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Dario Predonzan
WWF: “Serve il Parco, non la deregulation urbanistica”.
21 Aprile 2004
Il Carso
Il WWF interviene sui vincoli, derivanti dal PRG di Duino Aurisina, che penalizzerebbero l’agricoltura sul Carso, con una lettera inviata al Piccolo il 14 aprile 2004

Non è tanto la sovrabbondanza di vincoli e burocrazia ad ostacolare (come ha lamentato di recente il noto viticoltore Edi Kante) l’attività agricola sull’altopiano carsico, quanto la mancanza di strumenti adeguati per la pianificazione e la tutela del territorio.

Infatti, se l’attività agricola e l’allevamento tradizionali costituiscono un elemento essenziale per la conservazione del paesaggio storico e naturale del Carso, è chiaro che ciò deve avvenire rispettando nel contempo le straordinarie peculiarità naturalistiche di questo territorio (i campi solcati, le doline, gli ecosistemi indispensabili per la vita delle specie vegetali e animali che rendono quest’area unica in Europa dal punto di vista della biodiversità), le quali rappresentano anche un ovvio fattore di richiamo turistico.

Uno degli strumenti per far convivere armonicamente la conservazione di questo straordinario patrimonio con le attività tradizionali (e favorirne la valorizzazione), è rappresentato dal Parco del Carso, che tra l’altro consentirebbe anche di semplificare e ricondurre in capo ad un unico ente (il Parco, appunto) le competenze oggi sparpagliate irrazionalmente tra i Comuni, la Provincia, i vari uffici regionali, ecc.

Sarebbe questa anche l’occasione per eliminare vincoli – come quello idrogeologico – che in Carso (come osserva giustamente Kante) non hanno alcun senso.

Peccato che la proposta del Parco (internazionale, perchè il Carso è uno solo, di qua e di là dal confine : il WWF lo chiede da oltre 15 anni) non abbia finora suscitato alcun interesse reale in chi occupa le istituzioni.

Il perchè lo spiega – involontariamente - l’intervento del vicesindaco di Duino-Aurisina, Romita, il quale nel replicare a Kante (sul PICCOLO del 13 aprile scorso) non trova di meglio che rivendicare a merito della propria amministrazione la variante “agricola” al piano regolatore.

Peccato si tratti di uno strumento che, con il pretesto di favorire l’agricoltura, apre in realtà all’edificazione praticamente ogni area classificata “agricola” sul territorio comunale.

Si vorrebbe infatti diminuire drasticamente la superficie minima di territorio coltivato che da’ diritto ad edificare. Verrebbero ammesse poi nuove edificazioni - anche residenziali - non soltanto per gli agricoltori, ma anche per i parenti di primo grado.

Agli agricoltori “non a titolo principale”, cioè in pratica a chiunque, verrebbe inoltre consentito di edificare 150 metri cubi (destinati a qualsivoglia uso) in qualsiasi punto di qualsiasi zona agricola.

Si ammetterebbe ancora la proliferazione dei “capanni per attrezzi” e la costruzione di serre di grandi dimensioni (fino a 7 metri di altezza).

Non basta : la variante permetterebbe di modificare le destinazioni d’uso di qualsiasi edificio nelle zone agricole (da produttivo a residenziale e viceversa). E così via.

Porte aperte, quindi, alla “villettizzazione” del territorio, alla sua banalizzazione paesaggistica ed al degrado naturalistico. Altro che agricoltura !

Ulteriore prevedibile effetto della variante “agricola” sarebbe quello di innalzare a dismisura i prezzi correnti dei terreni. Una volta rese edificabili anche le aree agricole, infatti, è evidente che il loro costo salirebbe di molto rispetto ad oggi, con evidenti danni per i veri agricoltori, che dovessero trovarsi nella necessità di acquistare terra per ampliare le proprie aziende.

Siccome sul cemento non crescono nè viti, nè altro, sembra evidente che la variante “agricola” in questione rappresenti un esempio di ciò che i veri agricoltori del Carso dovrebbero aborrire con tutte le forze.

E’ anche, purtroppo, evidente, che fino a quando i destini del Carso saranno affidati a culture amministrative e politiche come quelle che ispirato la suddetta variante di Duino-Aurisina, c’è da temere il peggio per questo territorio. La speranza è che questo strumento venga perciò cassato da chi ne ha il potere (la Regione), perchè altrimenti si porrebbe una pesante ipoteca sul futuro di una parte essenziale dell’altopiano, condannandolo probabilmente alla definitiva banalizzazione e quindi al disvalore tanto ambientale, quanto – in definitiva - economico.

Ringraziando per l’ospitalità che spero possa essermi concessa, porgo i più distinti saluti

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