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Gian Antonio Stella
Lei è deforme? Per favore si nasconda
10 Aprile 2004
I tempi del cavalier B.
Una bella risposta di Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera dell’8 settembre 2003, all’ignobile iniziativa di alcuni sindaci dell’Italia a rovescio.

A mezzo millennio dal linciaggio di Amboise Paré, uno dei fondatori della chirurgia moderna accusato di pubblicazioni «indecenti» per avere osato inserire nei suoi libri di medicina illustrazioni esplicite di piaghe purulente, facce sconvolte dalla lebbra, gambe mozze e malformazioni varie, il sindaco di Vicenza Enrico Hullweck ha deciso di celebrare l'Anno internazionale dei disabili tornando su uno dei grandi temi dei secoli bui: la «deformità ributtante». La quale, come spiega l'ordinanza 25021, è oggi proibita in tutto il territorio berico. Il divieto è contenuto nell’ormai famigerato catalogo di regole fissate per disciplinare l’attività dei mendicanti. Regole che, già censurate da vari commentatori, stabiliscono come ogni accattone debba lasciare «uno spazio libero per il transito dei pedoni di almeno un metro» o che tra l’uno e l’altro debba «esservi una distanza non inferiore a metri 200». Che il Vangelo parli della carità in modo diverso, lasciamo stare: se la vedrà il sindaco. Che l’assedio di questuanti sia spesso fastidioso e professionistico è vero. Che lo sfruttamento di tanti bambini sia pianificato da bande criminali è sotto gli occhi di tutti. Ma la delicatezza del tema è tale da obbligare ogni persona a pesare le parole. E qui non sono state pesate.

Forse il sindaco voleva mettere in guardia i truffatori che ostentano menomazioni false. E nessuno avrebbe da ridire: le gambe mozze che mozze non sono o gli occhi vitrei che vitrei non sono, rappresentano un insulto per i disabili veri.

Ma qui non si vietano solo l'imbroglio o l'ostentazione esibizionistica, che vanno colpiti con la massima severità. Si vieta «la mendicità invasiva ovvero aggravata mostrando nudità, piaghe, amputazioni o deformità ributtanti».

E su questo, al di là di ogni giudizio sull'ordinanza, non ci siamo proprio: possono una piaga, un'amputazione o una deformità, chiunque ne sia il portatore, essere definite oggi, nel Terzo Millennio, «ributtanti» come ai tempi in cui la madre e la sorella di Ben Hur andavano a ficcarsi in fondo a una caverna per celarsi agli occhi del mondo? Eppure il sindaco vicentino non merita di essere messo, lui solo, in croce: prima di lui, l'hanno fatto a decine.

Questo è il punto. Il concetto antico e odioso di «deformità ributtante», così osceno e offensivo per ogni disabile, è rimasto appeso come un refuso in decine e decine di regolamenti comunali dove ogni impiegato, per fare prima, ha copiato il regolamento di altri. Che poi ogni sindaco ha firmato senza dare peso alcuno alla carica insultante di certe parole. E puoi trovarlo nei «decaloghi» di grandi città come Milano e di paesi come Solaro, di città amministrate dalla destra come Trieste o dalla sinistra come La Spezia. E nelle stesse pagine, dalla piemontese Galliate all'umbra Narni, puoi scovare il divieto di lasciar circolare liberamente i «deficienti». Vale a dire i disabili mentali nel linguaggio sbirresco e raggelante di un tempo.

Certo, insieme con il divieto di «pascere o far pascolare animali, domarli, addestrarli, ungerli, strigliarli, tosarli e ferrarli» che in via Montenapoleone suona surreale, si tratta di residui. Come i fiori sul fondo delle bottiglie di vino. Ma chi amministra non potrebbe preoccuparsi di dare una ripulita, oltre ai parchi, anche a certe leggi comunali spesso più indecorose di un giardino trascurato? «E' una vergogna: il sindaco di Vicenza e tutti gli altri dovrebbero usare meglio le parole, che mai come in questi casi sono pietre», accusa Pietro Barbieri, presidente della «Fish», la Federazione italiana per il superamento dell'handicap che raggruppa una trentina di associazioni, «Non esistono malattie "ributtanti". E' un concetto vergognoso. Non esistono nel pilota Alex Zanardi, che ha perso le gambe in gara, e non esistono nel mendicante. Un conto è colpire chi sfrutta il portatore di handicap sui marciapiedi, un altro usare parole così. Si vergognino, lui e gli altri. E il vecchio che sbava? E il bimbo down? Turbano anche loro il decoro cittadino? C'è dietro un'idea della "normalità" che mette spavento. Di questo passo si torna alla Rupe Tarpea...». Oppure, per non andare indietro fino al dio zoppo Efesto o a Polifemo dall'occhio solo, a un'idea dell'handicap come «scherzo mostruoso della natura», frutto d'una punizione dei peccatori. Dove i gobbi e i dementi dovevano le loro sofferenze alla madre «che troppo a lungo rimase seduta durante la gravidanza». Dove la Taxa Camerae di Leone X stabiliva che «i laici contraffatti o deformi che vogliano ricevere ordini sacri e possedere benefici, pagheranno alla cancelleria apostolica 58 libbre, 2 soldi».

Dove Caterina de' Medici si vantava di possedere sei nani, Re Sigismondo di Polonia nove e il cardinale Vitelli 39. Dove il povero John Merrick, che aveva avuto la testa schiacciata mentre ancora era nel grembo della mamma finita sotto un elefante, veniva trascinato per l'Inghilterra vittoriana come un fenomeno da circo: «Elephant Man». Per non parlare dell'«orrore spettacolare» che Phineas Taylor Barnum sollevava portando in giro la donna barbuta e la bambina coi mustacchi, la gigantessa Anna Swan e i due «selvaggi australiani» che in verità erano microcefali dell'Ohio. Tutti deformi, tutti «ributtanti».

Ma più ancora, vale la pena forse di ricordare a Hullweck e ai suoi colleghi tre brani che non riguardano i «soggetti appartenenti a varie nazionalità» di cui parla il sindaco vicentino nella sua ordinanza. Il primo è di Charles Dickens su Pisa, città di mendicanti dove ogni «sfortunato visitatore» era «circondato e assalito da mucchi di stracci e di corpi deformi». Il secondo della rivista americana Leslie's Illustrated del 1901: «C'è una gran quantità di malattie organiche in Italia e molte deformazioni, molti zoppi e ciechi, molti con gli occhi malati. Questi, da bambini, prima di essere abbastanza vecchi da barattare le proprie afflizioni, vengono esibiti dai loro genitori o parenti per attirare la pietà e l'elemosina dei passanti». Il terzo è del New York Times : «Tra i passeggeri di terza classe del "Vatorland" c'erano ieri 200 italiani, che il sovrintendente Jackson definì la parte più lurida e miserabile di esseri umani mai sbarcati a Castle Garden. Mentre sfilavano a terra il personale rabbrividiva alla vista di un oggetto spaventosamente deforme che zoppicava su tutti e quattro gli arti come un cane. Le dita di entrambe le mani erano contorte in modo impressionante ed erano coperte di bitorzoli. Le gambe erano senza forma e corte in maniera anormale, una più lunga dell'altra e una era interamente paralizzata». Una visione dell'handicap davvero «ributtante». Era il 1879. Più di un secolo dopo, nell'Anno del disabile tanto strombazzato, li vogliamo cambiare questi regolamenti?

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