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Relazione: 2. Scelte di metodo e scelte di merito
18 Maggio 2004
Relazione: 2. Scelte
Contiene i seguenti capitoli: Il modello di pianificazione proposto, Gli indirizzi sovraordinati

Il modello di pianificazione proposto

Il rapporto tra tutela e sviluppo:

alcuni riflessi metodologici

La questione del rapporto tra l’esigenza dello sviluppo economico e sociale e quella della tutela dell’ambiente è - come è noto - questione nodale nel dibattito culturale e politico di questi decenni, in Italia come nel mondo intero. Non si intende aprire in questa sede una riflessione di vasta portata, come l’argomento richiederebbe. Ci si propone soltanto di enunciare qualche considerazione sul modo in cui uno strumento di pianificazione urbanistica può collocarsi sulla questione, portando il proprio contributo alla sua soluzione.

Porsi l’obiettivo di tutelare le risorse ambientali (naturali e storiche), e proteggere sia l’integrità fisica che l’identità culturale del territorio significa (come ormai è opinione consolidata della maggior parte della cultura specialistica) assumere, logicamente e culturalmente, una indicazione di priorità.

Significa insomma assumere, come prima fase logica del processo di pianificazione, quella della individuazione di tutti gli elementi del territorio caratterizzati da qualità oppure da rischio, attuale e potenziale. Significa poi individuare e prescrivere, per ciascuno di tali elementi, quali siano le condizioni, nel senso di limite come nel senso di opportunità, che l’esigenza della tutela pone alle trasformazioni fisiche e funzionali di quell’elemento.

Significa, in altri termini, superare il concetto di vincolo, per assumerne uno più compiuto e completo, il quale conduca a definire - per ciascun elemento di spazio - che cosa si deve fare (per valorizzare, ripristinare, ricostruire, restaurare), che cosa si può fare (perché è compatibile, o almeno non contraddittorio, con l’esigenza della tutela), e che cosa non si può fare (perché in contrasto con tale esigenza).

La considerazione dell’ambiente, e la sua analisi sui due versanti dell’integrità fisica e dell’identità culturale (1), si traduce insomma nel sovrapporre al territorio una sorta di griglia delle suscettività alla trasformazione: una definizione della gamma delle trasformazioni, fisiche e funzionali, necessarie o compatibili con l’esigenza della tutela: nel definire, in sostanza, le condizioni della offerta di spazi. È nell’ambito di questa griglia, e di questo sistema di condizioni, che le richieste di trasformazione derivanti dall’analisi della domanda di spazi preciserà quali siano le trasformazioni effettivamente da prevedere e prescrivere.

La pianificazione come bilancio tra

domanda di spazi e offerta di spazi

Al di là di ogni valutazione qualitativa, un piano regolatore è anche, infatti, un bilancio tra l’offerta di spazi e la domanda di spazi.

L’offerta di spazi è fornita dalla disponibilità delle unità di spazio (zone, lotti, edifici, altri manufatti) a essere trasformati per essere adibiti a vari tipi di utilizzazioni. Della offerta di spazi fanno perciò parte le utilizzazioni e le destinazioni d’uso cui le diverse unità di spazio sono adibibili, le limitazioni e i vincoli che condizionano l’utilizzabilità, le trasformazioni fisiche necessarie perché le utilizzazioni possano avere luogo, le procedure prescritte perché le trasformazioni siano effettuate e le utilizzazioni poste in essere. Di essa fanno parte anche gli elementi che condizionano l’effettiva disponibilità degli spazi, quali le disponibilità finanziarie, le situazioni patrimoniali, gli incentivi e disincentivi di vario ordine e così enumerando.

La domanda di spazi è costituita dalle diverse esigenze, espresse dalla società, che richiedono, per la loro soddisfazione, unità di spazio idoneamente attrezzate. Costituiscono la domanda di spazio gli alloggi necessari per la residenza, le aree e i capannoni necessari per le attività produttive di beni e di servizi, gli spazi e le attrezzature necessarie per soddisfare le esigenze collettive dell’istruzione, dello sport, della ricreazione, della cultura ecc., gli spazi necessari perché si svolgano le relazioni tra luoghi e funzioni (strade, ferrovie, ecc.). Naturalmente anche la domanda di spazio sarà in larga misura determinata dalle condizioni dei soggetti, dalla loro disponibilità finanziaria, dalla loro effettiva propensione a intervenire e così via.

La pianificazione deve proporsi, tra l’altro, di far sì che il territorio e le sue trasformazioni forniscono una offerta di spazi adeguata alle esigenze della prevedibile domanda di spazi, con il ragionevole margine (un misurato eccesso di offerta rispetto alla domanda) che è necessario per tener conto della maggiore o minore realizzabilità, in tempi certi, delle previsioni della pianificazione, soprattutto in quei settori in cui l’intervento è determinato dalle iniziative di singoli operatori privati. Ma essa deve proporsi anche di far sì che la soddisfazione delle esigenze di spazio non contraddica l’esigenza di tutelare l’integrità fisica e l’identità culturale del territorio. Per fare ciò é essenziale lavorare contemporaneamente lungo due direzioni: da un lato, valutare e “misurare”, con il massimo rigore, le diverse componenti della domanda di spazi. Dall’altro lato, come già si è detto,

Dal “piano” alla “pianificazione”

Tradizionalmente, e tuttora nella più gran parte delle situazioni, il governo del territorio aveva ed ha il suo cardine nella formazione, una volta ogni 10, 15 o 20 anni, di un piano regolatore generale, valido a tempo indeterminato. Uno strumento siffatto era ed è caratterizzato da limiti pesantissimi, divenuti via via più gravi anche per effetto di mutamenti intervenuti nella società (nelle sue esigenze, nei suoi problemi, nelle sue possibilità).

La formazione del piano regolatore tradizionale era, ed è largamente tuttora, il risultato di un procedimento non solo complesso, ma anche complicato, e (conseguentemente) dai tempi tremendamente lunghi. Per cui, quando finalmente il piano entra in vigore, i riferimenti di base sui quali era stato costruito sono già invecchiati.

