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Samuel Krasnow
Guerra nelle campagne
12 Aprile 2005
Megalopoli
Le leggi USA sul "diritto di coltivare" proteggono soprattutto i nuovi mostri dell'agricoltura industrializzata, chiamati CAFO.Da Next American City, aprile 2005 (f.b.)

Titolo originale: Farm Wars: Can “Right to Farm” Laws Resolve Growing Land Use Conflicts? – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

A chi guida verso est sulla Highway 54 da Green Bay verso il Lago Michigan, si mostrano in cruda evidenza le due principali forze in campo per l’uso della terra americana: lo sprawl suburbano – come appare evidente da dozzine di nuovi insediamenti residenziali – e le attività di allevamento su larga scala, le cui lagune di letame e stalle delle dimensioni di un hangar si stagliano sull’orizzonte.

Molte famiglie di pendolari hanno abitato vicino a piccole fattorie per anni senza lamentarsi dei classici inconvenienti, come l’odore pungente del letame sparpagliato. E a ben vedere le diffuse leggi “ Right to Farm” approvate vent’anni fa sembravano segnare una tregua permanente fra i due schieramenti. Ma nell’ultimo decennio, le attività di allevamento hanno aumentato in modo spettacolare le proprie dimensioni, e le procedure concentrate alimentari per animali ( Concentrated Animal Feeding Operations - CAFO) sono diventate il metodo dominante di produzione per la carne e i latticini americani. Quando si installa poco più in là sulla strada un complesso CAFO con 15.000 maiali, 3.000 vacche, o 250.000 galline, e un lagone da un paio di ettari e molte decine di milioni di litri di letame all’aria aperta, i vicini iniziano a preoccuparsi, perché la loro salute potrebbe essere messa in pericolo da un inquinamento locale dell’aria, o dalla contaminazione dell’acqua potabile.

Questi aumentati conflitti sull’uso delle terre hanno prodotto di tutto, da una zuffa nel Kentucky occidentale a cause legali che chiedono ai tribunali di proteggere la salute e sicurezza degli abitanti, prevenendo “interferenze irragionevoli” con il tranquillo godimento della proprietà.

Mentre si sviluppano queste battaglie, anche qualche famiglia di agricoltori di lunga tradizione, nelle zone miste di campagna e residenza, inizia a temere i nuovi arrivati suburbani li mettano fuori gioco con “cause di nocività” contro quello che hanno fatto per generazioni: accumulare e spargere letame sul terreno.

L’aumento dei CAFO minaccia le leggi sul “diritto di coltivazione”

Verso la fine degli anni ’70 esisteva, diffusa tra contadini, pianificatori e politici, la convinzione che lo sprawl urbano fosse una tangibile minaccia alle attività agricole familiari. Uno dei timori era che la dispersione residenziale in zone agricole portasse una serie di costose cause intentate da pendolari, poco abituati alle pratiche agricole correnti, contro i contadini. I sostenitori dei contadini ritenevano che, anche se i coltivatori avrebbero probabilmente vinto queste controversie, le spese legali li avrebbero portati in bancarotta prima di arrivare ad una decisione favorevole del tribunale. Fra il 1978 e il 1983, almeno 40 stati approvarono leggi “ Right to Farm” pensate per limitare la possibilità ai nuovi vicini suburbani di intentare cause di nocività alle fattorie esistenti. Poco dopo, tutti i 50 stati avevano approvato queste leggi a tutela degli agricoltori.

