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Sicilia. Ddl Norme per il governo del territorio
24 Settembre 2005
Proposte e commenti
La proposta per la nuova legge urbanistica regionale (12 giugno 2005). Qui la relazione e, in allegato, il testo dell'articolato (d.v.)

Progetto di legge

Norme per il governo del territorio

RELAZIONE

1. Considerazioni generali

Il progetto di una nuova legge urbanistica, descritto nelle pagine che seguono, offre una risposta alle diverse istanze che, ormai da anni, amministrazioni ed amministrati rivolgono al governo del territorio e che riguardano la necessità che i piani urbanistici, anziché costituire ostacoli per gli uni e per gli altri, giungano a perseguire i loro obiettivi di fondo, che riguardano la bellezza delle città e dei territori, l’efficienza dei sistemi insediativi e delle reti che li servono, l’equità o la giustizia distributiva di beni e servizi di cui i cittadini hanno diritto.

La semplicità di questi concetti deve trovare riscontro nella semplicità di una legislazione che sappia cogliere i predetti obiettivi senza sofisticate, inutili o complesse formulazioni. Questo è il compito che il governo regionale si è dato nel momento in cui ha avviato lo studio di una nuova legge sul governo del territorio e che ha portato a compimento con atteggiamento pragmatico di corretta applicazione alla realtà storico - morfologica, culturale, economica e sociale della Sicilia. Una legge che deve assumere, contemporaneamente, due diverse e – apparentemente – opposte metodologie:

- la prima è conseguente alla legge-quadro che si sta portando avanti, pur con notevole lentezza, a livello nazionale. La nuova legge-quadro abrogherà l’insieme delle leggi urbanistiche nazionali, i cui contenuti “ necessari” dovranno essere recuperati dalle leggi regionali. Sotto questo profilo, pertanto, la legge regionale assume connotato

complesso.

- la seconda riguarda invece la necessità di eliminare, nella legislazione regionale, una serie di norme che inutilmente appesantiscono il quadro normativo, facendolo diventare un insieme di costrizioni ed obblighi che sottendono una concezione della pianificazione di tipo aprioristico, che lascia poco spazio al progetto del piano, alla sua ideazione e immaginazione. In sostanza, da questo secondo punto emerge la opportunità di una legge con connotato semplice.

Semplice e complesso possono tuttavia essere assunti in un unico testo, se per il primo si tratta soprattutto di ridurre all’essenziale e per il secondo di non trascurare tutti i contenuti necessari del sistema della pianificazione. Senza dimenticare il tema del linguaggio, per il quale è essenziale massima chiarezza e semplicità.

Gli obiettivi ed i principi che la nuova legge regionale deve perseguire, nell’attuale situazione, sono:

- coprire il vuoto legislativo che potrà nascere dalla abrogazione delle leggi urbanistiche nazionali (standard, tipologie di piani, salvaguardie, ecc.), conseguente all’approvazione della legge quadro;

- riconsiderare il rapporto fra la Regione e l’ente locale. La Regione ha fino ad ora costituito per l’ente locale un “revisore” degli strumenti pianificatori in termini di giudice severo ed intransigente, soffermandosi spesso su questioni di dettaglio che, occorre riconoscere, riguardano scelte proprie dell’ente locale. Così facendo, peraltro, non si sono conseguiti risultati apprezzabili. Forse si è ottenuta una maggior salvaguardia territoriale, ma tempo è venuto che tale salvaguardia possa considerarsi garantita da “altri” strumenti di livello superiore di competenza, ma pur essi concertati con l’ente locale, per ottenere maggiore efficacia di risultati. Occorre dunque delegare all’Ente Locale, come già avviene in alcune legislazioni regionali, il potere di approvazione degli strumenti urbanistici.