Il piano regolatore tradizionale, d’altra parte, era ed è incapace di reagire in tempi accettabili alle trasformazioni della realtà, da qualche decennio sempre più rapide nei loro cicli. Quando una novità interviene, e si vuole tenerne conto, o si procede a una rielaborazione, con procedure defatiganti e costose, oppure si “aggiusta” con varianti e variantine, le quali, succedendosi nel tempo, fanno perdere via via al piano regolatore ogni elemento di coerenza, di sistematicità, di trasparente rigore.

Per superare i limiti del tradizionale sistema della pianificazione è necessario compiere un passo deciso che si può efficacemente sintetizzare nell'espressione: dal piano alla pianificazione.

In termini molto sintetici, occorre passare cioè dall'attuale concezione della pianificazione, centrata sull'idea di "piano" e consistente in una serie di piani che si succedono a salti di tempo, ciascuno dei quali viene, volta per volta, attuato, a una concezione della pianificazione basata sull'idea di "processo", e quindi su un succedersi, sistematico, continuo e cadenzato, di atti di pianificazione nei quali il momento del piano, quello dell'attuazione e quello della verifica ciclicamente si susseguono e - per così dire - si alimentano l'uno dell'altro.

Più precisamente, è necessario concepire e praticare il metodo della pianificazione come attività continua, costante e sistematica, nella quale si susseguono ciclicamente le fasi

- dell’analisi relativa agli aspetti della realtà determinanti rispetto all’evoluzione del territorio e delle sue utilizzazioni,

- della valutazione della realtà emersa dalle analisi in relazione agli obiettivi proposti,

- della formulazione e della traduzione in atti amministrativi delle scelte (il “piano”),

-- dell’attuazione (formazione dei piani attuativi, rilascio delle concessioni ed autorizzazioni, progettazione e attuazione delle opere, acquisizione degli immobili, messa in opera di politiche settoriali, azioni nei confronti dei soggetti istituzionali sovraordinati, ecc.)

- del monitoraggio sull’attuazione e dell’aggiornamento delle analisi

Scelte strutturali e scelte programmatiche

Passare dal piano alla pianificazione significa anche poter distinguere, all’interno delle scelte sul territorio, quelle che hanno un maggiore carattere di permanenza, ossia sono tali da essere definibili una volta per tutte, o almeno in relazione a tempi molto lunghi, e quelle che hanno caratteristiche di temporaneità, ossia sono tali che è necessario (o è meglio) che siano definite in relazione ad archi di tempo brevi, e ridefinite ex novo una volta scaduto quell’arco di tempo.

Così, ad esempio, che su un terreno idrogeologicamente fragile sia meglio non costruire o costruire poco, è una decisione che vale per sempre, e così che l’edilizia storica di un certo tipo debba essere restaurata o ristrutturata in un certo modo e con certe tecniche, e che possa essere adibita ad alcune utilizzazioni e non ad altre. Come è una scelta che deve essere tenuta ferma per molti anni, e magari decenni, quella concernente una radicale trasformazione dell’organizzazione della ferrovia e della stazione ferroviaria, o la realizzazione di una arteria di collegamento tra diverse parti lontane del territorio, oppure ancora la realizzazione di un complesso di attrezzature di carattere strategico.

Viceversa, la scelta se ampliare o meno le maglie della regolamentazione urbanistico - edilizia per consentire una maggiore possibilità di trasformare residenze in alberghi o in uffici, oppure edifici produttivi in residenze, come quella di sollecitare più o meno, rendendola magari obbligatoria, la trasformazione e la ristrutturazione urbanistica di una determinata zona in cui questa trasformazione è ritenuta possibile, come ancora la decisione di realizzare questo o quell’altro tipo di servizi pubblici, queste sono tutte decisioni che conviene prendere non una volta per tutte, ma sulla base delle priorità sociali, delle esigenze che si manifestano in quel determinato momento (e che magari tre o quattro anni prima erano diversamente sentite) delle risorse pubbliche o private in quel momento disponibili, degli orientamenti politici dell’amministrazione e così via.

Di conseguenza è possibile articolare i documenti della pianificazione (il nuovo Prgc) in due componenti: la prima, che regola gli aspetti permanenti delle scelte, è definita componente strutturale, la seconda, che riguarda le scelte temporanee, è definita componente programmatica. È opportuno esaminarle meglio.

Le due componenti

La componente strutturale dovrebbe contenere le scelte riguardanti la tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio e quelle concernenti le opere e gli interventi che hanno bisogno di tempi lunghi per la loro attuazione. Essa dovrebbe essere valida a tempo indeterminato. Le sue eventuali modifiche dovrebbero seguire la procedura della “variante”, e quindi dovrebbero essere sottoposte ad una verifica di conformità alle disposizioni della pianificazione sovraordinata: questo perché le scelte in essa contenute sono suscettibili di incidere su interessi non totalmente “disponibili” per la comunità locale.

La componente strutturale del piano dovrebbe definire le trasformazioni fisiche ammissibili e le utilizzazioni compatibili.

Le prime comprendono tutta la gamma delle trasformazioni che possono essere indotte nelle unità edilizie e nelle altre unità di spazio (negli edifici e negli altri manufatti, nei lotti e nelle altre parti del territorio), dalla conservazione assoluta, al ripristino della situazione preesistente, al restauro, alla ristrutturazione edilizia, alla nuova edificazione e alla costruzione di opere e manufatti, alla ristrutturazione urbanistica e così via.

Le utilizzazioni compatibili disciplinate nella parte strutturale del piano dovrebbero comprendere tutta la gamma delle utilizzazioni, indicate in un larghissimo “menu” delle attività considerate nelle classificazioni dell’Istat, che hanno incidenza sulle funzioni urbane e territoriali. Nella componente strutturale del piano si dovrebbero definire, per ciascun elemento del territorio, tutte le utilizzazioni che siano compatibili con le esigenze di cui sopra: una gamma che, per ciascun elemento del territorio, sarebbe più o meno ampia ma sempre più estesa delle “destinazioni d’uso” normalmente disciplinate dai Prg. Queste ultime, ossia la scelta, all’interno della gamma delle utilizzazioni compatibili degli usi di cui ottenere l’attivazione, ovvero degli usi di cui è consentita l’attivazione nel periodo considerato, dovrebbero essere indicate nella componente programmatica del piano.

