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Luigi Piccinato
"Urbanistica", Voce dell'Encicolpedia Italiana (1937)
31 Marzo 2004
Urbanisti Urbanistica Città
Pratica e teoria sono strettamente legate nell’esperienza e nell’nsegnamento di Luigi Piccinato, come testimonia la sua stesura della voce”Urbanistica” dell’Enciclopedia Italiana (1937). Forse il primo contributo sistematico all’urbanistica, nei suoi riferimenti alla città e alla formazione dell’urbanista.

I vocaboli che nelle varie lingue designano l’ «arte di costruire le città» non sono, a rigor di termini, sinonimi. Il tedesco Städtebau e l’inglese townplanning esprimono propriamente il fatto materiale dell’edificazione urbana: studio di un piano, sistemazione degli spazî liberi, costruzioni stradali ed edilizie. E tale era anche il significato di edilizia cittadina e quello de l’art de batîr les villes in uso specialmente alla fine del sec. XIX. Il vocabolo francese urbanisme e il corrispondente italiano urbanistica hanno invece un significato più vasto, comprendendo non solamente il fatto materiale del piano regolatore, ma tutto il complesso delle discipline che hanno per oggetto i varî aspetti della vita degli agglomerati urbani. L’ urbanistica dunque si potrebbe definire come «lo studio generale delle condizioni, delle manifestazioni e delle necessità di vita e di sviluppo delle città» (cfr. il programma de La vie urbaine). Il fine pratico cui tende l’urbanistica è quello di dettare le norme per l’organizzazione e il funzionamento di una vita urbana che sia a un tempo bella, sana, comoda ed economica.

Tale fine pratico è raggiunto mediante il piano regolatore sostenuto da regolamenti, da leggi e da organizzazioni amministrative. È appunto attraverso il «piano regolatore» che l’architetto urbanista si esprime, ricomponendo in sintesi gli elementi analizzati attraverso lo studio, Nel piano regolatore è espressa, quindi implicita, la conoscenza di tutte le discipline che contribuiscono allo studio della vita urbana: discipline che porgono e offrono il materiale di lavoro per la «composizione» urbanistica rappresentata dal piano regolatore.

L’urbanistica in generale guarda dunque all’evoluzione della città nella sua totalità, poiché la città si può considerare come un essere vivente in continua trasformazione, sottomesso a influenze che è facile studiare isolatamente, ossia analizzare, ma che non agiscono che in massa, ossia per sintesi.

Le materie e gli elementi che l’urbanistica principalmente assume a base di studio e che offrono all’architetto urbanista le forze operanti per la composizione del piano regolatore, si possono riassumere, oltre che nella specifica cultura tecnica, architettonica ed edilizia, nelle seguenti:

- lo studio analitico storico dei piani delle città;

- l’igiene urbana;

- la statistica;

- la legislazione;

- la tecnica dei servizî pubblici;

- l’economia e la politica

Per quanto riguarda il fatto materiale delle applicazioni dell’urbanistica vedi CITTÀ; PIANO REGOLATORE; PIAZZA; STRADA ecc., qui è utile riassumere le posizioni fondamentali raggiunte dalla moderna urbanistica nello studio teorico di alcune delle materie suaccennate.

Studio analitico storico dei piani delle città

Nello studio e nell’analisi dei piani l’urbanistica moderna pone anzitutto una chiara distinzione tra origine del piano e origine della città: il primo può trarre la sua forma e la sua struttura da ragioni del tutto diverse, e anche talvolta opposte, da quelle che hanno determinato la seconda. Le determinanti del tracciato di un piano dipendono da quattro cause:

1. intervento volontario dell’uomo;

2. dati materiali della topografia;

3. funzione urbana;

4. teoria.