- evitare lo spreco edilizio ed ambientale. La situazione urbanistica regionale pone in campo un grave problema di spreco di risorse, sia ambientali, sia edilizie. Non vi può essere dubbio sul fatto che obiettivo di una nuova legge urbanistica sia evitare tale spreco, nella consapevolezza tuttavia che la legge ha poteri limitati in proposito, mentre sono le scelte politiche, che riguardano i diversi campi culturali, sociali ed economici, che possono limitarlo. Si tratta dunque di un tema la cui soluzione riguarda innanzi tutto una scelta di politica urbanistica che sia condivisa, ma anche un metodo di costruzione del piano che renda prioritario il recupero edilizio.

Il progetto di legge predisposto stabilisce i principi fondamentali in materia di governo del territorio nel rispetto dell’ordinamento comunitario e nazionale e della potestà legislativa della Regione Siciliana. La legge si prefigge obiettivi di governo, gestione, tutela, disciplina dell’uso e delle trasformazioni del territorio, anche nelle sue implicazioni di natura paesistica, si ispira ai principi di sussidiarietà (orizzontale e verticale), sostenibilità ambientale, sociale ed economica, partecipazione alle scelte, flessibilità del piano, semplificazione normativa e procedurale, copianificazione fra piani di settore, concertazione fra attori ed enti territoriali e perequazione.

La proposta tiene conto di alcuni mutamenti intervenuti nel quadro sociale e politico nell’ultimo decennio, considerando in particolare:

a. la necessità di una evoluzione dei processi decisionali verso contenuti flessibili, operativi e di sviluppo sostenibile in un quadro di certezze temporali;

b. il modificarsi del ruolo dei soggetti coinvolti nei processi di trasformazione, soprattutto in relazione ai temi della gestione urbanistica;

c. un mutato ruolo degli attori sociali e delle rappresentanze (imprenditori, sindacati) che sempre più spesso assumono un ruolo propositivo nelle politiche territoriali;

d. una sempre più generalizzata domanda di qualità ambientale e sviluppo sostenibile, anche nella accezione di sostenibilità sociale e politica (partecipazione e condivisione delle scelte).

La “copianificazione” costituisce il presupposto fondamentale per il raccordo con le pianificazioni “separate” (Enti parco, Autorità di bacino, Consorzi ASI, Sovrintendenze e altri soggetti oggi titolari di poteri di pianificazione) che confluiscono in un unico processo di pianificazione, con l’obiettivo di coordinare, attraverso sedi di codecisione e di intese, le tutele settoriali con gli atti di pianificazione.

Il principio di integrazione dà valenza innovativa al progetto di nuova legge regionale: non si intende in alcun modo affermare che ogni pianificazione di settore debba essere abolita, al contrario gli studi settoriali dovrebbero essere sempre più approfonditi ed articolati: tuttavia essi, nell’assumere la configurazione di piano, debbono convergere (e quindi trovare la loro compatibilità) in un unico piano; quale sia il piano: regionale, provinciale, comunale.

Con ciò, si assicurerà quel livello di coerenza e, alla lunga, di semplificazione amministrativa da tutti auspicato.

Vi è, inoltre, una condizione essenziale che occorre rispettare, e che, a sua volta, ha la capacità di conferire una carica estremamente innovativa alla pianificazione urbanistica: la condizione è che il piano, anziché essere, come è oggi, un documento “chiuso” con il procedimento approvativo, sia una sorta di “ scatola aperta” da cui “togliere” o “immettere” contenuti (come i piani di settore, ad esempio) con procedure semplici anche se controllate.

Il principio del piano “scorrevole” riguarda i tempi del piano, che è uno dei temi più critici dell’attuale sistema di pianificazione. Il piano deve contenere programmi, tempi e fasi di attuazione e va aggiornato periodicamente. La successione delle fasi del piano è inflessibile: non si può procedere ad attuare la fase “due” se la fase precedente non è esaurita. La previsione di opere pubbliche nello strumento urbanistico costituisce criterio obbligatorio per la formazione del programma triennale delle Opere Pubbliche e criterio prioritario prescrittivo nel caso di piano attuativo. Questo legame fra le fonti di finanziamento certe e la fase certa di implementazione del piano è da considerarsi essenziale.

