notizia della chiusura della mostra è giunta a Berna come un fulmine a ciel sereno. E senza troppe ipocrisie: «Altro che problemi tecnici - continua Muench - questa è una reazione alle proteste della scorsa settimana. Una reazione esagerata di fronte a un’opera che ha raccolto consensi ovunque e che ha visto un’affluenza di centinaia di visitatori ogni giorno. E che soprattutto - aggiunge - non ha nulla di offensivo: i corpi che la Rist mostra non sono pornografici, la nudità che vi è rappresentata è semplice e naturale». A chiusura avvenuta, a Berna ora attendono un spiegazione plausibile dell’accaduto, nella speranza di una veloce risoluzione: «Siamo ottimisti - conclude Muench - San Stae riaprirà».

21 settembre 2005

Femminista dichiarata già premiata a Venezia

E’ un’artista dichiaratamente femminista, oltre che una delle presenze più vivaci della scena internazionale tra coloro che che hanno scelto come forma di linguaggio, quello della videoinstallazione. Pipilotti Rist ebbe la sua consacrazione alla Biennale Arti Visive nel ‘99, ottenendo il Premio Duemila con un video in cui una giovane donna passeggiava spensierata per le vie della città e, ripresa al rallentatore, mandava in frantumi, con un fiore, i finestrini delle auto parcheggiate. Nella videoinstallazione presentata quest’anno sulla volta della chiesa di San Stae, intitolata Homo sapiens sapiens, propone una sorta di Paradiso Terrestre che non è però abitato da Adamo, ma da due Eve, che si aggirano nude tra la vegetazione tropicale, ammantate di un erotismo ingenuo e inquadrate in immagini oniriche e dal tono surreale, tra santi, martiri e putti che adornano le pareti della chiesa. (e.t.)

21 settembre 2005

Secondo don Aldo il video è scandaloso La Biennale: «Ma noi non c’entriamo»

«La chiesa è chiusa per motivi tecnici, perché ci sono state infiltrazioni d’acqua». E’ la versione ufficiale che anche ieri don Aldo Marangoni - che da anni si occupa per conto della Curia dell’affitto a fini espositivi di edifici sacri non utilizzati - ha ripetuto ieri infastidito per spiegare la chiusura della chiesa di San Stae che ospita la videoinstallazione dell’artista Pipilotti Rist, che rappresenta ufficialmente la Svizzera, assieme ad altri in questa edizione della Biennale Arti Visive. In realtà, al di fuori dell’ufficialità, la versione che anche ieri si ascoltava da chi lo affiancava, era che la chiusura di San Stae è dovuta a quel video “scandaloso”, che già perplessità e proteste aveva suscitato dentro e intorno alla Curia, anche se dal Patriarcato non filtra alcun commento ufficiale. C’è un contratto in essere - già stipulato sino al termine della Biennale - con i responsabili del padiglione Svizzero, ma la linea che i detentori di San Stae intenderebbero seguire è che da parte dei rappresentanti elvetici sarebbe venuto meno il rapporto fiduciario, visto che era stato garantito che il video non avrebbe creato imbarazzi nell’essere ospitato in una chiesa e così non sarebbe stato. Da parte sua, la Biennale, in forte imbarazzo, attua su tutta la vicenda un “catenaccio” stretto. «Siamo stati informati - spiegano a Palazzo querini Dubois - dall’Istituto svizzero a Venezia che la chiesa di San Stae viene chiusa sino al 30 settembre per motivi tecnici, per infiltrazioni d’acqua e che dopo questa data dovrebbe essere riaperta, e così la mostra di Pipilotti Rist. D’altra parte, le partecipazioni dei Paesi non attengono strettamente alla Biennale, ma vengono organizzate dalle varie nazioni con proprie modalità». L’imbarazzo per tutta la vicenda è comunque palpabile. E’ infatti dal 1990 che la chiesa tardobarocca di San Stae funge da spazio per il secondo contributo ufficiale della Svizzera alla Biennale, al di fuori del padiglione ai Giardini. Difficile, per la fondazione guidata da Davide Croff, affermare dunque, che la vicenda non la riguarda. E, dopo il 30 settembre, se chiesa e mostra non verranno riaperte, sarà difficile negare che quella in atto sia una vera e propria censura. (e.t.)