Nei riguardi della 1a determinante, l’urbanistica fa una prima importante distinzione tra città a «formazione spontanea» e città «create». Questa distinzione non coincide affatto con l’altra (assunta specialmente dagli studiosi dello scorso secolo) di città «a piano irregolare» e «città a piano regolare» poiché la regolarità o l’irregolarità del piano non bastano per fare ammettere o far negare l’intervento volontario dell’uomo. Esistono infatti città a piano regolare di formazione spontanea (per es., le città generate da crocevia) e altre irregolari ma create secondo un piano preordinato (per es., Pergamo).

Nei riguardi della seconda determinante, i dati topografici, l’urbanistica ricerca attraverso l’analisi del piano, la «generatrice» la quale può essere di vario carattere: una «visuale» (per es., la visuale di un monumento come a Strasburgo o come in moltissime composizioni del Rinascimento in Italia); la strada (esistono infatti città a generatrice stradale di vario tipo: a spina di pesce, a fuso, a emisfero, a meridiani); un fiume (qui la generatrice può essere o la riva del fiume il cui andamento si riproduce in quello delle strade, per s. Berna, oppure il ponte il quale motiva la generatrice stradale, per es., Verona); il mare (spiaggia rettilinea, generatrice di scacchiera, per es., Fiume; concava, generatrice di sistema radiale, per es. Galata a Costantinopoli); il monte (città ad acropoli, per es., Chianciano); monumenti; castelli; mercati, ecc.

Nei riguardi della terza determinante, la funzione urbana, l’urbanistica studia il piano come risultante di tutte le forze politiche, religiose, economiche, ecc., le quali costituiscono una «dinamica urbana». Così le determinanti funzionali possono essere: militari (città-fortezze); politiche (città capitali, residenze di corti, ecc.); intellettuali (città universitarie); economiche (città industriali, commerciali, carovaniere).

Nei riguardi infine della quarta determinante, la teoria, l’urbanistica studia nel piano il processo informativo dominante di una teoria preconcetta nella distribuzione del piano regolatore. Ogni epoca storica infatti ha posto a base di creazioni urbanistiche i postulati di veri e proprî sistemi teorici preconcetti. Essi sono rintracciabili fin nella più remota antichità e si possono riassumere nelle due fondamentali concezioni del sistema della scacchiera e del sistema radio-concentrico. Questi sistemi rappresentano due posizioni tipiche le quali sembrano percorrere il cammino di tutta la storia dell’urbanistica.

Il sistema a scacchiera trova la sua origine negli «allineamenti orientati» delle capanne della civiltà preistorica ed è portato a compiuto sviluppo dagli Egizî, dai Greci, dagli Etruschi, dai Romani.

Il sistema radiocentrico si riallaccia alle impostazioni circolari e anulari di alcuni popoli primitivi orientali, trova la sua prima espressione compiuta nelle città circolari degli Hittiti e degli Assiri finchè nel Medioevo viene posto a base di molte creazioni urbane dell’Asia Minore, della Francia, dell’Italia, della Germania. Nel Rinascimento infine diventa sistema fondamentale per i trattatisti italiani e francesi per cedere nuovamente il posto, nel sec. XIX, al sistema a scacchiera delle città americane.

Accanto a questi due schemi principali potrebbe trovar posto qualche altra teoria, quale quella tipica dovuta a Léon Lalanne (1863) il quale, partendo dalla considerazione che, sia nel sistema a scacchiera sia in quello radiocentrico, i percorsi stradali in diagonale (secondo l’ipotenusa) mancano, esistendo invece solo quelli più lunghi secondo i cateti, pensò di realizzare uno schema a percorsi brevissimi adottando un sistema esagonale. Questa disposizione permette effettivamente di mettere in comunicazione tutti i punti della figura attraverso percorsi o diretti rettilinei oppure a tratti rettilinei disposti secondo un angolo di 120°.

Più o meno aderenti a questi principali schemi teorici o da questi derivati sono i «sistemi» urbani ideali i quali, anche quando sembrano allontanarsene notevolmente, pure ad essi possono sempre essere ricondotti quando se ne riduca la struttura a semplice schema.