Nell’approvare queste norme, i legislatori statali del paese avevano seguito la dottrina della common law vecchia di 400 anni (originaria dell’Inghilterra e portata nelle Colonie) che tutela gli usi del suolo esistenti dall’invadenza di altri usi. Il Right to Farm Act, del Vermont del 1981, per esempio, garantisce tutela ai contadini contro cause di nocività se l’attività è iniziata prima delle circostanti zone suburbane, e non mette in discussione salute e sicurezza pubblica. Secondo il Professor Dan Esty del Center for Environmental Law and Policy di Yale, “scopo della prima generazione di leggi Right to Farm era di proteggere le attività americane familiari tradizionali agricole dallo sprawl”. Queste prime leggi non prevedevano né tutelavano le nuove attività industrializzate di allevamento impiantate fra vecchie fattorie e residenze, perché come dice Esty, “all’epoca i CAFO erano solo una lucina all’orizzonte agricolo”. Alla fine degli anni ’90, in gran parte a causa della diffusione dei CAFO, le leggi sul “diritto di coltivazione” non risolvevano più in modo efficace i conflitti di uso del suolo fra le attività agricole e i vicini suburbani.

L’esplosione di nuovi CAFO in North Carolina illustra bene le dimensioni del conflitto emerso per l’uso dello spazio. Secondo un rapporto congiunto del Natural Resources Defense Council e del Clean Water Network, fra il 1991 e il 1998 il numero di maiali nelle fattorie del North Carolina è quasi triplicato, fino ai 10 milioni, superando così la popolazione umana dello stato. Le deiezioni generate, accumulate e sparse dai nuovi CAFO suini inquinano localmente l’aria e contaminano i pozzi d’acqua vicini utilizzati dagli insediamenti suburbani vicini e anche dalle famiglie rurali. Uno studio su 1.600 pozzi privati nei pressi di CAFO in North Carolina ha rilevato che un’incredibile 34% di essi era contaminato da nitrati, che possono portare a un aumento dei tassi di cancro alla vescica, al linfoma non-Hodgkin, a problemi renali. Con riferimento alle crescenti preoccupazioni sanitarie riguardo a “metalli pesanti, accelerata resistenza agli antibiotici, agenti patogeni, nitrati, endotossine batteriche, gas volatili, malattie gastrointestinali, problemi respiratori” la American Public Health Association ha chiesto una moratoria nazionale sull’impianto di nuovi CAFO. In più, l’eccessivo deflusso di acque e la frequente tracimazione dei lagoni ha prodotto seri inquinamenti nelle acque superficiali: quando un lagone di quattro ettari si è riversato oltre lo sbarramento, oltre 100 milioni di litri di deiezioni liquide si sono riversati su una strada, attraverso un campo di tabacco, dentro il New River, dove di fatto per una lunghezza di venticinque chilometri è stata uccisa tutta la vita acquatica.

La battaglia nei tribunali e parlamenti statali

Negli anni ’90 le imprese di agribusiness sono diventate sempre più consapevoli che le leggi originali per il Right to Farm approvate nei tardi anni ’70 non garantivano una tutela per la nocività dei nuovi CAFO. Le lobbies agricole hanno allora tentato, con successo, di far approvare nuove leggi più “restrittive”, che mettevano al riparo le attività agricole dalle cause di nocività, indipendentemente dal farlo a spese delle abitazioni suburbane. I commentatori legali hanno immediatamente compreso i pericolosi effetti di queste modifiche. L’avvocato del Michigan Steve Laurent ha sottolineato come “invece di essere una protezione per i piccoli agricoltori come inteso originariamente” le leggi più restrittive per il Right to Farm “funzionano più come un’arma nelle mani della grande impresa di allevamento, contro i residenti suburbani e le attività agricole familiari”. Di fronte a seri problemi sanitari e ambientali, abitanti e piccoli coltivatori hanno direcente contestato queste leggi “restrittive” come “atti incostituzionali”, affermando che esse impediscono il godimento della proprietà, violando così il Quinto Emendamento.