22 settembre 2005

Esaltata l’artista svizzera e la sua creazione, che nessuno giudica contro la morale

«La mostra chiusa, una censura inaccettabile»

Enrico Tantucci

La videoinstallazione di Pipilotti Rist nella chiesa di San Stae non è oscena e non desta alcuno scandalo. Chiudere la mostra al pubblico - ufficialmente per motivi tecnici, per riparare infiltrazioni d’acqua - è stato da parte delle autorità religiose veneziane che l’hanno deciso, un atto di censura. Sono queste le reazioni, pressoché unanimi, di diversi esponenti della cultura veneziana, allargata anche ad alcuni consiglieri della Biennale che, ufficialmente, sul caso per ora tace, in attesa di vedere se il 30 settembre, il padiglione svizzero ospitato nella chiesa tardobarocca, effettivamente riaprirà al pubblico. La chiesa, intanto resta silente, è stato fatto sparire anche l’appello sul portone con le firme dei visitatori che protestavano per la chiusura e - se di riparare infiltrazioni d’acqua si tratta - nessuno si è fatto vivo, fino a oggi per iniziare i lavori urgenti. E’ durissimo nel giudicare l’accaduto il preside della Facoltà di Design e Arti dell’Iuav Marco De Michelis . «La chiusura della mostra di Pipilotti Rist, a due mesi e mezzo dalla sua apertura - commenta De Michelis - è un fatto scandaloso. Si tratta di uno dei più bei lavori di questa edizione della Biennale Arti Visive, una videoinstallazione poetica e che non ha nulla di erotico o di ambiguo. Questa vicenda è, purtroppo, il segno della barbarie culturale che si diffonde anche nella nostra città e di cui un altro esempio è il rifiuto del presidente della Save di ospitare all’Aeroporto Marco Polo le pur brutte sculture di Igor Mitoraj. Venezia sta diventando una città di miserabili, senza onore, che non hanno neanche il coraggio di dire i veri motivi per cui chiudono una mostra d’arte». Non dissimile anche la posizione del rettore di architettura Marino Folin : «Pipilotti Rist è una grande artista contemporanea di valore internazionale e la chiusura al pubblico della sua videoinstallazione a San Stae si configura come un vero e proprio atto di censura. E’ un grave errore a cui spero venga presto posto rimedio e che pone comunque il problema dell’uso di spazi sacri a fini espositivi. E’ strano che ci si accorga dopo oltre due mesi che un’opera è giudicata inadatta al luogo e non vorrei che tutto ciò avvenisse perché qualche vecchietta ha protestato». Ma anche due consiglieri della Biennale - di cui la mostra dell’artista svizzera fa parte - come Amerigo Restucci e Franco Miracco sono molto critiche sulla vicenda di San Stae. «La libertà di espressione di un’artista alla Biennale - commenta Amerigo Restucci - dev’essere garantita, e sono molto dispiaciuto che nel caso di Pipilotti, un’artista che la Biennale ha anche premiato, questo non sia accaduto a San Stae». Franco Miracco allarga il discorso al rapporto tra la Chiesa e l’arte: «Da Masaccio a Michelangelo, rispetto al tema dei nudi contestati, mi sembra che l’artista svizzera sia in buona compagnia e non credo che le sue innocenti Eve proiettate sulla volta di San Stae e due bei corpi nudi di donna offendano la morale di qualcuno. Basta pensare, sempre a Venezia, alle sirene pagane e ignude ritratte nella Chiesa dei Miracoli, o allo stesso mosaico con Eva nella Basilica di San Marco. Se la Curia non voleva quell’installazione, poteva pensarci prima».

24 settembre 2005

«Con San Stae la Curia non c’entra»

IL CASO PIPILOTTI Mostra in chiesa ancora chiusa

Dopo quattro giorni di silenzio, la Curia si tira fuori dal caso Pipilotti Rist e fa sapere tramite comunicato stampa (l’integrale è pubblicato a qui a lato) di non aver in alcun modo deciso per la chiusura della mostra di San Stae. Il ruolo che il Patriarcato avrebbe giocato nell’intera vicenda, di fronte alle proteste di «numerosi fedeli», è stato semplicemente quello di richiamare l’attenzione di don Aldo Marangoni «sulla natura di edificio di culto della chiesa stessa, che deve essere rispettata da qualsiasi manifestazione che in essa si svolge». Precisando a più riprese la propria estraneità nei confronti dei «rapporti» tra «il responsabile legale di San Stae» e l’Ufficio federale della cultura elvetico, il Patriarcato passa così la parola a don Aldo. Nessun commento sulla scelta del sacerdote, nessun commento sui tanto discussi «problemi tecnici» che avrebbero portato alla chiusura della mostra, solo una breve nota in cui dichiara «fuori luogo» parlare di «censura». Don Aldo, dal canto suo, con una mail indirizzata alla Nuova replica a un titolo apparso mercoledì precisando di non aver mai ritenuto il video «scandaloso», ricordando che il 2 agosto, in una lettera indirizzata ai suoi superiori, egli al contrario afferma che «il video non appare “scandaloso” né altamente profano». Nella stessa mail, don Aldo ricorda di non aver mai parlato di «infiltrazioni d’acqua» in chiesa, nonostante le dichiarazioni opposte da parte dell’Istituto di cultura svizzero. Nel frattempo, Berna ha mobilitato l’ambasciata a Roma per riuscire a comunicare con il sacerdote il quale, mail alla Nuova a parte, resta introvabile: «Da giorni l’Ufficio federale della cultura sta tentando in tutti i modi di mettersi in contatto con il parroco - spiegano all’Istituto di Cultura elvetico a Venezia - senza alcun risultato». Ciò che Berna chiede è una ragione plausibile alla chiusura della mostra: «Qualcuno ci deve delle spiegazioni - dichiara Urs Staub, responsabile dell’Ufficio federale della cultura elvetico - ad agosto don Aldo difendeva il senso dell’opera della Pipilotti contro certe “persone bigotte e tradizionaliste”. Un mese dopo la mostra è chiusa. Che cosa è successo nel frattempo? Perché continuare con la storia dei “problemi tecnici”?». Intanto, ogni giorno numerosi visitatori giungono a San Stae e trovano i portoni chiusi. «Un centinaio almeno», precisa Andris Brinkmanis, di guardia all’adiacente padiglione portoghese, «arrivano qui delusi e mi chiedono spiegazioni». Ieri è ripartita una petizione che i turisti hanno deciso di lasciare ai portoghesi. Quaranta le firme raccolte finora. (Camilla Gaiaschi)