Dal principio della sussidiarietà scaturiscono le maggiori innovazioni apportate al quadro legislativo vigente e, per certi versi, attribuiscono al progetto di legge un profilo di originalità anche rispetto alle più innovative leggi regionali; queste riguardano la possibilità di sostituirsi al soggetto titolare di una funzione di pianificazione da parte del soggetto che opera al livello inferiore, nel caso in cui il primo non eserciti le proprie funzioni nei tempi previsti; l’altra riguarda la possibilità offerta ai Comuni di dotarsi di uno strumento di pianificazione molto semplificato nel caso in cui, attraverso il Piano provinciale, si possano considerare già risolte le questioni relativa alla tutela paesaggistica ed ambientale ed alla strutturazione funzionale complessiva del territorio.

2. Il progetto di riforma urbanistica

Il progetto di legge è articolato in 64 articoli, organizzati in dodici Titoli, che identificano i diversi argomenti trattati. In una prima parte (Titoli I e II) vengono enunciati gli obiettivi, le finalità ed i principi della legge; vengono quindi definite (Titolo III) le strutture tecniche, la cui corretta organizzazione, in un rapporto sinergico ai diversi livelli regionale, provinciale e comunale, costituisce condizione essenziale per il raggiungimento delle finalità della legge e per garantire una piena efficacia della azione amministrativa di governo del territorio.

Il corpo centrale del provvedimento ( Titoli IV, V, VI; VII ed VIII) è dedicato alla definizione dei contenuti tecnici e normativi dei diversi strumenti di pianificazione dei quali dovranno avvalersi la Regione, le Provincie ed i Comuni ed alla precisazione dei relativi procedimenti formativi.

Nei Titoli IX e X, con specifico riferimento agli strumenti urbanistici comunali, è affrontata la problematica delle dotazioni territoriali (standard urbanistici) e sono descritte le modalità di gestione del piano; infine gli ultimi due titoli contengono norme atte a regolare la fase di transizione dalla attuale sistema normativo a quello progettato e norme abrogative e finali.

Il progetto di legge è aperto da una chiara definizione degli obiettivi che la nuova legge deve porsi (articoli 1 e 2), riferibili alla promozione di uno sviluppo del territorio ordinato e sostenibile, in una ottica di valorizzazione e miglioramento delle qualità ambientali, architettoniche, culturali e sociali della città e del territorio e della qualità della vita dei cittadini.

Nel Titolo II sono dapprima (articoli da 3 a 10) enunciati i principi generali sui quali deve fondarsi la attività di gestione urbanistica del territorio e successivamente (articoli da 11 a 13) sono definiti i fondamentali strumenti procedurali per attuarli.

Secondo tali disposizioni, il governo del territorio è attività amministrativa che deve assumere i seguenti principi guida:

1) sussidiarietà: principio che regge il rapporto fra gli enti di governo del territorio; è di tipo verticale per quanto concerne la delega delle competenze delle attività amministrative agli Enti locali più vicini ai cittadini, e di tipo orizzontale per quanto riguarda la valorizzazione ed ampliamento degli spazi di libertà e di responsabilità dei cittadini rispetto al ruolo delle istituzioni.

In sostanza si vuole affermare che il sistema piramidale regione/provincia/comune deve essere sostituito interamente dal criterio di sussidiarietà e che, allo stesso modo, è rapporto fra gli enti decentrati dello Stato e della Regione, e gli altri enti (Provincia, Comune) devono essere improntati dallo stesso criterio.

2) sostenibilità: di natura ambientale, sociale ed economica; ciò significa che il principio di sostenibilità in ogni atto pianificatorio deve essere riconosciuto nei contenuti. In particolare deve essere assicurato il recupero del patrimonio edilizio esistente e dimostrata la minimizzazione del consumo di suolo, oltre che la piena salvaguardia paesistico/ambientale. La sostenibilità economica del piano deve essere assicurata attraverso un preciso raccordo del piano con il programma triennale delle opere

pubbliche.

