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Jeff Stacy; Milchen Mitchell
Centri commerciali fantasma e Superstores vuoti
11 Dicembre 2005
Articoli del 2004
"Buttati come spazzatura per l'America". La scia di bava della grande distribuzione è fisica, ma anche sociale. Il quadro e i tentativi di lotta del piccolo commercio, dal sito di diritti civili Reclaim Democracy, giugno 2002 (fb)

Spesso si è osservato che le proteste contro alcuni danni ed eccessi della grande distribuzione si limitano ad una difesa corporativa: i commercianti locali (i bottegai, per chi non li ama) e altri gruppi si oppongono al nujovo supermercato, centro commerciale, ingresso di operatore esterno, solo per stretti motivi di interesse. Se questo è senz'altro vero, e pure abbastanza ovvio, è pur vero che - visti i risultati - almeno non si può dire che il commercio con base locale (preso nel suo indieme) abbia fatto danni aprticolari, e anzi come ci ha insegnato Jane Jacobs può essere un elemento vitale nei rapporti comunitari. Il testo che segue tenta appunto di esaminare in breve e in modo parallelo i due aspetti: la vita del territorio e della comunità in un contesto fose diverso da nostro ma potenzialmente simile, e il ruolo pure potenzialmente contrapposto delle due "corporazioni". La grande e la piccola. (fb)

Titolo originale Littering America with Dead Malls and Vacant Superstores – traduzione di Fabrizio Bottini

Non è un segreto che, da quando le grandi catene di distribuzione hanno preso possesso della maggior parte del commercio, si sono lasciate alle spalle una scia di centri città mezzi vuoti, imprese familiari coi battenti chiusi, e residenti dei quartieri che anche per gli acquisti di base dipendono dal grande centro commerciale autostradale o dal negozio big-box, che sono obbligati a raggiungere in macchina.

Ora le stesse catene di distribuzione stanno assestando alle comunità un secondo colpo: lasciano i centri esistenti, per realizzarne degli altri più grossi, abbandonandosi dietro enormi gusci vuoti e ettari di asfalto.

Ora i centri commerciali fantasma e i Superstores vuoti stanno sparpagliati per l’America come spazzatura. A livello nazionale si tratta di cinquanta milioni di metri quadrati di spazio commerciale che se ne sta lì: l’equivalente di circa 4.000 centri commerciali.

Parte del problema è che le catene di distribuzione stanno costruendo nuovi punti vendita ad un ritmo incostante, creando un eccesso di offerta. Solo negli ultimi 12 anni, lo spazio commerciale pro capite è aumentato del 34 per cento, da 1,5 a 2 metri quadri. Molte comunità hanno più spazi commerciali di quanti i residenti possano sostenere, e inevitabilmente si verificano dei vuoti.

L’altra parte del problema è che le compagnie si sentono obbligate a reinventarsi o gni dieci anni o giù di lì, abbandonando i punti vendita esistenti per nuovi formati. Prima c’erano strip-malls affacciati sul filo stradale, che poi hanno dato luogo ai centri commerciali enclosed, “introversi”. In seguito si sono succedute varie ondate di centri commerciali regionali sempre più grandi. Centinaia di malls della prima fase, hanno chiuso negli anni Ottanta a causa della prima ondata di negozi big-box.

Negli anni Novanta gli stessi big-box hanno cominciato la propria muta della pelle, lasciando liberi gli spazi esistenti per costruire negozi più grandi. Come risultato, la sola Wal-Mart ha abbandonato vuoti quasi 400 negozi: più di 3 milioni di metri quadri di spazio commerciale, circondati da migliaia di ettari di asfalto.

L’esperienza di Macon, Georgia, forse non è tipica, ma comunque istruttiva. Questa piccola città ospita tre carcasse Wal-Mart, due delle quali superano i 10.000 metri quadrati: più del doppio di un campo da football e il triplo della dimensione di un classico supermarket, e questo senza contare i grandi piazzali a parcheggio. Come la maggior parte dei 34 negozi Wal-Mart abbandonati della Georgia, i tre di Macon avevano chiuso i battenti dopo che la compagnia aveva realizzato due “ supercenters” più grossi, ingoiandosi altro terreno libero.