Igiene urbana

Nei riguardi dell’igiene urbana la tecnica moderna è giunta a importantissime conclusioni le quali da sole sono state sufficienti (a parte ogni altra questione inerente ai problemi del traffico e a quelli edilizî) a trasformare, per non dire addirittura a rivoluzionare, la struttura dei piani regolatori. Uno sforzo costante dell’urbanistica nel campo igienico è diretto a diminuire in ogni modo la mortalità, la morbilità e tutte le cause che possono perturbare una vita cittadina sana, silenziosa, tranquilla. Lo scopo viene raggiunto anzitutto adottando i tipi edilizî «aperti» anziché quelli «chiusi» o per lo meno sostituendo alla tipica edilizia residenziale del secolo scorso basata su costruzioni intensive a cortile chiuso, una edilizia composta di elementi lineari (quindi senza cortili) orientati secondo l’asse eliotermico o all’incirca da N. a S. per le costruzioni a corpo di fabbrica triplo; da E. a O. per le costruzioni a corpo di fabbrica doppio. Il distanziamento di detti corpi di fabbrica lineari non dovrebbe in nessun caso essere minore dell’altezza dell’edificio; meglio se doppio dell’altezza stessa. Alcuni regolamenti edilizî moderni giungono fino a prescrivere un distanziamento quadruplo dell’altezza ossia un angolo compreso tra i 25° e i 18° (Stoccolma e Budapest) per la «diagonale stradale». In secondo luogo l’igiene urbana (congresso di igiene di Dresda, 1929) tende ad aumentare la percentuale di zone verdi (campi sportivi, campi di giuoco, prati per i bambini, giardini per scuole, ecc.) spettanti ad ogni abitante. Attualmente la tecnica prescrive che le zone libere (campi sportivi, cimiteri, campi di aviazione, giardini, boschi, ecc.) siano commisurate in ragione di circa 30 mq. per ogni individuo contro la cifra di 7-10 mq. in uso al principio del secolo. Tutte queste zone verdi vengono ora concepite sistematicamente e distribuite nella compagine edilizia come una gigantesca rete in cui le varie maglie verdi, distando non più di 400-500 m. l’una dall’altra, penetrino dalla periferia al centro urbano, senza essere disturbate dalle arterie di traffico. Questa notevolissima quantità di aree libere che la compagine edilizia deve contenere, ha portato come conseguenza un necessario ingigantirsi della superficie urbana, ossia un’opportuna rarefazione della densità della popolazione: questa, secondo le moderne norme (congresso di Berlino, 1931) non dovrebbe essere superiore ai 100 ab. per ettaro di superficie urbana totale (200 ab. per ettaro di superficie edilizia propriamente detta).

Infine queste norme di spaziamento edilizio tendono a risolvere la città in un complesso urbano policentrico composto di quartieri staccati residenziali (ted. Siedlungen) a grande distanza l’uno dall’altro, i quali fanno capo poi al centro amministrativo e a quello degli affari; ossia la città risolve nella regione (piani regionali).

Statistica

La statistica compone oggi, al servizio dell’urbanistica, il quadro più ampio e più sintetico nello stesso tempo, della vita urbana. I dati che la statistica moderna raccoglie a questo scopo sono disposti con criterî del tutto speciali per rispondere appunto alle domande che la tecnica urbana rivolge.

La popolazione viene classificata: secondo le professioni e le arti, in relazione al tipo di abitazione; secondo l’affollamento (abitanti per vano) e la densità (abitanti per ettaro cittadino, abitanti per costruzioni, abitanti per territorio); secondo il tipo di composizione di vani; secondo il numero dei piani, ecc. L’andamento della natalità, mortalità, morbilità ecc. viene rivelato, e, ridotto in percentuali, esso mostra l’efficacia dei provvedimenti presi o denunzia l’urgenza e la necessità di altri. Così, ad esempio, la statistica ha confermato la bontà del sistema edilizio a decentramento con spaziatura per mezzo delle zone libere, rivelando la notevolissima diminuzione della mortalità nelle città con minore densità edilizia.