3) partecipazione: per ogni livello di pianificazione si deve garantire una procedura che consenta a tutti i cittadini, singoli o facenti parte di associazioni di interesse collettivo di partecipare al processo decisionale di piano con propri contributi. La procedura partecipativa deve essere un preciso contenuto dello strumento stesso.

4) concertazione: regola i rapporti fra gli enti territoriali e l’ente di pianificazione e i rapporti fra i diversi soggetti portatori di interessi propri e l’ente di pianificazione, dando priorità all’interesse collettivo.

5) semplificazione: riguarda sia la necessità di contenere i tempi del piano, sia la necessità di uno snellimento della procedura, nonché la semplificazione del linguaggio normativo.

6) flessibilità del piano: riguarda metodo e contenuto degli strumenti di pianificazione. Un piano è flessibile quando non si rende necessaria la procedura di variante in numerosi casi di adattamento, nel tempo e nello spazio, delle previsioni di piano. In particolare, se il piano, nella distribuzione delle destinazioni d’uso sul territorio, stabilisce un’ampia gamma di compatibilità di destinazioni d’uso, si ottiene esattamente un livello adeguato di flessibilità; compatibilità significa indifferenza di scelta all’interno di una gamma prefissata, che può essere anche regolata da percentuali di presenza di una specifica destinazione massima e minima.

7) perequazione: principio in ordine al quale gli interessi dei diversi soggetti coinvolti nel governo del territorio sono posti in condizione di equità. Uno dei modi per ottenere tale risultato è certamente quello del comparto edificatorio in cui i soggetti proprietari risultano indifferenti alle destinazioni pubbliche e/o private del suolo, godendo degli stessi diritti e doveri. Perequazione è anche equidistribuzione delle possibilità di trasformazione urbanistica nel territorio secondo “pesi” e densità equitative.

Per attuare tali principi gli strumenti procedurali fondamentali sono le conferenze e gli accordi di pianificazione e gli accordi di programma. La conferenza di pianificazione in particolare (articolo 11) diventa la procedura ordinaria per la approvazione di tutti gli strumenti urbanistici, nel caso in cui occorra acquisire il consenso di diverse amministrazioni pubbliche.

Soggetti fondamentali per la corretta attuazione dei principi enunciati sono le strutture tecniche per il governo del territorio di cui dovranno avvalersi Regione, Provincie e Comuni. La loro costituzione ed il loro funzionamento sono dettagliatamente normati nel Titolo III (articoli da 3 a 10).

Per quanto riguarda gli strumenti di pianificazione la proposta di legge prevede tre distinti livelli:

Nel Titolo IV (articoli da 22 a 27) è trattato il tema della Pianificazione Regionale, che si avvale dello strumento del Piano Territoriale Regionale (PTR).

Il Piano Territoriale Regionale (articoli 22-25) si configura essenzialmente come strumento di carattere strategico che definisce le finalità generali, gli indirizzi e le scelte in materia di governo del territorio a scala regionale; attraverso tale strumento la Regione si lascia alle spalle il ruolo di mero controllore delle scelte di pianificazione dei comuni, per divenire soggetto attivo della pianificazione. Coerentemente con quanto previsto dal Documento di Programmazione Economica e Finanziaria Regionale, il P.T.R. indica gli elementi essenziali del proprio assetto territoriale e definisce altresì, in coerenza con quest’ultimo, i criteri e gli indirizzi per la redazione degli atti di programmazione territoriale di Province e Comuni.

Il PTR è redatto dall’Ufficio della pianificazione territoriale regionale, istituito presso il Dipartimento regionale dell’urbanistica dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente (ARTA), che ha il compito di formare, gestire e aggiornare il piano, operando in connessione con il SITR, nonché con gli altri rami dell’amministrazione regionale interessati. Il Piano è formato attraverso un confronto continuo con gli enti locali, con gli altri rami della Amministrazione regionale, con gli altri Enti regionali, con le associazioni sociali, culturali, ambientaliste, professionali e sindacali e con i soggetti istituzionali responsabili/rappresentanti di iniziative di programmazione negoziata e di programmi complessi operanti nel territorio regionale. Il Piano definitivo è adottato dalla Giunta regionale e approvato dalla stessa Giunta previo parere delle competenti commissioni legislative dell’ARS.