La componente programmatica dovrebbe contenere infatti le scelte relative alle priorità sociali, agli investimenti pubblici e privati realisticamente attivabili nel breve periodo, alle opere e agli interventi concretamente fattibili nel medesimo periodo. Essa dovrebbe essere valida per periodi di tempo determinati, al termine dei quali dovrebbe venire redatta ex novo, e dovrebbe vedere il suo iter formativo esaurirsi nell’ambito del comune.

La legislazione regionale

La legge regionale 19 novembre 1991, n.52, nel disciplinare la pianificazione comunale, è stata manifestamente influenzata dalle riflessioni e dalle convinzioni sin qui esposte, anche se le soluzioni definite non possono dirsi pienamente soddisfacenti.

Alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 30, infatti, è stabilito che il Prgc deve contenere, innanzitutto,

gli obiettivi e le strategie, anche suddivisi per ambiti territoriali, che l'amministrazione comunale intende perseguire con il piano; questi definiscono il quadro di riferimento per gli interventi di attuazione nonché di revisione od aggiornamento del piano.

In merito, la quarta circolare regionale esplicativa della legge regionale 52/1991 (Prot. P. T./9760/4.102 - del 5 ottobre 1992, paragrafo 3.3.1) precisa:

Sarà quindi necessario che in ogni strumento generale vengano di volta in volta individuati quei contenuti che rappresentano gli aspetti portanti delle scelte di piano. Alcuni di questi sono facilmente intuibili, come ad esempio il dimensionamento e la capacità insediativa di progetto; il sistema dei servizi e delle attrezzature sia dal punto di vista quantitativo che da quello localizzativo, almeno per le strutture di maggiore rilievo; le scelte di espansioni insediative in termini di aree definite o di direttrici di sviluppo e, per converso, le zone da considerarsi soggette a particolari tutele; le scelte relative ai sistemi insediativi storici e di particolare pregio nelle specifiche realtà comunali. E' chiaro però che, per il ruolo che viene assegnato a questo rilevante punto di snodo della legge, andranno messi in luce nei singoli Prgc non solo gli aspetti generali sopra accennati, ma anche tutti quelli che nella specifica realtà rappresentano fatti sostanziali su cui poggia l'attuazione del piano, al punto che di volta in volta potranno assumere tale ruolo non solo previsioni in altri casi scarsamente significativi, ma anche meccanismi attuativi [...], contenuti normativi, previsioni che non possono essere modificate senza che siano contestualmente verificati altri aspetti che con queste entrano in relazione

Per converso, al numero 2) della lettera b) del comma 5 dello stesso articolo 30 è stabilito che la relazione del Prgc, la quale ha valenza normativa, deve contenere, tra l'altro, il "programma di attuazione delle previsioni del piano".

All'articolo 34 della stessa legge regionale si stabilisce che i "piani comunali di settore", i quali sono "strumenti finalizzati a disciplinare modalità di esercizio di attività di rilievo sociale, economico ed ambientale relativamente all'intero territorio comunale", oltre ad integrare le indicazioni del Prgc, possono costituire "variante al piano stesso, purché vengano rispettati gli obiettivi e le strategie di cui all'articolo 30, comma 1, lettera a)", essendo in tal caso decisi dal comune in piana autonomia, mentre in caso contrario le procedure di formazione sono quelle, più complesse, definite per la formazione dei Prgc e delle relative varianti che ne coinvolgano le componenti strutturali.

Analogamente, è statuito, al comma 2 dell'articolo 42 della medesima legge regionale, che i piani regolatori particolareggiati comunali possono apportare modifiche alle disposizioni dei Prgc ma soltanto "secondo le specifiche indicazioni di tale strumento e fermo restando il rispetto degli obiettivi e delle strategie di cui all'articolo 30, comma 1, lettera a)".

Si tratterà quindi, nella redazione del nuovo Prgc del Comune di Duino Aurisina, di strutturare i suoi contenuti, ed i suoi elaborati, nel più rigoroso rispetto formale dei dettati della legislazione regionale, ed in sostanziale aderenza "evolutiva" al suo spirito, così da approssimare al massimo il modello di pianificazione dianzi descritto, e soprattutto da assicurare il raggiungimento delle finalità, di coerenza e tutt'assieme di flessibilità, che con tale modello si vogliono perseguire.

Gli indirizzi sovraordinati al progetto di piano

Gli indirizzi della giunta

Il Consiglio comunale di Duino ha approvato, con deliberazione n. 64 deòl 26 giugno 1995, gli indirizzi per la formazione del nuovo piano regolatore che riportiamo qui di seguito.

CARATTERI GENERALI

Vista la crescita demografica zero o addirittura negativa e la necessità di evitare lo sviluppo del fenomeno delle seconde case o del "comune dormitorio", si considera raggiunto il limite massimo di aree disponibili per i bisogni residenziali e si favorisce il recupero ed il riuso del patrimonio abitativo esistente.

Per quanto riguarda il modello di sviluppo si propone di:

- sviluppare un concetto di turismo in considerazione delle strutture preesistenti e nel pieno rispetto dei valori ambientali.

- facilitare lo sviluppo delle attività agricole tradizionali e sperimentali, compatibili con l'ambiente, anche per contribuire a promuovere una tutela attiva dello stesso.

Per le attività produttive, e in maniera particolare per il terziario, vanno fatte le opportune verifiche al fine di favorire un loro consolidamento ed una loro crescita qualitativa.

In ogni insediamento del Comune vanno perfezionate le scelte di aree o edifici di carattere collettivo per i bisogni funzionali (urbanizzazioni) e culturali- ricreativi; vanno inoltre verificate le infrastrutture di carattere generale in modo da garantire uno sviluppo urbanistico del comune improntato sulla qualita'.

STRATEGIA DI GESTIONE

- Recupero e riuso dell'esistente.

- Rispetto delle caratteristiche dell'ambiente naturale e culturale.

- Creazione di zone e sottozone e relative perimetrazioni compatibili con una scala piu' dettagliata ( almeno 1:1000).

- Proposizione di indagini minuziose miranti a semplificare e rendere leggibili le norme di attuazione.

- Semplificazione dei percorsi tecnico - burocratici attraverso la formulazione di norme certe e comprensibili.