I tribunali dello Iowa, Michigan, Minnesota, Idaho, e Kansas hanno dato ragione a residenti e piccole aziende agricole, rilevando l’incostituzionalità delle leggi Right to Farm e invalidando le parti più flagrantemente anticostituzionali. Nel 1998, per esempio, la Corte Suprema dello Iowa ha sentenziato, “lo stato non può regolamentare la proprietà isolandone gli utenti da potenziali danni da parte di altri, senza offrire un giusto indennizzo alle persone colpite dal danno”. La Corte ha ritenuto che le più restrittive leggi Right to Farm dello Iowa andavano oltre le competenze dello stato “autorizzando l’uso della proprietà in modo tale da ledere i diritti di altri”.

Di recente, il bucolico Vermont si è distinto come centro del dibattito sul Right to Farm. Nell’ottobre 2003, la Corte Suprema del Vermont ha deciso che una coltivazione di frutta radicalmente ampliata nei pressi di una abitazione non aveva diritto all’immunità del “ Right to Farm” ai sensi della legge statale del 1981. Il Segretario all’Agricoltura, il Governatore, e il Farm Bureau hanno temuto che questa interpretazione del Right to Farm esponesse tutte le attività agricole del Vermont, piccole e grandi, a cause di nocività intentate da residenti suburbani.

Concorrenza, o salute pubblica

Si è iniziato un tentativo di riscrivere le leggi del Vermont per il Right to Farm, quando il Farm Bureau e i grandi operatori si sono schierati contro i residenti vicini ai CAFO, e i piccoli coltivatori biologici, che cercavano il modo di proteggersi dall’inquinamento delle grosse attività. Il Farm Bureau ha sostenuto norme più restrittive per il Right to Farm in una deposizione davanti allo House Agriculture Committee: “è assolutamente indispensabile che aglia gricoltori sia consentito di adottare nuove metodologie, nuovi tempi, nuove articolazioni, senza offrire il fianco allo spettro di una causa legale”. L’ufficio a sostenuto che l’agricoltura ha bisogno di espandersi per sopravvivere e che i “ flatlanders” (gente di città, che viene dalle zone metropolitane senza montagne di Boston o New York) che non capiscono le necessità agricole li farebbero fallire, distruggendo il sistema delle attività. La testimonianza affermava che senza più ampie tutele di Right to Farm, le fattorie sarebbero state sottoposte a “una causa di nocività o due, o tre, o una per ogni nuovi abitante, sino a che l’attività non fosse abbandonata”.

Le grandi imprese sostenevano inoltre che senza tutele non avrebbero potuto sopravvivere alla concorrenza esterna allo stato. Spiegarono che c’erano grandi complessi per i latticini nel West, Midwest, e nel Sud, da 50 a 100 volte le dimensioni di quelli più grossi del Vermont, e che occorreva crescere in modo sostanziale per poter competere sul mercato nazionale.

Gli abitanti delle zone prevalentemente rurali, ma pendolari verso gli impieghi urbani, hanno dichiarato di apprezzare l’agricoltura, e di voler garantire all’attività nel Vermont un luminoso futuro. Ma di essere preoccupati per la contaminazione dei pozzi dell’acqua, come in North Carolina, o per gli effetti sulla salute dei CAFO, come quelli documentati dalla American Public Health Association. Temevano anche che i valori immobiliari nei pressi dei nuovi CAFO diminuissero, come accaduto altrove, fino al 50%, minacciando la possibilità per le famiglie di ottenere prestiti usando l’abitazione come garanzia, ad esempi oper far studiare i figli in college. Come ha spiegato Patty Britch di Highgate, “Abbiamo bisogno di contadini in Vermont; dobbiamo sostenerli, [ma i legislatori] non possono dare tutti i diritti ai coltivatori … Ci deve essere un equilibrio di diritti, fra contadini e famiglie residenti”.

Piccola allevatrice di mucche da latte Fran Bessette vive vicino alle 100.000 galline del CAFO Vermont Egg Farm di Highgate, che ha chiesto un ampliamento sino a 700.000 galline. Parla delle mosche, delle nubi di pesticidi, degli insopportabili odori dal vicino CAFO, e dichiara che “a causa delle disinfestazioni per contenere la popolazione di insetti, mi sono presa un’infezione ai polmoni, ho perso 20 chili, non posso lavorare e sono malata da anni”.