Nel contesto della disciplina del Piano Territoriale Regionale, va sottolineata l’introduzione di un nuovo strumento: il Piano Territoriale Regionale d’Area (articoli 26-27)pensato in riferimento ad aree vaste che siano complessivamente interessate da opere, interventi o utilizzazioni aventi rilevanza regionale. Attraverso i PTRA possono approfondirsi, a scala di dettaglio adeguata, gli obiettivi socio-economici, le opere infrastrutturali e gli interventi di ripristino ambientale, già delineati a livello strategico nel PTR, e possono dettarsi prescrizioni puntuali e coordinate riguardanti l’assetto del territorio interessato, anche con riferimento alle previsioni insediative, al regime vincolistico e alla disciplina attuativa degli interventi sul territorio stesso.

Per la risoluzione di particolari problematiche territoriali emergenti e per finalità di riqualificazione urbanistico-ambientale i PTRA possono essere redatti anche in assenza del PTR, specificando linee guida che potranno successivamente essere sviluppate attraverso la redazione di piani urbanistici attuativi riguardanti ambiti individuati, anche intercomunali.

L’introduzione di tale strumento consentirà, ad esempio, di affrontare in termini radicalmente nuovi i gravi problemi posti dalla diffusione di pratiche di edilizia abusiva in ambiti di particolare interesse paesaggistico, ambientale ed economico (aree costiere, aree naturali protette, centri storici), ovvero in ambiti con particolari connotazioni funzionali e sociali (aree periurbane), avviando processi di riqualificazione condivisi e sostenibili sotto il profilo ambientale ed economico.

Il Titolo V (articoli da 28 a 31) definisce lo strumento del Piano Territoriale Provinciale (PTP), attraverso il quale la Provincia regionale assume un ruolo, sin qui inedito, di protagonista della pianificazione territoriale ed urbanistica.

Il Piano Territoriale Provinciale (PTP) è strumento di carattere essenzialmente strutturale e di coordinamento della pianificazione comunale, che definisce - anche in termini di regolamentazione degli usi del suolo – gli indirizzi e gli orientamenti strategici del Piano Territoriale Regionale (PTR), nonché le scelte e le indicazioni funzionali alle azioni concrete di trasformazione e di governo del territorio a scala provinciale. In quanto strumento di carattere strutturale, il PTP persegue l’obiettivo della costruzione di un quadro conoscitivo completo delle risorse, dei vincoli e del patrimonio pubblico e demaniale, che costituisce un riferimento vincolante per la pianificazione comunale. Il PTP costituisce il sistema di verifica delle coerenze e di riferimento strategico tra gli altri strumenti di pianificazione territoriale, generale o di settore, e urbanistica, generale operativa o attuativa, e quelli di programmazione dello sviluppo economico e sociale provinciale.

Il PTP - in quanto strumento di coordinamento attuativo delle iniziative di tutela attiva del sistema delle risorse culturali e naturalistiche - assume efficacia di piano paesistico-ambientale ai sensi della D.Lgs. 22.01.2004 n. 41.

Per la localizzazione delle infrastrutture per la mobilità e di altre attrezzature di interesse sovracomunale il PTP ha efficacia prescrittiva e prevalente sugli strumenti urbanistici comunali.

Il PTP è redatto dall’Amministrazione della Provincia regionale competente, tramite l’Ufficio della pianificazione territoriale provinciale; il Piano, redatto sulla base di specifiche Direttive predisposte dalla Giunta provinciale, è adottato dalla stessa Giunta previo parere favorevole di una conferenza di pianificazione convocata dal Presidente della Provincia con la partecipazione dell’ARTA, la Soprintendenza BB.CC.AA. competente, l’Ufficio del Genio Civile, i Comuni e gli eventuali Enti di gestione di parchi, riserve e/o aree protette interessati, eventuali consorzi e unioni di Comuni o Provincie, nonché i soggetti portatori di interessi costituiti in materia ambientale.