IL COMUNICATO

A proposito della querelle circa la mostra di Pipilotti Rist presso la chiesa di San Stae, i competenti uffici di Curia precisano quanto segue. E’ del tutto fuori posto porre la questione in termini di censura. Il problema tecnico che si presenta a San Stae è di esclusiva competenza del responsabile legale della chiesa di San Stae, attore del rapporto con l’Ufficio federale della cultura di Berna. I suddetti uffici di Curia, di fronte alla perplessità manifestata da numerosi fedeli, si sono limitati a richiamare al responsabile legale di San Stae la natura di edificio di culto della chiesa stessa, che deve essere rispettata da qualsiasi manifestazione che in essa si svolge, senza entrare né direttamente, né indirettamente, nella valutazione dell’esposizione in atto. Questi uffici non sono mai stati coinvolti né nel progetto né nella realizzazione della mostra. I rapporti tra il responsabile legale di San Stae e l’Ufficio federale della cultura di Berna non hanno mai avuto come attori questi uffici. Come già detto in altra sede, il Patriarcato ha intrapreso un lavoro per definire i criteri e regolamenti per l’uso delle chiese. La prima bozza del documento è già stata discussa con i responsabili degli uffici competenti, è stata presentata, discussa e condivisa dal consiglio episcopale e sarà presentata prossimamente al consiglio presbiterale. E’ prevedibile che in un tempo ragionevole si elaborino precise indicazioni circa l’uso corretto degli edifici di culto del Patriarcato.

29 settembre 2005

Ore decisive per la mostra di San Stae

IL CASO PIPILOTTI Già raccolte 600 firme

Con una lettera dal contenuto ancora riservato, don Aldo Marangoni - in queste ultime settimane al centro delle polemiche per aver deciso la sospensione del video di Pipilotti Rist sulla volta della chiesa di San Stae - ha risposto alla richiesta elvetica di rendere conto del suo gesto. Che cosa il sacerdote abbia scritto in quella lettera è verità di cui per ora a Berna restano gelosi custodi. Se don Aldo abbia cioè continuato a sostenere la causa dei «problemi tecnici» o se invece abbia ammesso di aver chiuso i portoni di San Stae a fronte delle proteste dei 45 «indignati» e dei richiami da parte della Curia «sulla natura di edificio di culto della chiesa stessa» (così come lo stesso Patriarcato ha affermato ufficilamente il 23 settembre), sarà di dominio pubblico solo fra qualche giorno. Così ha deciso l’Ufficio federale della Cultura svizzero, che preferisce aspettare il primo ottobre, data in cui è stata fissata la riapertura della mostra. Va avanti così, tra silenzi e comunicati stampa, il rapporto ormai deteriorato tra l’Ufc elvetico e il responsabile della bella chiesa barocca del sestrier di Santa Croce. Due giorni fa, il comunicato da parte di Berna in cui si dichiarava l’intenzione di non accettare la chiusura di San Stae e in cui si lamentava la mancanza di spiegazioni ufficiali sia da parte di don Aldo che da parte della Curia. Ieri, l’attesa rispota del parroco, a cui la stessa Curia giorni prima aveva scaricato la responsabilità della chiusura. Intanto, continua la petizione per la riapertura delle mostra nell’adiacente padiglione portoghese. Seicento le firme finora raccolte di turisti e veneziani inferociti contro quella che agli occhi dei più appare come una vera e propria «censura»: «Sono tantissime le persone che giungono da ogni dove appositamente per Pipilotti - spiega Alessia Pugliatti, di guardia al padiglione - e alla notizia della chiusura restano di sasso. Non riescono a credere che 45 persone abbiano potuto tanto. Il commento più frequente? Non poteva che succedere in Italia». (Camilla Gaiaschi)

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