REVISIONE DEL P.R.G.C. ESISTENTE:

Nella redazione della Variante Generale va inoltre tenuto conto:

l) della legge urbanistica n.52/91 e 19/92

2) del D.R. 20/4/95 n.l26/Pres.

3) delle proposte in campo urbanistico e territoriale presenti in sede legislativa regionale e nazionale,

4) dello sviluppo e delle proposte in campo urbanistico nelle aree contermini.

Si propone, per le zone definite dal P.U.R. come zone omogenee "A", "B","C", ..ecc., quanto segue:

Zone residenziali.

Zona "A"

a) Creazione di sottozone (come previsto del resto dal vecchio P.U.R.) con l'intenzione di agevolare il piu' possibile le proposte d'intervento nella redazione dei P.R.P.C., attualmente di contenuto meramente formale, ma molto dispendiosi in termini di tempo e di costi, spesso inutili per i fini che si propongono.

b) Verifica delle zone non ancora edificate con la creazione di una normativa ad hoc, mirata ad un rapporto equilibrato con l'esistente.

c) Monitoraggio attento delle caratteristiche e delle potenzialità presenti, insediamento per insediamento, con l'individuazione di aree di carattere collettivo opportunamente locate e dimensionate.

Zona "B"

a) Verifica della norrnativa e delle perimetrazioni, con l'intenzione di favorire una valorizzazione qualitativa del patrimonio costruito esistente.

b) Per le zone ancora non costruite e a suo tempo definite in considerazione di indici di espansione non piu' attuali e drasticamente ridimensionati dalla prima citata normativa, si propone di verificare l'opportunità di individuare strumenti di attuazione e pianificazione idonei alle nuove esigenze miranti anche al soddisfacimento dei bisogni complementari alla residenza.

c) Proporre una normativa su scala dettagliata e sufficientemente definita, in considerazione dei vincoli presenti, specialmente quello ambientale, con l'intenzione di tutelare anche, ma non solo, il fruitore - abitante - cittadino.

d) Per gli insediamenti del Villaggio del Pescatore e di B.go S.Mauro, si propone la riqualificazione degli stessi in zona omogenea "A" e relative sottozone, per ampliarne le possibilità di recupero e riutilizzo, in conside razione delle caratteristiche storico ambientali, fisiche e culturali - sociali incluse nel contesto generale dei due insediamenti.

Zona "C"

Per dette zone si propone la creazione di sottozone, opportunamente dimensionate e definite, favorendo al massimo il completamento dei bisogni complementari alla residenza considerando gli indici degli standards delle urbanizzazioni e dei servizi attualmente indicati nella nuova normativa regionale.

Zone Produttive

Zona”D”

La definizione delle zone produttive si basa principalmente sui concetti di utilizzo delle aree attualmente a ciòdestinate e recupero delle aree e degli edifici dismessi con la stessa o simile destinazione.

Le destinazioni artigianali/commerciali, industriali, di escavazione e lavorazione della pietra devono essere definite favorendo l'adattabilità dell'utilizzo, specialmente nel caso di cambiamento d'uso, in considerazione della capacità del sito di sopportare determinate attivita'. Tale capacità deve essere definita caso per caso.

Zona "E"

a) Le aree produttive agricole devono essere definite in modo da favorire lo sviluppo del settore, nel rispetto dell'ambiente naturale - culturale carsico. Le attività della viticoltura, di altre culture specializzate e dell' agricoltura biologica, della zootecnia e dell'agriturismo devono avere nella normativa e nella perimetrazione una definizione puntuale, ma allo stesso tempo adattabile alle esigenze talvolta mutabili della produzione agricola.

b) In considerazione del pericolo maggiore, derivante dal degrado ambientale provocato da eventuali costruzioni - contenitori presenti in zone delicate dal punto di vista dell'impatto ambientale o da operazioni residenziali speculative, si propone:

Indirizzi e criteri desumibili dalle leggi regionali e...

A norma del comma 3 dell'articolo 29 della legge regionale 52/1991 il Prgc

è finalizzato a garantire:

a) la tutela e l'uso razionale delle risorse naturali nonché la salvaguardia dei beni di interesse culturale, paesistico ed ambientale;

b) un equilibrato sviluppo degli insediamenti, con particolare riguardo alle attività economiche presenti o da sviluppare nell'ambito del territorio comunale;

c) il soddisfacimento del fabbisogno abitativo e di quello relativo ai servizi ed alle attrezzature collettive di interesse comunale, da conseguire prioritariamente mediante interventi di recupero e completamento degli spazi urbani e del patrimonio edilizio esistente;

d) l'equilibrio tra la morfologia del territorio e dell'edificato, la capacità insediativa teorica del piano e la struttura dei servizi.

Si può quindi asserire che la legge regionale assume l'impostazione affermata ai precedenti paragrafi 4.1.1. e 4.1.2., sintetizzabile nella necessità di provvedere, nell'attività pianificatoria, a determinare, in via preliminare, le disposizioni finalizzate alla tutela sia dell' integrità fisica che dell' identità culturale del territorio interessato, ed al conferimento ad esso di più elevati caratteri di qualità formale e funzionale, da porre come "condizioni" (da intendersi sia come "limiti", sia come "prerequisiti") ad ogni possibile scelta di trasformazione (fisica e/o funzionale) del medesimo territorio, al fine di perseguirne uno "sviluppo sostenibile".

Tale impostazione è confermata dal comma 1 dell'articolo 30 della predetta legge regionale, che definisce i contenuti del Prgc.

In primo luogo (come si è già rammentato), si afferma, con la lettera a), che il Prgc deve indicare

gli obiettivi e le strategie [...] che l'amministrazione comunale intende perseguire con il piano; questi definiscono il quadro di riferimento per gli interventi di attuazione nonché di revisione od aggiornamento del piano.

E secondo la circolare regionale esplicativa (come pure si è già rammentato) tali "obiettivi e strategie", cioè la parte invariante e strutturale della pianificazione, devono consistere innanzitutto nella disciplina delle "zone da considerarsi soggette a particolari tutele" e nelle "scelte relative ai sistemi insediativi storici e di particolare pregio nelle specifiche realtà comunali", e quindi nelle determinazioni relative al "dimensionamento e [al]la capacità insediativa", al "sistema dei servizi e delle attrezzature", alle "scelte di espansioni insediative".