Il Piano, dopo la pubblicazione, è approvato dal Consiglio provinciale con le eventuali proposte di modifica richieste dalle osservazioni/opposizioni e ritenute accoglibili.

Il PTP va aggiornato per le parti di vincolo sul regime proprietario dei suoli ogni cinque anni.

Nei Titoli VI – VII ed VIII (articoli da 32 a 41) è trattato il tema della Pianificazione comunale, che si avvale di un insieme diversificato di strumenti urbanistici.

Strumento principale della attività di pianificazione comunale è il Piano Urbanistico Comunale (PUC) (articoli da 32 a 35), strumento di carattere operativo che specifica, in termini di regolamentazione degli usi del suolo, le scelte e le indicazioni del Piano Territoriale Provinciale (PTP) e ne assicura l’attuazione.

I contenuti del Piano Urbanistico Comunale hanno carattere vincolante e producono effetti diretti sul regime giuridico dei suoli. Il Piano ha una validità di dieci anni, ed è sottoposto obbligatoriamente a revisioni ogni cinque anni in relazione alla decadenza dei vincoli urbanistici preordinati all’espropriazione, e comunque quando se ne ravvisi la necessità.

Per la redazione del PUC l’Amministrazione comunale si avvale di un Ufficio del piano appositamente costituito, ma può consorziarsi con altri comuni al fine di procedere alle attività di pianificazione in forma coordinata.

Al fine di assicurare il rispetto dei tempi di formazione ed approvazione tutto il procedimento è guidato e monitorato da un Responsabile che ha il compito di assicurare al pubblico adeguata conoscenza delle varie fasi del procedimento e delle scelte adottate dall’Amministrazione, nonché di segnalare all’Amministrazione eventuali disfunzioni, impedimenti o ritardi nel processo di formazione del piano, di fornire i dati e le informazioni relativi alle fasi di svolgimento del procedimento stesso e di convocare la Conferenza di pianificazione. Il parere espresso dalla Conferenza di pianificazione, ratificato in uno specifico Accordo di programma, sostituisce ogni altro parere previsto da leggi statali e regionali.

Il Piano è adottato dal Consiglio comunale ed approvato dallo stesso Consiglio; con la delibera di approvazione il Consiglio decide sulle osservazioni presentate dai cittadini durante la fase di pubblicazione.

Una disposizione di notevole rilievo, e che potrà dare un contributo risolutivo ad una problematica che ha sinora ostacolato il processo di formazione dei piani urbanistici, è quella che consente ai consiglieri di partecipare alle sedute consiliari nelle quali si delibera l’adozione del piano, prescindendo dalla verifica di compatibilità di cui al vigente ordinamento amministrativo, nel caso in cui con la delibera di adozione non venga modificato in maniera sostanziale l’Accordo di pianificazione sottoscritto dalla Amministrazione.

Nel rispetto del principio di sussidiarietà verticale il Comune può procedere alla formazione ed approvazione del PUC anche quando il PTP non sia ancora approvato; in questo caso però deve allegare al proprio strumento urbanistico un documento di piano strutturale (DPS) (articolo 35) che assume i contenuti del PTP riferiti all’ambito del territorio comunale interessato.

Le previsioni del documento di piano strutturale hanno validità a tempo indeterminato e devono essere recepite dalla Provincia in sede di formazione del piano territoriale provinciale.

Una tra le innovazioni più significative del progetto di riforma riguarda la possibilità offerta ai comuni di fare a meno del PUC e di dotarsi in alternativa di un semplice regolamento urbanistico ed edilizio (articolo 40). Tale possibilità, che comunque riguarda esclusivamente i comuni che dovranno essere specificatamente individuati nel PTR, scaturisce dal ruolo strutturante assegnato dalla stessa legge al PTP, che consente di considerare già risolte a livello provinciale le questioni relativa alla tutela paesaggistica ed ambientale ed alla strutturazione funzionale complessiva del territorio.

