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Toni Jop
Addio Pellicani, un riformista in Laguna
22 Aprile 2006
Altre persone
Un grande amministratore ricordato da un bravo giornalista che lo conobbe bene e ne restituisce l’essenza. Da l’Unità del 22 aprile 2006

Credevo non sarebbe mai morto, non lui. Gianni Pellicani sembrava a me e a molti altri compagni, fatto di una materia insensibile al tempo e alla corrosione, come nemmeno una statua, come, invece, riuscivano a essere alcuni dei «quadri» che il vecchio Pci sfornava. Forte, intelligente molto, capace di decidere, di convincere, pragmatico, rapido, capace di sbagliare e di ammetterlo: un uomo di governo, togliattiano - se queste categorie hanno ancora valore - nella abilità di trovare sorprendenti vie d’uscita ai problemi senza contraddire il suo telaio morale. Ma non solo, perché Gianni non era semplicemente il pezzo ottimamente funzionale di un ingranaggio messo a punto in quella grande officina della politica che è stato il Partito comunista. A fragoroso dispetto delle apparenze era persona dolce - lo so, qualcuno si sorprenderà ma è tutta la verità - dotato di un humour densissimo spesso solo bisbigliato, affascinato dalle manifestazioni di intelligenza e di fantasia che persino le istituzioni - e Gianni è vissuto di politica e istituzioni, lo sanno bene i suoi adorati famigliari - di tanto in tanto si lasciano sfuggire.

Era nato in Puglia, settantre anni fa, ma la sua vita è trascorsa a Venezia, tra un «centro storico» che Edoardo Salzano - allora assessore all’Urbanistica - s’ingegnava a restaurare davanti a una platea vasta quanto la terra e una Terraferma (Mestre) dove abitava volentieri e alla quale ha dedicato ben più di un pensiero. Se il cuore di Mestre non è oggi il sottoscala di una periferia ma il sorprendente soggiorno di una città «inventata» nell’arco di una generazione scarsa, lo si deve soprattutto a Gianni Pellicani, il «vicesindaco».

Non se la prenda Mario Rigo, il sindaco socialista di allora, ma Gianni Pellicani non è mai stato il suo vice senza che per questo tra i due amministratori ci sia mai stata tensione o nervosismo. Merito di tutti e due, una bella lezione di stile. Eravamo nella seconda metà degli anni Settanta, confinati nell’angolo rosso (Venezia) di un Veneto bianco come un lenzuolo e Pellicani - con una formazione da commercialista mitigata da un ventaglio amplissimo di interessi culturali - si accingeva, in nome di una giunta di sinistra, a promuovere vitalità e sviluppo compatibile in uno degli angoli più pregiati e delicati d’Italia.

Ricordo solo un paio di appuntamenti: il risanamento del centro storico e la salvaguardia di Venezia e della sua laguna. Materie complicatissime, paludose, tutt’ora molto aperte. Pellicani, nella sala del Consiglio, trascinava il convoglio con una forza costante riuscendo intanto a bloccare la speculazione nel centro storico, acquisendo tra gli strumenti di governo quella cultura ambientalista avanzata che solo più avanti si sarebbe identificata in uno specifico soggetto politico. Messa così, pare si stia parlando di un sant’uomo. Gianni non lo era, era un lottatore duro, implacabile ma leale. Così in laguna come a Roma dove per cinque legislature si è impegnato, per il Pci e per i Ds poi, nei banchi della Camera. Ai tempi di Natta e di Occhetto ha anche fatto parte della segreteria nazionale del Pci con uno spirito di servizio e un rigore che hanno sempre riscosso stima e rispetto anche da chi non lo amava. Un pezzo forte e indimenticabile della nostra storia.

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