loader
menu
© 2024 Eddyburg
Carlotta Mismetti Capua
Porta Portese, addio
26 Luglio 2004
Roma
"Caotico, abusivo, ingombrante. Il più famoso tra i mercati di Roma sparirà. Al suo posto, piste ciclabili, verde, turisti. Ma così un'altra zona popolare della città diventa chic". Da D di Repubblica, 3 maggio 2003

Franco si sveglia ogni sabato all'una, prende il camion da Forcella, Napoli, per venire a vendere a Porta Portese, Roma, le sue merci a buon prezzo. Pacchi di maglie e calze: "Togliere questo mercato? Seee... ma prima devono spostare il Colosseo". Franco si sbaglia. Nella pianta in 3D dell'assetto strategico del Tevere il mercato di Porta Portese non c'è. Il frammento di piano regolatore, già approvato, trasformerà in qualche anno la zona del più famoso mercato delle pulci d'Italia in un parco fluviale. Ci sarà la pista ciclabile, il filare di alberi, le terrazze panoramiche, ci sarà anche il vicolo dei biciclettari, salvato da un sindaco amante del cinema perché appariva nel capolavoro neorealista Ladri di biciclette. Ma il mercato, che esiste dal dopoguerra, è stato cantato da Claudio Baglioni, è entrato al pari di Fontana di Trevi nelle attrazioni turistiche della città e viene visitato da ogni italiano in gita, quello non c'è più. Nella pianta tutta colorata del piano regolatore, che censisce gli edifici da salvare della zona, resta il deposito degli autobus, reperto mastodontico di un'epoca oggi consegnata all'archeologia industriale. Qualcuno voleva farne un design hotel ma non c'è riuscito, perché nel corso degli scavi è stato trovato un mitreo. Resta l'edificio fascista che ora ospita il Cinema Sacher di Nanni Moretti, una trattoria nei locali di una corderia (perché tutta la zona fino alla fine dell'Ottocento era portuale), e resta un gioiello del '700: l'arsenale pontificio, simile a quello di Venezia ma infinitamente più piccolo, da anni occupato da una rivendita di materiali edili. Sarà che le pietre tranquillizzano e le persone meno: il progetto di "riqualificazione urbana" del comune di Roma salva tutto tranne i duemila mercatari e gli oltre 70 mila romani che ogni domenica, dal '51, i tempi della borsa nera, a Porta Portese vengono a risparmiare e a divertirsi gratis. Il fatto è che il mercato di Porta Portese è, sì, un'istituzione, ma al contrario del Colosseo, non è un monumento. Se lo fosse, si sarebbe forse salvato dalla furia urbanistica di fare ordine e "mettere a reddito" la zona di Trastevere. Magari sarebbe stato spostato, blocchettino per blocchettino, come i templi di Luxor sul Nilo o come la stessa porta di Urbano VIII da cui prende nome, la Porta Portese appunto, ricollocata insieme alle mura aureliane qualche metro più in là, alla fine del Seicento. Invece quell'agglomerato anarchico di robivecchi, giacche vintage, chioschi di kebab e ambulanti di frittelle, dove si trova di tutto, dal cellulare rubato alla pelliccia di seconda mano, dal francobollo di Stalin alla maniglia vecchia - non è un'opera d'arte. Non è nemmeno un pezzo di città, se assessori, architetti e politici oggi possono dire, con la baldanza di uno slogan, "Liberando Porta Portese restituiremo un pezzo di città ai cittadini". In seconda battuta, sottovoce, quasi tutti aggiungono: "E ai turisti". Certo non a Irina, falsa bionda e vera dura, slava, che al mercato la domenica viene a comprare ma anche a vendere: "A mia figlia ho preso il vestito della prima comunione dalla signora cinese. Aveva i pizzi e un fiocco vero, l'ho pagato 12 euro, in negozio costava più di 50". A vendere ci viene quando ha qualcosa di buono: cianfrusaglie, diresti a occhio, cose antiche dice lei: "Ci faccio quei 50, 100 euro che aiutano". Il mercato, da oltre venti anni, è diviso in due grandi aree: la parte nuova e la parte vecchia. E tra le due zone c'è un'antica ruggine: "Hanno trasformato il mercato in una jeanseria" dicono i vecchi, "siamo noi a fare il commercio, a portare la gente" rispondono i nuovi. I vecchi sono gli antiquari, che vendono preziosi, mobili, cornici, ma anche lampade di design, abiti da sera, rubinetti degli anni '40. La parte più estesa però è quella nuova, frequentata in massa da migranti, molti slavi che comprano vestiti da pochi soldi ma alla moda, molte famiglie filippine che riforniscono gli armadi dei figli, molti adolescenti a caccia di jeans taroccati. Qui, da qualche