Tale gerarchia di valori e di scelte, e tale successione logica delle operazioni da compiere, è confermata dalla sequenza espositiva della succitata disposizione di legge, par cui si deve procedere alla "definizione degli interventi per la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali, ambientali, agricole, paesistiche e storiche" (lettera c.), quindi alla "ricognizione delle zone di recupero", dovendo essere "l'eventuale previsione di zone di espansione in relazione alle esigenze insediative" operata soltanto "in subordine", e sulla base di congrui "elementi" che la "giustifichino" (lettera d.), ed ancora allo "studio della situazione geologica, idraulica e valanghiva del territorio al fine di poter valutare la compatibilità ambientale delle previsioni di piano (lettera e.), ed infine alle più tradizionali operazioni di localizzazione e di disciplina delle zone, delle attrezzature e delle infrastrutture (lettere f., h. ed i.).

Vale la pena di rammentare che la già ripetutamente citata circolare regionale esplicativa sottolinea un passaggio dell'ora riportata sequenza di affermazioni della norma, ribadendo che "la legge ragionale 52/1991 privilegia l'obiettivo del recupero, inteso in senso lato [...], e tanto più quindi riferito agli insediamenti". E precisando che

in sintonia con tale assunto si prevede che, nel soddisfacimento delle esigenze insediative (qui con significato estensivo, non solo quindi residenziali) si privilegi il recupero dell'esistente. Da qui l'indagine approfondita su tale patrimonio e la possibilità di prevedere nuove aree di espansione solo se strettamente motivate dalla insufficienza di quanto offerto dal recupero dell'esistente.

...e dai piani regionali

Il Piano urbanistico regionale generale (P.U.R.G.) tuttora vigente individua, nel territorio del Comune di Duino Aurisina, una pluralità di "ambiti boschivi", di "ambiti silvo-zootecnici" e di "ambiti di interesse agricolo-paesaggistico". Va ricordato che, a norma del punto 7 dell'Allegato A delle norme del P.U.R.G.,

gli ambiti definiti dal [...] Piano non sono propriamente zone quali contenute nella strumentazione urbanistica a scala locale prevista dalla vigente legislazione, ma vanno piuttosto considerati come dei campi di determinazione,

cioè "parti di territorio regionale dotate di certe caratteristiche comuni", entro i quali i piani subordinati devono operare "una zonizzazione coerente con tali caratteristiche".

Per gli "ambiti boschivi" è disposto che gli strumenti urbanistici di grado subordinato provvedano a tutelare il patrimonio boschivo, "in considerazione anche dell'importante ruolo di difesa idrogeologica da esso svolto". Le azioni programmatiche, si soggiunge,

dovranno proporsi, assieme alla valorizzazione di alcuni ambiti idonei alla produzione di legname da opera, l'attuazione di opere tese al miglioramento del patrimonio boschivo.

Nelle zone agricole e forestali definite dai piani subordinati entro i predetti ambiti (zone E2 secondo la nomenclatura del P.U.R.G.) devono essere escluse realizzazioni sia di edifici che di infrastrutture, salvi, in via eccezionale, l'edificazione

di attrezzature edilizie minime relative ad attività connesse alla commercializzazione e prima trasformazione dei prodotti forestali della zona e per la diffusione delle attività escursionistiche con un indice di fabbricabilità fondiario non superiore a 0,01 mc/mq, nonché il ripristino ed il consolidamento delle carrarecce, dei sentieri e delle piazzole esistenti.

Per gli "ambiti silvo-zootecnici" è disposto che gli strumenti urbanistici di grado subordinato provvedano a

promuovere [...] una valorizzazione ad uso sociale delle aree più qualificate sotto il profilo ambientale, assicurare la difesa idrogeologica e la conservazione delle caratteristiche naturalistiche, agevolare l'attuazione di appropriati interventi di incentivazione economica volti a determinare l'inversione dei fenomeni di spopolamento.

Le azioni programmatiche, si soggiunge, dovranno essere

tese allo sviluppo del patrimonio forestale attraverso la diffusione di una silvicoltura con finalità prevalentemente naturalistiche, e lo sviluppo degli allevamenti zootecnici con adeguato livello organizzativo e dimensionale, nelle aree idonee.

Nelle zone agricole e forestali definite dai piani subordinati entro i predetti ambiti (zone E3 secondo la nomenclatura del P.U.R.G.) può essere consentita "la costruzione di edifici per la residenza agricola e per le attività silvo-zootecniche", nonché di "edifici destinati alla commercializzazione e prima trasformazione dei prodotti agricoli e forestali", in ogni caso "con un indice di fabbricabilità fondiario non superiore a 0,01 mc/mq". E possono essere ammessi

interventi infrastrutturali a servizio delle attività [suindicate] a condizione che essi non comportino alterazioni al delicato equilibrio idrogeologico.

Per gli "ambiti di interesse agricolo-paesaggistico" è disposto che gli strumenti urbanistici di grado subordinato provvedano a

promuovere [...] la salvaguardia del paesaggio rurale, favorendo in esso la costituzione, nei territori ambientalmente più qualificati, di una riserva di aree per le attività culturali, ricreative e turistiche", mentre "le aree destinate allo sviluppo residenziale, interessanti tali ambiti, dovranno essere preferenzialmente indirizzate verso le zone meno qualificate sotto il profilo paesaggistico.

Nelle zone agricole e forestali definite dai piani subordinati entro i predetti ambiti (zone E4 secondo la nomenclatura del P.U.R.G.) può essere consentita "la costruzione di edifici per la residenza agricola", nonché di "edifici adibiti alla conservazione e prima trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli o destinati ad attività per l'assistenza e la manutenzione delle macchine agricole", in ogni caso con "un indice di fabbricabilità fondiario non superiore a 0,03 mc/mq". E' precisato che "per le aziende agricole con superficie aziendale superiore a 3 ha l'indice di fabbricabilità fondiaria non potrà superare il valore massimo di 0,02 mc/mq con un minimo di 900 mc" per "la costruzione di edifici per la residenza agricola", la quale, ove le predette zone agricole e forestali ricadano altresì "entro il perimetro dei parchi naturali", dovrà effettuarsi con l'osservanza di "un indice di fabbricabilità fondiario non superiore a 0,01 mc/mq".