Le città della Germania che hanno messo in atto la politica delle zone verdi hanno visto calare di 6 e anche di 10 punti la mortalità relativa a 1.000 abitanti. In Italia la minore mortalità è presentata da La Spezia col 10‰, città a bassa densità e costruita prevalentemente con edilizia a corpi di fabbrica lineari orientati: mentre la massima mortalità è presentata col 17‰ da Napoli città mancante quasi del tutto di zone libere e sovraffollata in maniera notevole. Tra le città europee i posti più favorevoli sono occupati da Stoccarda e da Oslo; quelli favorevolissimi dalle città giardino inglesi con l’indice del 6‰.

Speciali criterî di classifica adotta poi la statistica nei confronti dei dati relativi a superfici edilizie; traffico stradale, ferroviario, portuario, ecc.; industrie, agricoltura, produzioni, ecc. ricchezza e tributi; ecc. Tutti i risultati dell’indagine statistica vengono ordinariamente riassunti ed espressi in quadri o diagrammi spesso topografici i quali rendono molto chiara ed efficace la rappresentazione del problema.

Legislazione

Potente ausilio all’urbanistica porge la legge, la quale dà senz’altro l’arma per disciplinare, guidare e sorreggere il piano regolatore.

La legislazione urbanistica ha raggiunto in questi ultimi anni importantissime posizioni tendenti tutte a disciplinare e guidare l’edilizia in un quadro unitario, quello previsto dal piano regolatore. In questo quadro l’interesse del singolo appare sempre più subordinato all’interesse collettivo e in questo anzi tende a risolversi. Naturalmente, se da un lato l’uso della proprietà privata ne risulta sempre più limitato, dall’altro la proprietà privata trova nel piano regolatore un mezzo di valorizzazione del quale si avvantaggia la collettività e quindi anche il singolo.

In Italia la legislazione urbanistica è ferma ancora alla legge (priva di regolamento) del 1865 e quindi purtroppo, ancora in attesa di una necessaria completa riforma, non può essere di grande ausilio all’urbanista; negli altri paesi invece sono state da tempo dettate norme di legge rispondenti appieno alla necessità dei progressi della tecnica urbanistica.

In particolare l’Inghilterra gode del Town and Country Planning Act del 1932 il quale ha sostituito il Town Planning Act del 1925. Questa legge autorizza la compilazione di piani regolatori anche regionali; assicura la protezione delle zone verdi, dei monumenti e delle bellezze panoramiche; impone tributi ai proprietarî; facilita gli acquisti dei terreni per le città giardino. L’espropriazione avviene con valutazione di indennità per mezzo di arbitri. I piani regolatori possono essere di massima ed esecutivi. Speciali norme vietano gli sviluppi edilizî in zone o regioni in cui si reputi che ciò sia antieconomico per la collettività.

La Francia ha importanti leggi, le più recenti delle quali sono quelle del 14 marzo 1919, del 19 luglio 1924 e 19 maggio 1932. Queste leggi dispongono: che i piani siano formati solo da esperti in urbanistica e che l’esame e l’approvazione dei piani siano affidati a un organo consultivo unico. Esse disciplinano l’edilizia dando all’urbanistica la facoltà di limitare gli sviluppi urbani e di guidarli nelle sole zone adatte vietando le costruzioni nelle zone che richiedono servizî antieconomici. Esse vincolano le aree destinate ai pubblici edifici e servizî e facilitano l’opera dell’urbanista dandogli facoltà di imporre le zone edilizie, le classi edilizie e i regolamenti edilizi.

La Prussia possiede un importante corpo di leggi urbanistiche le cui principali sono: la legge del 1875 (Fluchtliniengesetz), quella del 1902 (Lex Adickes) e quelle del 1922 e del 1931. I concetti principali seguiti in queste importanti leggi sono quelli di autorizzare (oltre alle norme generali per la formazione dei piani) l’allineamento duplice delle costruzioni (Strassenfluchtlinie e Baufluchtlinie), ossia un allineamento edilizio indipendente da quello stradale, e la ricomposizione o rifusione (Umlegung) delle parcelle edilizie (Lex Adickes).