Per disciplinare, a livello di dettaglio, parti del territorio comunale nelle quali si debba procedere alla realizzazione di interventi disposti dal PUC e/o dal PTP e per le quali il PUC non assuma contenuti attuativi, i Comuni o i privati possono avvalersi dei Piani Urbanistici attuativi (PUA) (articoli 36 – 38).

I PUA, sia d'iniziativa pubblica che d’iniziativa privata, devono essere sempre economicamente fattibili ed avere attuazione certa. I PUA impegnano il soggetto promotore e decadono dopo un termine, non superiore a cinque anni dalla data di approvazione, prorogabile di altri cinque anni, stabilito nello stesso piano in relazione alla complessità degli interventi da realizzare ed alle risorse economiche da attivare

I contenuti dei PUA variano in relazione alle diverse caratteristiche del territorio interessato ed ai diversi obiettivi che si prefiggono di raggiungere. Devono comunque sempre contenere un piano finanziario nel quale siano precisati i costi dell’intervento e indicate le risorse economiche.

I PUA sono adottati e approvati dal Consiglio comunale con le procedure previste per l’approvazione del PUC.

Il Titolo IX affronta il tema degli standard urbanistici, in termini aggiornati rispetto al quadro normativo vigente (articoli da 42 a 46).

Lo standard è definito infatti, oltre che attraverso la tipologia e la quantità delle aree per le infrastrutture e i servizi pubblici e/o di interesse pubblico e/o di uso pubblico, anche attraverso le loro caratteristiche prestazionali, in termini di accessibilità, di piena fruibilità e sicurezza per tutti i cittadini di ogni età e condizione.

Al tradizionale standard, riferito ai servizi ed alle attrezzature, che viene definito di qualità urbana, si aggiunge poi lo standard di qualità ambientale, che attiene alla limitazione del consumo delle risorse non rinnovabili e alla prevenzione dagli inquinamenti; alla realizzazione di interventi di riequilibrio e di mitigazione degli impatti negativi determinati dall'attività umana; al potenziamento delle dotazioni ecologiche e ambientali.

Al fine di garantire tali standard gli strumenti urbanistici devono prevedere un sistema di dotazioni territoriali costituito da infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti; attrezzature, servizi e spazi collettivi, dotazioni ecologiche e ambientali.

Particolare rilievo ha la innovazione riguardante le dotazioni ecologiche e ambientali del territorio (articolo 46), che sono costituite dall'insieme degli spazi, delle opere e degli interventi che concorrono a migliorare la qualità dell'ambiente urbano, mitigandone gli impatti negativi. Le dotazioni sono finalizzate in particolare:

a) alla tutela e al risanamento dell'aria e dell'acqua e alla prevenzione dall’ inquinamento;

b) alla riduzione dell'inquinamento acustico ed elettromagnetico;

c) al mantenimento della permeabilità dei suoli, al riequilibrio ecologico dell'ambiente urbano e alla costituzione di reti ecologiche di connessione;

d) alla raccolta differenziata dei rifiuti.

Gli strumenti urbanistici comunali dovranno stabilire, per ciascun ambito del territorio comunale, il fabbisogno di dotazioni territoriali, tenendo conto delle eventuali carenze pregresse, presenti nel medesimo ambito o nelle parti del territorio comunale ad esso adiacenti, nel rispetto dei parametri quantitativi e prestazionali che saranno definiti in specifici atti di indirizzo e coordinamento regionali e sulla base delle indicazioni contenute nel PTP.

Il Titolo X (articoli da 47 a 53) è interamente dedicato alla attuazione del piano urbanistico comunale.

L’articolato recepisce sostanzialmente le disposizioni contenute nel progetto di legge quadro nazionale, che a sua volta raccoglie, coordinandoli in un unico quadro normativo, vari istituti per la attuazione dei piani urbanistici, alcuni dei quali di antica origine, come i comparti edificatori, altri di recente introduzione, quali le Società di Trasformazione Urbana, riconducendo la loro utilizzazione al comune obiettivo di assicurare il rispetto di esigenze unitarie nella realizzazione degli interventi, nonché un’equa ripartizione degli oneri e dei benefici tra i proprietari interessati.