Il P.U.R.G. definisce altresì, nel territorio del Comune di Duino Aurisina, "parti del territorio regionale da destinare a parco naturale", e precisamente porzioni del Parco del Carso e delle riserve naturali della “Fascia carsica di confine” e del “Lembo costiero”. Si precisa che

la rappresentazione di tale perimetro [...] ha carattere indicativo in vista degli adempimenti da eseguirsi in sede di piani zonali e di quelli subordinati".

Lo stesso P.U.R.G. individua, nel territorio del Comune di Duino Aurisina, alcuni "complessi urbanistici di interesse storico-artistico e di pregio ambientale", e cioè: tre "nuclei di interesse ambientale di tipo A" (Ceroglie, S. Pelagio e Prepotto) e due "castelli" (Castello Vecchio e Castello Nuovo di Duino).

Per i "nuclei di interesse ambientale di tipo A" è disposto che gli strumenti urbanistici di grado subordinato provvedano a

garantire la salvaguardia delle caratteristiche ambientali esistenti, attraverso la promozione di interventi di recupero che partano da un approfondito studio dei tipi edilizi rurali regionali sia nei loro caratteri costruttivi e funzionali, sia nelle implicazioni di natura sociale ed economica.

Per i "castelli" è disposto che gli strumenti urbanistici di grado subordinato provvedano a

promuovere [...] azioni di salvaguardia e di recupero a fini culturali, estendendo gli interventi di vincolo e salvaguardia a tutta l'area potenzialmente interessata.

Ancora il P.U.R.G. localizza, nel territorio del Comune di Duino Aurisina, alcuni "grandi servizi ed attrezzature di interesse regionale", e precisamente: un "centro di ricerca", tre "porti od approdi di interesse turistico" (al Villaggio del Pescatore, a Duino, alla Baia di Sistiana), un "parco comprensoriale". Va ricordato che la localizzazione di tali elementi "ha valore indicativo [...] e dovrà essere oggetto di ulteriore precisazione ed esatta ubicazione nell'ambito dei successivi piani subordinati".

Sono poi indicati: un tratto di (oggi esistente) "viabilità con caratteristiche autostradali", due "raccordi autostradali" (entrambi oggi esistenti, anche se uno dei due realizzato in diversa posizione), un tratto di "viabilità primaria" (sul tracciato Duino-Sistiana-Miramare, coincidente con la cosiddetta "strada costiera"), un tratto di "viabilità secondaria" (sul tracciato Sistiana-Aurisina-Opicina, esistente), un tratto di (esistente) ferrovia, un tratto di oleodotto, un tratto di "linea elettrica da 220 KV" ed un tratto di "linea elettrica da 132 KV". Va ricordato che

i contenuti di piano, relativamente alle infrastrutture in progetto, sono da considerarsi a carattere indicativo e dovranno essere oggetto di successivo approfondimento e precisazione nell'ambito dei piani di grado subordinato.

Degli elementi di viabilità sono specificate le richieste caratteristiche funzionali, delle quali, peraltro, occorre verificare la coerenza con le sovraordinate disposizioni del "Nuovo codice della strada" (lo stesso vale per le disposizioni del P.U.R.G. relative alla viabilità di interesse comprensoriale e comunale, ed alle fasce di rispetto).

Il P.U.R.G. detta infine direttive in ordine alle discipline da dare, tramite la pianificazione comunale, alle diverse zone in cui è ritenuto potersi articolare il territorio, urbanizzato e non urbanizzato (l'osservanza dei contenuti sostanziali delle quali, anche nella redazione di uno strumento urbanistico fortemente "innovativo", quale quello delineato al precedente paragrafo 4.1., non si ritiene porrà particolari problemi), e disposizioni in merito al dimensionamento delle previsioni insediative ed alle dotazioni di spazi pubblici e/o per usi collettivi (presentemente sostituite da quelle del Decreto del Presidente della Giunta Regionale 20 aprile 1995, n.0126/Pres.).



Le scelte generali

del progetto di piano

Due fasi storiche nell’assetto territoriale

di Duino Aurisina, Comune del Carso

I lineamenti essenziali che la storia ha impresso sul territorio di Duino Aurisina - Devin Nabrezina raccontano di un territorio prevalentemente (sebbene non esclusivamente) organizzato in relazione ai rapporti tra il Carso interno (Màlchina, San Pelagio, Precènico, Slivia, Ternova, ma anche Brestovica Gorjansko, Komen, Brije) e la costa. Unitario fino alla prima guerra mondiale non solo per la sua struttura geologica e il suo assetto naturale, ma anche per l’appartenenza ad un’unica regione etnica (gli sloveni) e a un unico impero (l’Asburgico), il Carso era segnato dai rapporti tra collina interna e fascia pianeggiante litoranea che caratterizza tutte le regioni costiere.

Il taglio operato dalla frontiera definita, nel 1919, dal Trattato di Versailles ha troncato questi rapporti. I successivi eventi politici (l’avvento del regime fascista in Italia, e poi l’adesione della regione slovena alla Jugoslavia, infine il formarsi della “cortina di ferro” tra l’est e l’ovest dell’Europa) hanno contribuito a rendere particolarmente dura la “nuova” frontiera.

In questo quadro, le grandi trasformazioni territoriali avvenute in Italia dagli anni 1950 in poi hanno determinato il formarsi di un modello di assetto del tutto alternativo al precedente: un modello basato sul pesante sovrapporsi alle antiche trame delle nuove massicce infrastrutture costiere (la ferrovia, la statale, l’autostrada), sulla forte crescita dei flussi tra Trieste e Monfalcone, di quelli dei centri del Carso litoraneo con l’uno e l’altro centro e infine di quelli tra l’Italia e il confine.

Rendere trasparente e leggero

il confine che taglia il Carso

A ben riflettere, l’organizzazione del territorio determinata dal fascio infrastrutturale costiero è del tutto analoga a quella che si è venuta a determinare, nel corso soprattutto dell’ultimo mezzo secolo, in tutto il versante adriatico dell’Italia, e in gran parte di quello tirrenico. Il problema che si manifesta sulla costa carsica è che la dominanza del modello è fortemente accentuata dall’esiguo spessore dell’hinterland, sbarrato dalla linea di confine. Più modesti di conseguenza sono i margini per un’azione di riequilibrio territoriale, e più grandi le difficoltà che devono essere superate da chi voglia perseguirla.