Più importante ancora delle suddette legislazioni è la legge sassone del 20 luglio 1932 che rappresenta finora il complesso organico di norme più perfetto e più unitario che esista in Europa. Con essa si autorizzano due tipi di piani: il piano generale di distribuzione (Flachenaufteilungsplan) e il piano edilizio e regolatore (Bebauungsplan). Questa legge dà facoltà di fissare e determinare un vero e proprio zoning, di prescrivere gli allineamenti sia stradali sia edilizî, di rifondere e ricomporre le parcelle, di imporre il proporzionamento tra area coperta e scoperta nelle varie classi edilizie. Essa inoltre detta importanti e minuziose norme edilizie e precisa tipi edilizî.

Accanto a questa moderna legislazione urbanistica va posta quella dei paesi minori che ad essa hanno ispirato i proprî recenti provvedimenti legislativi. Così la Iugoslavia con le disposizioni del 1925 e con la legge del 1931; così la Turchia con la legge del 1927; la Svezia con quella del 1931. Comunque lo spirito di tutte queste leggi straniere moderne è:

- di concedere all’urbanista la più ampia libertà nel fissare e stabilire le zone edilizie, impedendo invece l’edificazione dove egli non lo reputi opportuno;

- di rifondere e ridistribuire le parcelle della proprietà privata in vista di una migliore e più bella utilizzazione;

- di riservare alla comunità le aree destinate all’uso pubblico e agli edifici pubblici;

- di imporre gli allineamenti agli edifici privati prescrivendo per essi anche i tipi, le altezze, la forma e l’uso;

- di dettare, in materia di edilizia, norme circa l’igiene, l’estetica, la sicurezza;

- di vincolare ampiamente la proprietà privata dettando nel contempo le norme per l’espropriazione.

Tecnica dei servizî pubblici

La tecnica moderna dei servizî pubblici, e specialmente quella dei trasporti collettivi, consente all’urbanista di guardare alla città non più come a un sistema limitato, conchiuso e, in un certo senso, inerte. Con la possibilità di realizzare facilmente lo spostamento rapido di grandi masse di cittadini e con quella di offrire a questi, in zone anche lontane dai grandi centri, tutte le comodità di vita che la tecnica moderna può permettere, l’urbanista può oggi infatti guardare alla città come a un vastissimo organismo aperto verso la campagna e, praticamente, senza limiti.

Queste possibilità hanno dunque distrutto il vecchio concetto di «città» quale organismo limitato contrapposto alla «campagna» e gli hanno sostituito quello moderno di «regione» nel quale il primo tende a risolversi. L’intera regione può oggi partecipare alla vita urbana, disponendo di varî centri di vario carattere collegati tra loro mediante le maglie del piano regolatore stradale. Cosicchè, al limite, la città moderna si può considerare composta da un sistema di nuclei urbani a carattere residenziale, distanziati tra loro da zone libere e disposti in modo da poter servire i varî centri di produzione: il centro degli affari; il centro amministrativo; il centro industriale; il centro portuale e commerciale; il centro dello studio, ecc.

Il mezzi di trasporto collettivo, che alla fine del secolo scorso favorirono così prepotentemente il concentramento con la loro azione centripeta, oggi, grandemente sviluppati e potenziati, rappresentano il migliore mezzo per il decentramento urbano. E se le grandi metropoli del secolo scorso hanno dovuto ricorrere a mezzi di fortuna per le rapide comunicazioni foranee (ferrovie sotterranee, metropolitane), oggi, la città moderna, dispone a priori i grandi mezzi rapidi di comunicazione regionale in superficie, riservando per essi nel piano regolatore apposite strisce di terreno libero destinate allo svolgersi delle linee in superficie. I trasporti automobilistici e filoviarî hanno poi portato un grandioso contributo avvicinando tra loro i centri delle regioni urbane.