Innovativa, anche rispetto al testo di legge nazionale, è la possibilità, offerta dall’articolo 49, di utilizzare la applicazione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) come strumento utile al fine di una corretta applicazione degli strumenti perequativi e compensativi e in generale per creare le condizioni ottimali per un’efficace gestione del piano.

Di particolare rilievo va considerata la disposizione, anch’essa innovativa, che consente di attuare un comparto edificatorio tramite un Progetto Norma, con la finalità di garantire un miglior risultato qualitativo del progetto architettonico complessivo (articolo 48). Il Progetto Norma disegna in scala di dettaglio l’intero comparto e contiene norme di natura indicativa e prescrittiva che riguardano gli elementi inflessibili del progetto del comparto, con riferimento alla ripartizione fra le aree ove si concentra l'edificazione e quelle da cedere al Comune per la realizzazione di pubblici servizi. All'intero comparto regolamentato con progetto norma (PN) è attribuito un indice di edificabilità riferito alla superficie lorda utile (SLU) che deriva dalle scelte perequative adottate nel piano. Altre norme di progetto potranno essere introdotte, purché finalizzate al miglioramento della qualità architettonica.

Per quanto concerne la regolamentazione della attività edilizia, l’articolo 53 impegna l’Amministrazione regionale ad emanare, entro centoventi giorni dell’entrata in vigore della legge urbanistica, norme di recepimento del “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, raccordandole con quelle contenute nella proposta di legge.

Nel titolo XI (articoli da 54 a 56) sono elencate le Norme legislative da abrogare in quanto contrastanti o, comunque, incompatibili con la nuova legge. Tra le leggi abrogate, oltre quelle fondamentali regolanti la materia urbanistica, anche tutte quelle che determinano vincoli di varia natura nel territorio regionale, fatto salvo il regime transitorio più avanti definito.

Una particolare esplicitazione è dedicata alle Commissioni edilizie comunali, che vengono abolite, così come il Consiglio regionale dell’Urbanistica.

Infine l’ultimo Titolo detta le norme transitorie e finali (articoli da 57 a 64), alle quali è affidato il compito di regolamentare la delicata fase di passaggio dal vecchio al nuovo regime legislativo. In particolare i primi articoli definiscono le procedure da seguire per la conclusione dei procedimenti approvativi in corso alla data di approvazione della legge. Vengono poi definite (articolo 60) particolari misure di salvaguardia atte a regolamentare la fase di avvio dei procedimenti di formazione dei nuovi strumenti urbanistici, disponendo che, nelle more della approvazione dei Piani aventi valenza strutturale quali i PTP, i Documenti di piano strutturale allegati ai PUC, ovvero i PTRA nei casi previsti, rimangano in vigore i vincoli di inedificabilità e i limiti stabiliti ai sensi delle leggi in atto vigenti. Al fine di sollecitare la formazione dei nuovi piani strutturali è poi previsto un regime di inasprimento di alcuni vincoli e sono posti nuovi limiti alla attività edilizia nel caso in cui tali piani non vengano approvati entro due anni dall’entrata in vigore della legge. Tali vincoli decadranno con la approvazione del relativo piano strutturale.

Concludono il progetto di legge alcune disposizioni finali, tra le quali particolare significato assume quella (articolo 59) che assegna all’ARTA il compito di predisporre, di concerto con gli Assessorati ai BB.CC.AA. e P.I., all’Agricoltura e Foreste, al Turismo e Trasporti, al Commercio, Pesca e Cooperazione, all’Industria e ai Lavori Pubblici, un regolamento per la attuazione del coordinamento territoriale al fine di avviare, in maniera coordinata e condivisa, le procedure di formazione del Piano Territoriale regionale, nonché quella (articolo 62) che assegna allo stesso Assessorato al Territorio ed Ambiente il compito di emanare, entro un anno dalla entrata in vigore della legge, i relativi Regolamenti attuativi della nuova legge.

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