I presentatori di questo documento sono persuasi che una siffatta azione di riequilibrio sia necessaria, e che essa sia anche possibile. Che sia cioè necessario e possibile porsi l’obiettivo di rafforzare i rapporti tra il Carso interno (sia quello italiano che quello sloveno) e la fascia litoranea, di consolidare la struttura sociale ed economica dei borghi del Carso, di valorizzare le risorse locali (dall’agricoltura specializzata alla fruizione del paesaggio), di ristabilire flussi frequenti e intensi con le città e i paesi della Slovenia.

La necessità di porsi un simile obiettivo deriva dal fatto che, ove non lo si perseguisse e raggiungesse, si otterrebbe, nel giro di qualche decennio, un nuovo assetto fisico e sociale del territorio notevolmente degradato rispetto a quello attuale. Un assetto caratterizzato dal “franare” della popolazione dei borghi interni verso i centri della costa, il conseguente abbandono dell’azione di manutenzione del patrimonio economico e paesaggistico rappresentato dall’ambiente del Carso, la trasformazione dei centri di Aurisina, Sistiana, Duino in un continuum urbano e, in definitiva, in un sobborgo periferico di Trieste.

La possibilità di raggiungerlo sta nel fatto che, come tutto lascia supporre, a una distensione dei rapporti tra Italia e Slovenia, che caratterizzerà i prossimi mesi, farà seguito l’ingresso di quest’ultima nell’Unione europea. La frontiera tra le due parti del Carso, se non verrà definitivamente cancellata, diventerà però via via più trasparente e leggera. Pur rimanendo territori appartenenti a stati nazionali diversi, i paesi e le città del Carso italiano e di quello sloveno potranno riaprire fruttuosi flussi di relazioni nei diversi settori della vita sociale (dal commercio al lavoro, alla cultura, al tempo libero, ai servizi). Mentre i centri costieri potranno così fruire di un consistente entroterra, quelli dell’interno potranno avere uno sbocco verso il mare e verso i collegamenti veloci est-ovest.

Due possibili destini

per la fascia costiera giuliana

Gli obiettivi di un consolidamento e di una valorizzazione delle risorse ambientali ed economiche del Carso, di una intensificazione dei rapporti tra costa ed entroterra, di uno sviluppo economico dell’intero Comune fondato sulla valorizzazione del sue notevolissime risorse dell’ambiente naturale e di quello storico hanno la loro base necessaria nella convinzione che la risorsa primaria di un simile sviluppo è suscettibile di essere salvaguardata e valorizzata: di accrescere quindi la sua qualità, e la sua attrattiva per i flussi di turisti e visitatori. Il “destino” che un simile obiettivo propone è insomma quello di una comunità che veda affidato il suo benessere a un’espansione delle attività legate al turismo, all’agricoltura qualificata, al commercio tra est e ovest, e alla promozione di quelle attività (di produzione di beni e, soprattutto, di servizi e di ricerca e cultura) che hanno in un ambiente ricco di qualità naturali, culturali e sociali e di infrastrutture il loro humus più propizio.

Si tratta di un “destino” che non è esclusivo di Duino Aurisina, ma è comune a tutta la costa giuliana: da Muggia a Monfalcone. Ed è su tutta la costa giuliana che, analogamente, incombe anche un altro possibile “destino”: Quello di diventare, nel giro di pochi anni, un’area dedicata alla produzione, all’immagazzinamento e al commercio di energia. L’ultimo episodio in questa direzione è costituito dal progetto di realizzare un impianto di rigassificazione del metano liquido importato via mare, ai margini del territorio di Monfalcone e al confine di quello di Duino Aurisina, sui terreni della foce del Timavo.

Sembra del tutto evidente che l’uno e l’altro “destino” sono tra loro contraddittori, nel senso che non sono perseguibili entrambi. Se la costa giuliana diviene la sede di un polo energetico, allora essa non può ospitare consistenti attività di turismo qualificato, né può richiamare significativi flussi di visita. La stessa qualità delle produzioni agricole (per non parlare dell’itticoltura) è soggetta a rischi. Oggi la costa giuliana può giocare qualche carta nei confronti della concorrenza della costa istriana e dalmata (la localizzazione, le infrastrutture, l’hinterland); l’affermarsi dello scenario energetico farebbe precipitare la bilancia verso l’altro versante dell’Adriatico.

Si badi bene: non si vuole affermare che un simile destino sia “inumano”, che occorra “battersi ad ogni costo” contro il progetto di ri-gassificazione del metano. Esistono nel mondo, ed è giusto che esistano, zone dedicate alla lavorazione e all’immagazzinamento di beni materiali, anche rischiosi per le eventuali conseguenze del loro uso e della loro presenza. E non è detto neppure che i “paesaggi industriali” non possano avere una loro severa bellezza, e che siano di per sé incompatibili con situazioni di benessere.

Non si tratta perciò di esorcizzare, ma di decidere. Se la comunità giuliana vuole affidare una parte delle sue fortune allo sviluppo del turismo e della visita, e alle attività produttive e di ricerca favorite dalla qualità dell’ambiente, allora va esclusa l’ipotesi del polo energetico, e comunque dell’impianto di de-gassificazione sulla foce dei Timavo. Se viceversa l’ipotesi che si accetta, o che comunque prevarrà, è quella del polo energetico, allora l’intera prospettiva deve essere ri-orientata verso interventi di mera razionalizzazione dell’esistente, di aumento dell’efficienza del sistema infrastrutturale, di miglioramento e di salvaguardia di condizioni di vita “normali”: come nelle periferie di Chicago o di Sesto San Giovanni.

Alcune scelte di fondo

Dalle considerazioni che precedono, e dalle osservazioni di merito contenute nei capitoli precedenti. si possono desumere alcune indicazioni di massima sull’assetto del territorio di cui promuovere la formazione, proposte inizialmente come ipotesi di lavoro, sottoposte poi alla verifica sia della comunità locale che delle specifiche analisi svolte, assunnte infine come scelte di fondo del progetto di piano.