Anziché diventare vittime del gioco cannibale delle corporations, molte comunità stanno tentando un approccio diverso. Dozzine di amministrazioni hanno bandito i negozi big-box modificando le regole di zoning in modo da prevenire la costruzione di punti vendita oltre una certa dimensione. Altre hanno proibito l’espansione commerciale su aree inedificate, richiedendo invece che i nuovi negozi si collochino nei distretti commerciali del centro e dei quartieri. Molte hanno anche trasferito cespiti fiscali, un tempo destinati a finanziare nuove strade e altre infrastrutture che favorivano una crescita sprawl, verso il sostegno al commercio nelle aree centrali.

Alcune stanno iniziando anche a vedere i vantaggi di lavorare insieme alle amministrazioni confinanti per costruire una visione condivisa di sviluppo. Anziché impegnarsi in una competizione fra chi perde e chi perde, per allargare la base imponibile, i residenti della regione di Cape Cod in Massachusetts hanno creato la Cape Cod Commission. Si tratta di una agenzia di pianificazione regionale che esamina tutte le proposte di nuova edificazione che possono avere impatti oltre i confini amministrativi delle comunità dove si collocano, compresi i negozi di superficie superiore a 1.000 metri quadrati. Costi e benefici dei nuovi progetti sono valutati attentamente e le proposte emendate per conformarle al piano urbanistico regionale, che incoraggia lo sviluppo di piccoli negozi che impiegano residenti locali e rispondono ai bisogni comunitari.

Stanno emergendo nuove idee anche dal mondo del commercio indipendente. Nel 1998 i piccoli imprenditori di Boulder, Colorado, hanno formato la Boulder Independent Business Alliance, uno sforzo cooperativo per aiutarsi l’un l’altro a sopravvivere e a costruire legami più saldi con la comunità. La BIBA, ora conta più di 150 aziende associate. Attraverso gruppi d’acquisto e campagne pubblicitarie comuni che promuovono i benefici del sostegno alle imprese locali, la BIBA ha decisamente migliorato le prospettive dei suoi appartenenti e reso i residenti consapevoli di quanto importante sia davvero la possibilità di scelta “Locale o di grande catena?”.

Associazioni simili da allora sono sorte in altre città, che comprendono Austin, Salt Lake City, St. Louis, Bozeman (Montana) e Corvalis (Oregon). Queste alleanze lavorano non solo per aumentare competitività e spazi di mercato, ma anche per dare alle imprese indipendenti una voce – di cui c’è gran bisogno – per influenzare le decisioni del governo locale. L’associazione di Salt Lake City, per esempio, ha giocato un ruolo chiave nel bloccare sussidi pubblici a un nuovo mega-mall. Senza sussidi, alla fine il progetto è stato cancellato.

Una nuova organizzazione, la America Independent Business Alliance, mira a congiungere questi sforzi entro una coalizione nazionale che non solo seminerà e coltiverà e metterà insieme future associazioni locali di impresa, ma creerà una contro-forza politica rispetto alle lobbies dei grandi gruppi che promuovono molti dei dannosi sussidi che producono sprawl e proliferazione delle grandi catene.

Questi sforzi saranno ampiamente ripagati, nel lungo periodo. A differenza dei superstores a briglia sciolta, i distretti commerciali tradizionali sono esistiti per centinaia di anni e possono durare altrettanto. Le singole attività possono anche andare e venire – il negozio di ciambelle di ieri diventa oggi il bar dei caffè espresso e pasticceria – ma l’impresa indipendente in sé mantiene un suo ruolo essenziale nel tessuto economico e sociale della comunità.

A differenza delle corporations mondiali, le imprese locali sono possedute da persone che vivono nella comunità e sono interessate al suo benessere. Queste attività sono essenziali per la qualità della vita e l’identità locale, ma hanno di fronte potenti avversari, e questo richiede una azione consapevole per assicurare la loro continuazione. Fortunatamente, molte comunità stanno rispondendo alla sfida, e capiscono che le migliori qualità di una cittadina non vengono dai big-boxes.

Nota: oltre agli altri vari testi di Eddyburg sui temi collegati, si veda per un confronto “internazionale” la protesta dei commercianti napoletani per il nuovo Outletdella moda "Capri Due"di Marcianise. Il sito da cui è stato scaricato l’articolo originale è Reclaim Democracy .

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