Economia e politica

Quanto abbiamo succintamente esposto offre un quadro sintetico delle posizioni generali raggiunte dalla tecnica urbanistica in varî settori: in questo quadro gli antichi canoni dell’arte di costruire le città appaiono sostituiti dai nuovi che consentono, anzi impongono, una struttura urbana diversa dall’antica. Va da sé che anche gli antichi concetti amministrativi (politici ed economici) che presiedevano a detta struttura ne risultano sovvertiti e sostituiti da altri più aderenti al moderno «fatto urbanistico».

In una città moderna ad espansione regionale il limite amministrativo risulta notevolmente ampliato poiché, oltre che nell’interesse della città, si deve tener conto delle necessità degli altri centri regionali. Ecco perché la tendenza dell’urbanistica moderna nel campo amministrativo è quella di dare vita a un organo tecnico superiore, il quale dia norma urbanistica a varî centri amministrativi equilibrando i varî interessi in vista di un vantaggio generale. In Italia in questo senso poco è stato fatto: alcune grandi città hanno assorbito i comuni vicini, in altri casi alcuni comuni finitimi sono stati fusi in uno solo dando vita ad un unico e più grande organismo urbano. All’estero invece sono stati favoriti i consorzî di comuni, ai quali è stato imposto un superiore ufficio tecnico incaricato di organizzare la loro vita urbana in rapporto alle necessità generali della regione. Fondendo più organismi amministrativi in un solo si addiviene, in fondo, a una concentrazione; con i consorzî, molto più opportunamente, si conserva l’aspetto policentrico amministrativo, concentrando solo i poteri tecnici.

Comunque, nell’urbanistica moderna le forze politiche, quelle amministrative e quelle tecniche influiscono potentemente sulla economia della città. L’economia infatti, nella città moderna, tende a risolversi in un certo senso in quella della regione stessa e a coincidere con questa, sicché non è facilmente pensabile oggi un organismo urbano vivente fuori del quadro di un’economia nazionale o, quanto meno, regionale. L’urbanista può regolare e disciplinare i valori edilizî molto più efficacemente di quanto non lo potesse in passato, sia predisponendo zone di sfruttamento edilizio, sia creando nuovi impianti che possono diventare centri di lavoro e di produzione, sia favorendo decentramenti in determinate direzioni mediante predisposti trasporti collettivi. Ma oggi più che mai, l’urbanista deve tener conto del quadro nel quale agisce e dell’economia della regione nella quale egli opera.

In Italia (come del resto all’estero) l’urbanistica ha fatto grandissimi progressi specie nell’ultimo ventennio, per il grande risveglio edilizio succeduto alla guerra mondiale. Ma mentre la tecnica dell’urbanistica ha raggiunto notevoli posizioni, la relativa legislazione italiana è rimasta invece ferma alle prescrizioni della metà dello scorso secolo , togliendo così all’urbanistica la possibilità di operare modernamente indirizzando gli sviluppi urbani, regolando le trasformazioni delle antiche città, disponendo i valori edilizî secondo una più moderna e più economia distribuzione.

Così, accanto a una tecnica progredita, manca finora in Italia una forza amministrativa capace di secondarla e di realizzarne i postulati.

L’insegnamento dell’urbanistica viene impartito dal 1921, con l’istituzione delle facoltà di architettura nelle università. L’insegnamento è biennale e consta di due corsi: il primo contempla la storia dell’urbanistica e le istituzioni della tecnica edilizia, il secondo la composizione e lo studio dei piani regolatori, lo studio generale della legislazione e quello dell’igiene urbana. Esiste inoltre presso l’università di Roma una scuola di perfezionamento in urbanistica per i laureati delle facoltà di architettura e d’ingegneria civile. Ha sede a Roma anche un Istituto nazionale di urbanistica il quale pubblica una rivista e ha per scopo la propaganda della cultura e della conoscenza dei problemi urbanistici.

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