Leggi protettive, ma politiche preventive

Nell’era dei CAFO, è evidente come una legislazione che conferisce assoluta immunità a tutte le attività agricole contenga il difetto fatale di essere troppo estensiva: protegge attività del tutto egregie, e attività pericolose, e corre anche il rischio ( à la Iowa) di essere annullata in quanto incostituzionale rispetto ai diritti di proprietà dei vicini. C’è ancora bisogno delle leggi Right to Farm, però, a tutelare l’agricoltura e le attività preesistenti dalle cause legali.

La nuova stesura delle leggi del Vermont per il Right to Farm ha finito per codificare, nei fatti, il buon senso comune proposto da Fran Bessette: “Non penso che i contadini, o i non-contadini, abbiano il diritto di imporre disagi a nessuno. Non importa chi, ma non deve essere in grado di far danni ad altri”. Dopo cinque mesi di dibattito, nel maggio 2004, il parlamento statale ha approvato un nuovo Right to Farm Bill che tutela chiaramente le attività agricole preesistenti da nuovi vicini suburbani, sempre che non esistano “evidenti effetti negativi sulla salute, sicurezza, benessere”. Caso raro nel modo delle leggi, sembra che tutte le parti fossero soddisfatte: il Vermont Farm Bureau, i residenti vicini preoccupati, i piccoli agricoltori e biologici, i gruppi ambientalisti, i legislatori, e tutta l’Amministrazione hanno sostenuto il progetto nella versione finale.

Ma una legge anti-nocività tagliata su misura non è sufficiente per risolvere i conflitti nell’uso delle terre fra CAFO, insediamenti suburbani, attività agricole minori. Contadini, residenti, gruppi ambientalisti e legislatori riconoscono sempre più che, se le leggi Right to Farm rispondono ad alcune esigenze sentite da entrambe le parti in causa, la soluzione vera per questi conflitti è di prevenire i problemi ambientali e di sanità pubblica, prima che si pongano.

Negli anni recenti sono emersi numerosi strumenti di intervento per ottenere questo scopo. Alcune norme localizzative di “ siting provision,” per esempio, assicurano che i nuovi CAFO siano realizzati in aree più isolate e meno ambientalmente sensibili, aiutando così a ridurne gli effetti sulla salute umana ei danni ecologici. Un altro esempio sono i “ Land base requirements,” che impongono a tutte le attività agricole, compresi i CAFO, di possedere ad esempio il 75% delel terre necessarie a spargere il letame che producono. Queste norme assicurano che CAFO e attività familiari non generino problemi crescendo troppo o troppo in fretta per riuscire a gestire in modo sicuro i propri scarti. I Land base requirements impediscono anche che i CAFO delle grandi compagnie smaltiscano i propri scarti tramite “accordi di spargimento” con soggetti terzi irresponsabili.

Ci sono state anche richieste di monitoraggio statale delle acque superficiali e sotterranee, di autorizzazioni agricole in base alla qualità delle acque, di un maggior coinvolgimento dei funzionari della sanità nei processi di autorizzazione per i CAFO. Infine, alcuni responsabili delle decisioni, soprattutto a livello statale, hanno recentemente chiesto di porre fine ad una politica che destina la stragrande maggioranza delle risorse e sostegni dei programmi speciali ai CAFO, in modo tale che anche le piccole attività agricole possano avere la propria legittima fetta della torta. Anche se non è possibile tornare con successo agli anni della tregua di prima dell’emergere dei CAFO, uno sforzo comune fra decisori e soggetti di entrambe le parti può impedire la diffusione dei gravi conflitti che ha dominato il periodo più recente.

Nota: qui il testo originale, con la bibliografia, al sito di Next American City; in questa stessa sezione di Eddyburg anche alcuni testi “paralleli” sul tema del consumo di suolo (f.b.)

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