Se lo scenario di riferimento da tener fermo è quello di uno sviluppo basato sulla promozione delle qualità ambientali presenti e della loro valorizzazione, e se l’obiettivo generale è quello di restaurare il ruolo di Duino Aurisina come “parte del Carso” e non come “sobborgo di Trieste e Monfalcone” (senza che ciò ovviamente voglia o possa significare la rinuncia alle necessarie integrazioni con le due vicine città), allora assumono rilevanza strategica le seguenti scelte.

A) Consolidamento dei borghi del Carso, mediante: (i) lo sviluppo delle produzioni agricole specializzate e di trasformazione, anche con la promozione di specifiche iniziative di marketing e l’estensione delle superfici a coltura; (ii) la valorizzazione della specificà identità di ciascun borgo e la promozione dell’integrazione tra le diverse identità, anche mediante l’utilizzazione degli edifici pubblici sottoutilizzati e la loro destinazione ad attività sociali ed economiche; (iii) la decisa rinuncia ad ogni ipotesi di espansione edilizia dei borghi verso il fondo valle e, più in generale, dell’ampliamento delle aree urbanizzate verso i terreni produttivi; (iv) la definizione di un assetto del territorio, di una distribuzione delle funzioni e di una razionalizzazione delle infrastrutture aperta verso l’ipotesi della riapertura delle antiche strade verso il Carso sloveno; (v) la valorizzazione del patrimonio ambientale, sia naturale che storico, anche mediante la realizzazione di itinerari e di punti attrezzati per la visita e la soata, anche in relazione alla formazione del Parco della Comunità del Carso.

B) Razionalizzazione dei centri della fascia costiera, in particolare mediante: (i) la riorganizzazione del sistema degli spazi pubblici e di uso pubblico, coperti e scoperti, con il duplice obiettivo di servire nel modo più efficiente ed efficace la popolazione e di costituire una rete continua di persorsi e spazi che consentano di raggiungere a piedi, in condizioni di sicurezza, le diverse parti del territorio urbanizzato; (ii) l’utilizzazione prioritaria, per le eventuali necessità di volumi aggiuntivi rispetto a quelli esistenti, degli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica e il completamento dei tessuti urbani incompleti, evitando in ogni caso di urbanizzare aree pregiate per la produzione agricola o per la tutela del ciclo delle acque; (iii) la previsione di zone di rispetto fra i diversi centri abitati costieri che abbiano la funzione di contrastare la tendenza alla progressiva saldatura delle aree urbanizzate e che contribuiscano alla riorganizzazione del sistema degli affacci a mare, oggi penalizzato dalla qualità scadente degli accessi, degli spazi di sosta e delle strutture edilizie collocate ai margini del percorso di attraversamento.

C) Alleggerimento della barriera infrastrutturale costituita dall’autostrada, dalle ferrovie, dalle Statali n.14 e n.202, dalla provinciale per Prosecco e Opicina, probabilmente ottenibile sia con la banalizzazione di una o più arterie, da accompagnare a una riorganizzazione del sistema dei trasporti che riduca la domanda di mobilità su gomma, sia con la messa in opera di provvedimenti puntuali che consentano il superamento delle barriere infrastrutturali e ne ammorbidiscano l’impatto visivo.

D) Valorizzazione delle risorse ambientali, soprattutto là dove, come sulla costa, esse sono, a un tempo, di maggiore consistenza e qualità e più sottoposte alla pressione di interventi finalizzati unicamente al loro sfruttamento economico. Oltre alle specifiche iniziative di valorizzazione ambientale e sociale prevedibili per la diverse componenti del sistema costiero (Costa dei barbari, Baia Sistiana, Duino, Villaggio dei Pescatori, Risorgive del Timavo), cui in parte si è già fatto cenno, meritano d’essere prese in considerazione alcune specifiche ipotesi quali: (i) la realizzazione di un percorso pedonale (eventualmente affiancato, dove possibile, da piste ciclabili e tratti di itinerario ippico) che dalle sorgenti del Timavo, attraverso un percorso litoraneo di costa tra il Villaggio dei Pescatori e Duino, riprenda il Sentiero di Rilke e, proseguendo oltre la Costa dei barbari e Santa Croce, si connetta al Sentiero di Kugy e perciò, attraverso la Strada napoleonica fino ad Opicina e la Val Rosandra, percorra l’intera provincia fino a Muggia; (ii) la realizzazione del parco delle Risorgive del Timavo, anche come ideale cerniera tra il sistema costiero e quello costituito dalle numerose risorse storiche e naturali del Carso interno; (iii) la valorizzazione del complesso edilizio e culturale costituito da Duino e dalla presenza in esso dello storico castello dei duchi di Turn und Taxis e del Collegio del Mondo Unito.

NOTE

(1) è opportuno a questo punto precisare cosa si intende con queste espressioni. Per tutela dell'"integrità fisica" del territorio si intende la considerazione dei connotati materiali essenziali dell'insieme del territorio e delle sue componenti (sottosuolo, suolo, soprassuolo naturale, corpi idrici, atmosfera) e la loro preservazione da fenomeni di alterazione irreversibile e di intrinseco degrado, in termini atti a perseguire la conservazione, od il ripristino, o la ricostituzione, di situazioni di equilibrio, anche dinamico, sia reciproco tra le componenti naturali ed i loro processi evolutivi e/o autoriproduttivi, sia tra il contesto ambientale e la vita umana, considerata come fruizione del primo a scopi di mantenimento degli individui e di perpetuazione della specie, di produzione di beni mediante azioni intenzionali di trasformazione, di insediamento. Per tutela dell'"identità culturale" del territorio si intende il mantenimento dei connotati conferiti all'insieme del territorio, e/o a sue componenti, dalla vicenda storica, naturale ed antropica, mediante la preservazione delle testimonianze materiali di tale vicenda, l'identificazione delle regole che vi abbiano presieduto e la conservazione delle caratteristiche, strutturali e formali, che ne siano espressioni significative, in quanto risultato della permanenza di tali regole ovvero di particolari eventi od azioni umane, attraverso attività di manutenzione, restauro, ripristino, degli elementi fisici in cui, e per quanto, tali caratteristiche siano riconoscibili, nonché attraverso utilizzazioni coerenti con esse.

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