anno ormai, gli stranieri lavorano in pianta stabile: montano e smontano le strutture all'alba, friggono gli hamburger, vendono i giornali. L'amministrazione vuole conservare la parte vecchia e ridurre la nuova o, come dice l'assessore al commercio Daniela Valentini: "Tenere la storia e togliere la baraccopoli. Mettere a posto le cose insomma, che non vuol dire ingrigire il mercato, ma rilanciarlo". Altrove però, non qui. "C'è anche un problema di regole: l'ordine non è un fatto solo estetico o burocratico, l'abusivismo è un problema morale", continua l'assessore. Effettivamente a Porta Portese l'abusivismo è la regola, ma da quaranta anni: su oltre duemila operatori, solo 500 hanno la licenza, tutti gli altri si arrangiano, autoregolamentandosi, cedendosi i banchi, vantando anzianità, pagando anche, quando si deve, ai vigili urbani. "Lo so, ordine e disciplina può sembrare uno slogan della destra", ammette l'assessore. "Diciamo, allora, regole e fantasia. Anche perché mettere a posto un mercato sembra una contraddizione". E sì, perché un mercato ordinato è un supermercato. Il modello dell'assessore Valentini, comunque, non è certo il suq di Istanbul, che pure è pulitissimo: "Portobello a Londra è un modello che ci piace, è caratteristico ma al tempo stesso non è caotico. E poi sta in un posto adeguato". Ai mercatari l'amministrazione sta per promettere licenze. Per tutti. E dato che una licenza vale anche un miliardo, nessuno avrà da ridire nel caso in cui il mercato venisse trasferito in qualche periferia, lontano dai turisti. Per far fuori i mercati rionali a Roma, oltre una decina nel centro storico, la formula ufficiale è stata sempre la stessa: "Mercato in sede impropria". "Si tratta di capire impropria rispetto a chi. L'ordine non è un valore assoluto, e poi non è che tutti vogliono andare in bicicletta o possono permettersi una gita sul fiume", obietta l'urbanista Silvia Macchi dell'Università la Sapienza che a Roma ha lavorato sul contro-piano regolatore. "Ogni volta che vuole cambiare le relazioni di potere di una città, chi la usa, chi la controlla, per prima cosa cambia l'immagine. Finora nessuno ha pensato che Porta Portese non era al suo posto, adesso improvvisamente lo chiamano "luogo improprio"". Per spiegare Porta Portese riqualificata l'architetto Gennaro Farina, direttore dell'ufficio Centro Storico di Roma che sta progettando il restyling, mostra una stampa del 1748 dove si vedono orti e barchette: "Riqualificare significa elevare. Mettere in luce i monumenti, e in questa zona ce ne sono di bellissimi: costruiremo una lunga passeggiata che dall'Aventino andrà a Porta Portese, con un ascensore per salire al giardino degli Aranci e il porticciolo da dove prendere il battello per navigare il fiume". Quel che l'architetto non dice è che il progetto di restyling non è stato ancora finanziato e i soldi non si sa da dove verranno. "La valorizzazione di cui si parla è soprattutto di natura economica", ribatte Silvia Macchi: "Saranno consentite demolizioni, cambi d'uso, cubature nuove". Una opportunità per i costruttori insomma, il parco fluviale potrebbe essere la loro foglia di fico. Ma le polemiche sono soprattutto sulle valenze "culturali" dell'operazione: "Vogliono una città borghese e per borghesi, con grossi marciapiedi per camminare, alberi, cancellate a difesa dei luoghi. È lo stesso modello urbanistico che vuole fare di piazza del Popolo un salotto, e che a piazza Vittorio, anch'essa risanata, non ha voluto le panchine per evitare che ci vadano a dormire gli extracomunitari", conclude Macchi. Il sospetto è che il modello culturale di riferimento finisca per assomigliare all'aulica New Architecture del principe Carlo d'Inghilterra: separare ciò che è antico, vale a dire ciò che è ottocentesco, da ciò che è venuto dopo. Come se la storia si fosse fermata. Per Nando, benzinaio a Porta Portese, la storia invece si è fermata al '51: "Quando vedo arrivare la gente che viene qui a risparmiare qualche soldo, penso ai nostri nonni, vedo l'Italia che ricostruiva e sgobbava nel dopoguerra. I turisti vengono per questo, vengono a vedere la vita di Porta Portese. L'Arsenale sarà pure bello, ma è morto, ha fatto il tempo suo. E poi dicono che il mercato è sconcio. Ma è solo antico: non ce l 'hanno forse trovato?".

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg