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Sergio Rizzi
Pianificazione a Campo nell'Elba
20 Marzo 2004
L'isola d'Elba
Un'ampia nota di Sergio Rizzi, dell'agosto 2003 illustra la situazione urbanistica dell'Isola d'Elba, e i rischi del patrimonio che l'isola costituisce

Dopo il “rito ambrosiano”, “la pratica meneghina di piegare le norme al variare delle circostanze” (per dirla con De Lucia) e il “pianificar facendo” romano, “sinonimo eufemistico dell’urbanistica contrattata alla milanese” (sempre Vezio De Lucia nel “Giornale dell’Architettura”, maggio 2003) potrebbe essere il “centro-sinistra “moderno”“ a determinare il nuovo modo di fare urbanistica.

Così infatti, a domanda specifica, sembra essersi definito il gruppo dirigente del Comune di Campo nell’Elba, impegnato a prospettare, con Piano di Edilizia Economica e Popolare, Piano Spiagge e Piano Strutturale, linee e strategie di intervento sul territorio Campese.

Questa Amministrazione è la riconferma pressoché integrale del precedente Centro-Sinistra, a meno del Sindaco, evidentemente poco “moderno” perché non più ripresentato, nonostante si dovesse proprio alla sua immagine il clamoroso successo elettorale di allora (1995), dopo 20 anni di balena bianca, e l’apertura, a fronte di un lungo periodo di mancata Pianificazione (il Comune era dotato di un semplice Programma di Fabbricazione primi anni ‘70), di una nuova significativa stagione urbanistica. Coincideva, quella elezione, con l’emanazione della nuova Legge Regionale Toscana (la n° 5 del gennaio ’95) una Legge che promuove una grande apertura di credito (non sempre ben corrisposta) nei confronti degli Enti Locali nella determinazione pressochè autonoma dei propri strumenti urbanistici.

La coincidenza favorì indubbiamente, non solo come stimolo, l’interesse amministrativo ad assegnare significato ad indirizzi programmatici, obiettivi, finalità da perseguire e indicazioni strategiche per il governo del territorio, un orientamento finalizzato, dopo tanti anni di silenzio urbanistico, alla determinazione degli strumenti propedeutici di sostegno per la nuova pianificazione.

Lo studio fondamentale di questa linea di sostegno propedeutico, peraltro previsto dalla Legge 5 per la valutazione degli effetti sull’ambiente delle scelte di Piano, è il “Progetto Ambientale” che si è sviluppato tramite l’analisi storica dell’uso del suolo delle classi interessate (aree boscate e a macchia, aree agricole, aree a vigna, terrazzamenti, muri a secco, sorgenti, fossi) e delle loro variazioni relazionate alla cartografia di riferimento (1955) con visualizzazione delle trasformazioni all’inizio degli anni ’70, a metà degli anni ’80, a metà degli anni ’90.

La finalità dichiarata era la definizione dei Sistemi Ambientali Invarianti da sottoporre alla Pianificazione per l’organizzazione delle direttive di tutela, dei programmi di valorizzazione ambientale, degli interventi di riqualificazione territoriale e di rilancio dell’attività agricola, nella linea di un intervento di tutela dei valori ambientali attivato con il ripristino funzionale, anche sulla base delle agevolazioni CEE che prevedevano un regime di aiuti finanziari alle colture agricole a condizione che gli interventi avessero “effetti positivi per l’ambiente e lo spazio naturale” e che l’attività impiegasse metodi di produzione compatibili con le esigenze dell’ambiente, delle risorse naturali e del paesaggio. Lo studio interagiva con un complementare “Progetto di recupero delle Sorgenti Montane” e prospettava pure una metodologia di approccio alle Verifiche Ambientali da attuarsi da parte del Piano Strutturale tramite “Matrici” predisposte per mettere in relazione gli interventi provocabili sul Territorio dalle destinazioni funzionali delle diverse aree rispetto alle caratteristiche dell’ambiente naturale. Operativamente, nel rapporto col Piano Strutturale in elaborazione, il Progetto Ambientale prospettava momenti di reciproca verifica per permettere al Piano di utilizzare progettualmente le informazioni che derivavano dall’analisi dell’ambiente e, contemporaneamente, al programma di ricognizione dell’ambiente di verificare la rispondenza delle soluzioni ipotizzate rispetto alle esigenze ambientali.

La scadenza del mandato amministrativo e il conseguente rimando del Piano Strutturale alla prossima Amministrazione non parve problema per nessuno, vista, tra l’altro, la continuità tecnica e l’avanzata elaborazione interattiva col Progetto Ambientale (già approvato) che lo sosteneva. D’altra parte sarebbe stata proprio la pubblicazione delle “linee programmatiche” della successiva Amministrazione (giugno’99) a rendere merito alla precedente Amministrazione “caratterizzata dalla necessità – quasi emergenza – di intervenire su una realtà disaggregata che sembrava aver dimenticato ogni attenzione alla qualità del territorio e dei servizi”, riconoscendo anche che “l’eredità della Amministrazione degli ultimi quattro anni è importante e orientativa”, e soprattutto ricordando come il “Progetto Ambientale” che ha guidato la prima stesura del Piano Strutturale e il “Progetto di recupero delle Sorgenti Montane” abbiano realizzato “una lettura storica del territorio capace di recuperare la cultura antica pur rifuggendo da un immobilismo nostalgico”. Sulla base di queste lusinghiere argomentazioni e a commento di un documento regionale di “Istruzioni” per l’analisi degli effetti ambientali, pubblicato in inizio d’anno (Bollettino Regionale n° 6 del febbraio ’99), dopo un primo momento di assestamento amministrativo, viene presentata sull’argomento alla nuova Giunta una.specifica relazione che, indipendentemente dall’ovvia disponibilità ad operare le eventuali integrazioni, segnala l’omogeneità di analisi e contenuti ecocompatibili svolti sul territorio campese dal Progetto Ambientale a supporto del Piano Strutturale con le menzionale istruzioni tecniche della Regione, peraltro emanate successivamente all’approvazione Consiliare del menzionato Progetto. La disponibilità per un incontro operativo in proposito, pur dichiarata, non viene mai confermata. Per contro il 20 giugno 2000, esattamente un anno dopo le elezioni amministrative, con Deliberazione di Consiglio Comunale il Progetto Ambientale viene accantonato.

Delle aree salvaguardate per qualità ambientale, rilancio dell’agricoltura, tutela dei terrazzamenti e delle vigne, recupero del paesaggio e delle sorgenti montane, un anno prima indicate come capaci di esaltare “la cultura antica pur rifuggendo da un immobilismo nostalgico” non si parla più. Una squisitezza il dispositivo di Delibera che giustifica la riserva di annullamento del Progetto Ambientale con la finalità di “non costituire in alcun modo vincolo allo studio” del nuovo tecnico incaricato.

E’ sostanzialmente questo l’incipit della nuova politica territoriale. Gli eventi successivi, che portarono persino l’estensore del Piano Strutturale ad uscire dall’incarico, avrebbero in qualche misura reso più comprensibili (come si vedrà) le ragioni di quell’accantonamento, non potendo certamente esserci spazio nella nuova urbanistica “moderna” per quel lavoro mirato alla “definizione di un continuo ambientale chiamato a caratterizzare l’area periurbana, proponendosi alla Pianificazione con le finalità di tutela dell’Ambiente, di ricostruzione del Paesaggio, di incentivo al ripristino funzionale, di riconnessione della campagna con l’ambiente urbano”. Intanto l’Amministrazione trova subito un buon alleato nel DUPIM (Documento Unico Programmatico Isole Minori) che propone 10 nuovi porti turistici all’Elba, in aggiunta a quelli già esistenti, “un inno alla cementificazione del mare” come afferma Lega Ambiente. Il cronista del “Tirreno” (20 agosto 2000) informa: “Un impatto ambientale all’interno di un’area simbolo dell’ambiente nazionale (tanto da essere inserita nei Parchi Italiani) che è riuscita a fatica a sopportare le colate di cemento, le violenze urbanistiche lungo le coste dove raramente sono stati applicati i vincoli della legge Galasso. Ora tocca al mare…Nel dettaglio il documento in questione prevede un nuovo porto turistico a Marina di Campo per 750 imbarcazioni, adiacente al porto attuale”. “E’ molto probabile –sostiene Lega Ambiente- che il porto sia previsto sulla costa di Galenzana, un’area protetta dal Parco nazionale e non raggiungibile se non attraverso la realizzazione di nuove strade”.

Accantonate al momento le ambizioni portuali (ma il problema “Galenzana” ritornerà col Piano Strutturale) circa un anno dopo è il Piano di Edilizia Economica e Popolare (PEEP) la nuova prospettiva per l’Amministrazione di Campo. L’istituto delle “Osservazioni”, l’unico strumento di partecipazione dei cittadini, assume in Aula aspetti farseschi: l’Amministrazione si presenta in Consiglio Comunale senza avere elaborato le relative “Controdeduzioni”, sostenendo meravigliata che queste sarebbero dovute emergere dalla discussione consiliare; messa di fronte alle sconosciute disposizioni di Legge, l’Amministrazione improvvisa alcune rapide risposte incaricando della cosa il tecnico estensore del Piano. Molte comunque le Osservazioni dichiarate pervenute fuori tempo; respinte quelle del WWF, è invece la Provincia a dichiarare il proprio parere favorevole, peraltro piuttosto strano considerando la scarsa aderenza del lavoro al Piano Territoriale di Coordinamento (PTC) che dovrebbe costituire il quadro di riferimento primario per la programmazione sul territorio degli Enti Locali.

Commento nell’Osservazione (anch’essa dichiarata fuori termine) che una analisi non troppo superficiale rivela “adesioni piuttosto scarse rispetto agli obiettivi fondamentali del PTC, sia in ordine alle indicazioni mirate alla riqualificazione dei centri minori, sia in ordine alla necessità di contenimento delle espansioni residenziali e commerciali, sia in ordine alla tutela delle risorse ambientali, sia ancora nel merito dei problemi finalizzati al recupero del patrimonio edilizio esistente, sia relativamente alla salvaguardia delle aree e delle colture agricole”. In particolare, pur non entrando in modo specifico nel merito dei numerosi insediamenti previsti, segnalo che “specialmente quelli adiacenti alle Frazioni di montagna e in particolare a S. Ilario, presentano davvero tali errori di valutazione dei rapporti di scala e di immagine con gli insediamenti esistenti da rendere evidente la loro posizione antagonista, specialmente per Carraie e Campotondo (gli insediamenti previsti ai due lati di S. Ilario) nei confronti della morfologia urbana cui si contrappongono nella linea di una totale non considerazione di ogni valore ambientale e paesaggistico. In sostanza per questi, ed anche per gli altri interventi, il dato che sembra emergere in maniera più vistosa…è il disinteresse nei confronti dell’ambiente cui si relazionano, tanto da collocare persino alcuni insediamenti all’interno dello stesso Parco, o sull’estremo limite, una scelta, questa, davvero improponibile e che snatura da sola ogni corretta intenzione iniziale”.

Nello stesso autunno si apre l’incredibile caso dell’abbattimento dei pini. Una breve nota del “Tirreno” (20 nov. 2001) annuncia nel titolo: “Saranno abbattuti i pini di Campo”. Si tratta delle alberature, più che trentennali (qualcosa come oltre 100 piante) messe a dimora nelle vie centrali, Mascagni, Roma, Pietri interessate dal programma di ristrutturazione e di rifacimento delle.pavimentazioni che sarebbe ostacolato dalla presenza di questi alberi, le cui radici affioranti provocano sollevamento di marciapiedi e manto stradale. Nel menzionato articolo un irritato Assessore ai Lavori Pubblici dichiara: “Delle due l’una: o si cerca di rendere praticabile il centro storico anche alle persone che usano le carrozzelle o ci teniamo questi alberi”. Immediata la presa di posizione del WWF (“Una città senza gli alberi è una città senz’anima”), e pesantissime le reazioni contro l’Esecutivo Galli per “un paesaggio che verrà cancellato per sempre”. Il titolare di un noto negozio di abbigliamento sportivo, l’ambientalista “verde” Paolo Franceschetti, è, come pubblica “lisola” (L’informazione dell’Arcipelago Toscano), il “coraggioso responsabile della catena di Sant’Antonio avviata per Internet contro la malaugurata ipotesi di sopprimere la “galleria di pini” di Marina di Campo che, insieme alla lunghissima spiaggia di rena chiara, è uno dei pochi tesori che il paese è ancora in grado di offrire”.

Centinaia le lettere di protesta giunte da ogni parte d’Italia, e tantissime dall’estero. Da Milano scrivono: “Siamo tutti pini campesi…Quindi risparmiateci, grazie infinite”. Durissima l’invettiva di Lodovico Meneghetti, Ordinario di Urbanistica a Milano, con il Preside Antonio Monestiroli e altri 25 Docenti del Dipartimento di progettazione dell’architettura del Politecnico di Milano: “…Uno stravolgimento dell’ambiente inammissibile. Nessuna giustificazione, tantomeno quelle di tipo ipocritamente “sociale”, può rendere plausibile la distruzione di un bene che non potrà ricostituirsi se non in decenni, ammesso che lo si voglia fare…Ciò che rende veramente appagante il percorso verso il centro è la straordinaria sequenza del doppio filare d’alberi, che riesce persino a riscattare la sostanziale mediocrità dell’architettura. L’autentica architettura di alta qualità sono per l’appunto i pini…” Personalmente svolgo qualche riflessione su “lisola”, richiamando, innanzi tutto, una relazione del Dr. Francesco Ferrini, Docente alla Facoltà di Agraria a Milano, che, per ovviare all’inconveniente dovuto al sollevamento delle pavimentazioni da parte delle radici, indica il principio base di “migliorare le caratteristiche del terreno, aerandolo e, al contempo, aumentare il volume a disposizione delle radici” ed affermando anche, come ulteriore prescrizione, che “la creazione di uno strato isolante costituito da sabbia e pietrisco risolve il problema” al punto che ricerche effettuate a distanza di diversi anni dall’intervento “anche su piante di oltre 30 anni non presentano segni sulla pavimentazione dovuti al sollevamento da parte delle radici”. E certamente non risultano superflue anche alcune considerazioni di merito, nella linea tracciata dal “documento Meneghetti”: non si può infatti non rilevare che nell’obiettivo, assai condivisibile, di un consolidamento dell’uso pubblico dell’area urbana questo “sistema verde” rappresenta un elemento imprescindibile. La giusta preoccupazione di assegnare maggiore vivibilità all’insediamento verrebbe di fatto contraddetta nella prassi ove l’abbattimento dichiarato venisse davvero portato a termine, a fronte di abbellimenti sovrastrutturali di pavimentazioni, cordoli, fioriere, panchine e quant’altro proposto in fatto di attrezzature dello spazio pubblico in uno sforzo davvero inutile e secondario, ove tale spazio fosse poi privato dell’unico elemento di significato che lo sostiene, come d’altra parte si annota quando, provenendo dall’alberata via Marconi, (opera della precedente Amministrazione, pavimentazione nuova e alberi antichi) ci si affaccia sul primo tratto di via Roma orfana dei primi pini già abbattuti.

La durezza del paesaggio è solo mitigata dal sospiro di sollievo che suscita la lontana, bellissima visione della successiva galleria alberata. Un elemento di sostegno alla salvaguardia del viale viene a metà gennaio 2002 da Oliviero Beha che, in trenta minuti di trasmissione, porta i “pini di Campo” in diretta a Radiouno Rai.

Il Comune di Campo non interviene ma categorica appare l’affermazione del Sovrintendente di Pisa in conclusione di trasmissione: “I pini di Marina di Campo non devono essere tagliati, se sono malati potranno essere sostituiti con altri pini, ma non deve essere cancellato il viale, non si può tagliare nulla”. La situazione si trascinerà con alterne posizioni anche nei prossimi mesi, con attenta vigilanza, anche legale, del WWF, nessun intervento sul viale nonostante alcune reiterate velleità di abbattimento e qualche speranza, considerando che nella primavera del successivo 2003 la riasfaltatura di via Pietri (una delle strade coinvolte nel piano di abbattimento) sarà realizzata salvaguardando i pini esistenti col solo taglio delle radici affioranti. Cresce invece la tensione al Pian di Mezzo, un’area precollinare caratterizzata da insediamenti residenziali contigui ad una lottizzazione artigianale nella quale, per quanto le Norme del P.di F. vigente (e che saranno richiamate anche nel successivo Piano Strutturale) ne prescrivano l’assoluta incompatibilità con “insediamenti di industrie nocive di qualsiasi genere e natura”, risulta invece occupata, a ridosso delle abitazioni esistenti, da una “stazione di betonaggio”, ovviamente al centro di numerose lamentele da parte degli abitanti della zona, in gran parte costretti a specifiche cure mediche per le conseguenze delle gravi irritazioni agli occhi e alla gola. La lunga e dura protesta del “Comitato del Pian di Mezzo” inascoltato dall’Amministrazione è invece accolta dal Giudice Civile che, con sentenza clamorosa, rispettosa anche dei pareri dell’ARPAT di Piombino e del Consulente Tecnico del Tribunale che ne avevano dichiarata l’insalubrità e l’inammissibilità dell’insediamento.in vicinanza di abitazioni civili, afferma che la stazione di betonaggio costituisce “fonte di pregiudizio imminente e irripetibile quale impianto idoneo a cagionare danno alla salute”.

La sentenza costituisce un punto fermo ma la vicenda sembra comunque lontana dal considerarsi risolta, tanto più che l’Amministrazione, dopo aver deliberato lo spostamento dell’impianto di alcune decine di metri, (provvedimento già di per sé inefficace a sanare la situazione) aggiunge nell’area l’insediamento di una “Stazione Ecologica Comunale”, tra l’altro oggetto anche di “previsione di futuri ampliamenti”, senza che siano specificati, almeno in linea di massima, quali interventi si sarebbe ritenuto di operare in ordine alla indispensabile eliminazione di inquinanti e di altri nocivi riflussi sull’ambiente. La risposta arriverà a settembre, nel Piano Strutturale, quando, non solo si dovrà verificare l’assoluta mancanza di indicazioni finalizzate ad affrontare la questione della ricollocazione in area idonea degli insediamenti insalubri del Pian di Mezzo, ma anche l’assenza di qualsiasi cenno probante in ordine all’analisi delle loro ricadute sull’ambiente, valutazione per la quale la Legge Regionale 5/95 individua 7 categorie di analisi per le valutazioni di merito, l’ultima delle quali è sicuramente riferibile al Pian di Mezzo laddove prescrive espressamente “l’accertamento del rispetto delle norme igienico-sanitarie”, accertamento per il quale il Piano Strutturale si limiterà ad annotare che “la qualità dell’aria è sostanzialmente buona per l’intero territorio comunale”, affermazione di certo non sufficientemente confortata dalla successiva annotazione circa l’opportunità di intervenire sulle “emissioni di tipo industriale e artigianale con impianti di depurazione specifici”.

Analoghe considerazioni devono essere avanzate anche per quanto riguarda l’Ecocentro, ovvero la Stazione Ecologica del Comune. Alla voce “Rifiuti” non si troverà traccia di “analisi” o di specifici “provvedimenti”, né all’interno del capitolo che tratta in modo specifico della ”Raccolta Differenziata”, né tanto meno in quelli successivi (“indicatori di “stato”” e “indicatori delle politiche”), nonostante la dichiarata “consapevolezza” che i problemi riguardino, in generale, “un territorio di altissimo valore ambientale”. Siamo all’inizio d’estate 2002 e l’Amministrazione rivela qui tutta la sua “modernità” nel Piano Spiagge, uno strumento di organizzazione e uso degli arenili, un tempo emanazione delle capitanerie, ora affidato alle Amministrazioni Comunali, secondo provvedimento anche condivisibile per l’evidente maggiore conoscenza delle realtà locali, e che il Comune di Campo sembra intenzionato ad utilizzare nella definizione interattiva delle spiagge col primo urbano.

“Ma l’intenzione iniziale – commento nella “Osservazione” - certamente interessante di prendere in esame l’immediato retroterra per quel tanto di interazione che le spiagge debbono avere con l’intorno più prossimo, sembra essere clamorosamente sfuggita di mano all’Amministrazione Comunale, trasformando un Piano per la “fruizione degli arenili” in uno strumento di variante generalizzata del Programma di Fabbricazione vigente, nel quale l’organizzazione dell’accesso al mare e del suo uso (dove per improvvida dimenticanza non figura mai l’aggettivo “pubblico”) sembrano assunti solo come occasioni per incrementare ulteriormente l’uso privato del Territorio”. Sulla dichiarazione dell’Assessore all’Urbanistica, che sintetizzando in Consiglio Comunale le linee guida del Piano, aveva informato di avere ricevuto “grandi consensi da parte della Regione” che lo avrebbe addirittura assunto “come modello per tutti gli altri che saranno adottati in tutta la Toscana” (“lisola” 4 giugno 2002), annoto nella stessa Osservazione: “Si può capire, certo, che la Regione, informata circa l’intenzione di elaborare un Piano Spiagge interattivo col proprio retroterra, abbia potuto esprimere su questa affermazioni “grandi consensi”…Sarebbe peraltro interessante sapere poi quali potrebbero essere le valutazioni conclusive a fronte della pressochè totale privatizzazione dell’intera spiaggia di Campo, della riduzione del vincolo pubblico sulle pinete, della alienazione della esistente Scuola Media, della trasformazione di quel vincolo scolastico in residenziale privato, della definizione di nuove ed estese aree per la ricettività alberghiera, delle varianti, anche consistenti, alla Viabilità Urbana ed Extraurbana senza la prioritaria definizione di un Piano del Traffico, né tanto meno di specifiche preliminari analisi dei flussi di circolazione veicolare. Né si può, d’altra parte fare tanto torto all’intelligenza dei cittadini pensando che tutto questo possa essere compensato dalla ricostruzione delle cosiddette “dune”, una specie di museo del finto, ignorando che le dune erano un sistema naturale interattivo col mare e col proprio intorno, e che la loro ricostruzione museale senza alcun riferimento possibile con la condizione ambientale al contorno, ora assolutamente non riproponibile (ed anzi peggiorata dalle nuove conurbazioni previste dal Piano), svuota l’iniziativa di qualsiasi senso logico, annunciandosi, se mai, quale evidente esempio di come la natura non accetti contraffazioni, e rendendo esplicita la considerazione che essa va salvata nelle sue condizioni originarie e non contrabbandata poi con le mistificazioni del finto naturale”. Sull’adozione del Piano Spiagge come “Variante del P.di F.”,resa possibile, anche prima dell’adozione del Piano Strutturale, dalle Norme transitorie della Legge 5/95 purchè relativa a “varianti necessarie per apportare rettifiche di minima entità alle perimetrazioni di zona, e che complessivamente non comportino incremento di volume o di superficie utile degli edifici”, annoto nella menzionata Osservazione che “sarebbe utile alla comprensione del Progetto che l’Amministrazione precisasse come intende conciliare con la norma richiamata.le varianti volumetriche e il nuovo carico urbanistico determinati sul territorio dai numerosi insediamenti di residenzialità ricettiva, alcuni dei quali svolti, tra l’altro, con variazioni delle destinazioni da pubbliche a private”.

Per il WWF che annuncia “Osservazione” complementare all’Osservazione Rizzi, nella linea di una reciproca collaborazione tecnica mirata all’analisi dei problemi ambientali connessi con la Pianificazione del Territorio, “il Piano Spiagge adottato dal Comune di Campo risulta connotato da uno smodato incremento di antropizzazione e di svilimento commerciale a vantaggio di pochi esercenti. Quest’ultimo poi risulterebbe irreversibile nelle previsioni di costruire sugli arenili nuovi stabilimenti balneari, in localizzazioni spesso di rilevanza paesaggistica ove non addirittura interne al Parco Nazionale. Una connotazione che nessun recupero di finte dune può stemperare…” E ancora: “il Piano Spiagge di Campo nell’Elba è tutto teso a spingere verso la fruizione non tanto pubblica quanto economicamente privata di una offerta di servizi già presente ed adeguata, fino ad imporla di fatto a chi non la desidera…anche a causa della totale assenza di confronto, sia nella fase preparatoria che dopo, con le altre forze politiche, le associazioni, le categorie economiche…” Ed infine, la riduzione delle spiagge libere, sempre richiamando l’Osservazione WWF, “…è particolarmente da criticare per la spiaggia di Marina di Campo, anche tenuto conto che l’esercizio della attività di noleggio degli ombrelloni sconfina quasi sempre nell’abuso di impegnare con ingombranti attrezzature l’arenile, teoricamente di libero uso, anche in assenza di clienti…Della proposta per la pineta di un’area di ripristino per finte dune nel fronte mare, la nostra opinione è che in realtà si voglia individuare un retroterra di parcheggi e di accessi carrabili più che a vantaggio dei frequentatori di una spiaggia finora facilmente accessibile da chiunque, quanto a vantaggio degli appetibili nuovi esercizi commerciali che verrebbero edificati sull’arenile…Particolarmente esecrabile è soprattutto la proposta di compensare gli espropri di pineta agli attuali proprietari con la possibilità di concedere l’edificazione di nuove volumetrie, a compenso, nella fascia più interna della pineta stessa. La possibilità di costruire nuovi volumi sul fronte mare, anche se fossero solamente stabilimenti balneari, è un errore del passato che non va ripetuto…”

Un argomento cui l’Osservazione WWF riserva una particolare attenzione è l’alienazione della esistente Scuola Media, sostituita da destinazione alberghiera, nonostante “la buona collocazione funzionale e baricentrica dell’attuale complesso scolastico, con altrettanto buone possibilità di completamento e di arricchimento dell’offerta di servizi culturali erogabili…”, annotando ancora, relativamente al concetto, contrastato dal PTC, dell’antropizzazione del territorio, che “questo Piano Spiagge, in materia scolastica ed in materia alberghiera innova solo nel senso che lascia in sospeso la localizzazione della nuova scuola media…” localizzando peraltro “un albergo da subito, salvo dislocare una scuola media chi sa dove…”. Sulla questione non è superfluo annotare il Progetto prodotto dalla precedente Amministrazione (livello definitivo della Legge Merloni per le opere pubbliche) che aggregava alla esistente (e funzionante) Scuola Media, già servita da refettorio e palestra-auditorium, una Scuola Elementare, con aule anche all’aperto, laboratori e campi gioco, all’interno di uno studio complessivo di “Polo Scolastico Unitario” comprendente appunto Materna, Elementare, Media e biblioteca Comunale. In ordine ai tempi ravvicinati col “Piano Strutturale” (adottato un mese dopo il “Piano Spiagge”) molto puntuale nell’Osservazione di Lega Ambiente la premessa introduttiva: “E’ singolare che il Comune di Campo nell’Elba presenti una Variante al Piano di Fabbricazione nei giorni precedenti alla presentazione del Piano Strutturale che tende a superare quel P.di F.; è evidente che la variante, dato l’ampiezza e l’impatto urbanistico ed ambientale delle proposte contenute per un territorio così vasto, delicato e strategico per lo sviluppo urbanistico, economico e sociale del Comune avrebbe dovuto far parte integrante del Piano Strutturale, ed è altrettanto evidente che l’Amministrazione Comunale ha scelto la strada della Variante (che è molto più di un cosiddetto “ Piano Spiagge” per la “Definizione dei criteri di utilizzazione degli arenili”…) per intervenire con più libertà e rapidità sull’intera fascia costiera e su buona parte dell’abitato costiero. Le condivisibili premesse contenute nella Relazione di “riduzione della pressione sulla costa” ci paiono ampiamente contraddette dalle previsioni della Variante…L’impressione netta è che, partendo da promesse e dati condivisibili, si approdi a scelte che niente hanno a che fare con il riequilibrio economico ed il recupero di errori e ritardi nell’uso sostenibile del territorio e delle risorse…”

Nel merito Lega Ambiente annota ancora: “La spiaggia di Marina di Campo ha perso, dal dopoguerra ad oggi, quasi per intero il suo sistema dunale, e lo stesso arenile è stato devastato ed eroso da strade sulla spiaggia, da opere portuali e da costruzioni a ridosso del mare e delle attrezzature balneari, un grandissimo patrimonio ambientale e paesaggistico di cui rimangono alcune tracce nelle pinete private (certamente più “naturali” e salvaguardate del tratto di pineta pubblico); è singolare che l’Amministrazione Comunale chieda di rendere pubblica una fascia di pineta, mentre concede ai privati nuove aree della spiaggia, ed offra in cambio nuove edificazioni ed ampliamenti in un’area da salvaguardare assolutamente.” Significativa la notazione circa il tentativo di ampliare surrettiziamente la quantità di costa balenabile a sostegno dei parametri del Piano Spiagge-Variante P.di F.: “…a questo fine si usano anche le spiagge e il mare di Pianosa, inserite dal DPR istitutivo del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano in Zona 1 di massima salvaguardia, forma di protezione (Zona A) che il Piano del Parco Nazionale conferma con l’esclusione di Cala.Giovanna…”, peraltro limitata alle visite organizzate e contingentate, e con limitata deroga del Ministero rispetto al Decreto. Naturalmente la stessa Cala Giovanna (è sempre Lega Ambiente ad annotare) “…ha grandissimi valori ambientali e paesaggistici e non può certamente essere trasformata e banalizzata con uno stabilimento balneare…”. Ed ancora: “Per quanto riguarda l’utilizzazione per la balneazione di Cala del Bruciato e Porto Romano si tratta di una vera e propria follia dal punto di vista ambientale: le due zone sono tra le aree più delicate dell’isola…e un uso balneare di aree tanto delicate produrrebbe un impatto umano continuato che stravolgerebbe un equilibrio naturale che non può essere sacrificato alla semplice balneazione, al traffico ed al disturbo che ne deriverebbero; tutto questo sarebbe devastante per rare presenze faunistiche a mare e a terra, per la qualità dell’ambiente e del paesaggio”.

La “follia”, richiamata da Lega Ambiente per la balneazione, sarà poi ulteriormente rafforzata nel Piano Strutturale con la previsione di un aeroporto a Pianosa, prendendo a pretesto il ripristino di una vecchia pista, una striscia utilizzata nell’ultima guerra dalle “cicogne” tedesche. Vincenzo Tessandori, inviato de “LA STAMPA” di Torino, il 26 agosto 2002, intrecciando “follia a follia”, commenterà: “Fantasia, delirio o speculazione? C’è una pista in mezzo al mare, in terra battuta, semisepolta dai rovi e seminata di buche. E’ lì, in quel luogo disabitato e remoto, per quanto possa essere remoto un posto nel Mediterraneo, quasi su quell’isola del giorno prima chiamata Pianosa. Vorrebbero farne un aeroporto. Poi, questa storia, che suggerisce pensieri un po’ gotici e un po’ gaglioffi, si sposta di 26 chilometri, sull’Elba, e va avanti con 118 pini condannati alla pena capitale, otto nel braccio della morte. Il quadro si chiude, o si apre fate voi, con una colata di cemento che rischia uno sfregio indelebile…” Ventiquattro ore prima, il 25 agosto, Lega Ambiente aveva promosso sulla spiaggia di Marina di Campo una grande manifestazione di protesta, “liberi sulla spiaggia…liberi dal cemento”, contro l’annunciata grande privatizzazione degli arenili, con una altissima adesione, tanto che in pochissimo tempo erano state raccolte oltre 600 firme di adesione a “Sos Elba” (“il Tirreno” 26-8-’02) il movimento di Lega Ambiente “per la difesa dell’Elba e dell’Arcipelago Toscano” che accoglie dal 21 luglio consensi e adesioni trasversali in tutta l’isola.

Nel frattempo l’Amministrazione di Campo ha adottato, due mesi prima, il 28 giugno, il Piano Strutturale, ed è proprio Sos Elba (ormai a tremila adesioni) ad organizzare alla Linguella di Portoferraio, alla fine di agosto, un dibattito con l’Onorevole Fabio Mussi, parlamentare della circoscrizione. L’incontro si è soprattutto incentrato sul Piano di Campo, piuttosto criticato dallo stesso Mussi per l’eccesso previsionale di crescita urbana a fronte di “un ambiente meno gradevole, spremuto oltre ogni limite delle risorse naturali che non sono infinite”, ma prospettando anche la necessità di pervenire ad un “Piano unitario di sviluppo coinvolgendo Comuni, Provincia, Regione ed anche intelligenze scientifiche e culturali”. Ugualmente critico l’intervento di Campos Venuti, Presidente Onorario dell’INU, che ha posto in evidenza le contraddizioni del Piano di Campo a fronte delle Leggi Regionali sugli Arenili e sui Piani Regolatori, finalizzate a contenere le eccessive concessioni sui litorali e a prevenire processi speculativi a danno dell’ambiente e delle risorse, a fronte del Piano Strutturale di Campo che riduce le spiagge libere e opera previsioni urbanistiche “trentennali” favorendo speculazioni e rendite di posizione.

“Porti, case, alberghi, spiagge, Parco, tutto il cemento prossimo venturo” è il titolo di un “Dossier” di Sos Elba uscito nello stesso mese di agosto, un’analisi critica delle iniziative proposte su tutta l’isola. Il quadro di Campo conferma tutte le preoccupazioni. Sul PEEP: “E’ un Piano di Edilizia Economica e Popolare strano e preoccupante quello del Comune di Campo nell’Elba. Le previsioni sono esagerate per una realtà in stasi demografica e dove le seconde, terze e quarte case sono la stragrande maggioranza del patrimonio edilizio…Le esigenze di prima abitazione previste dal PEEP appaiono esagerate e non corrispondono certamente alla reale situazione del Comune di Campo nell’Elba, un territorio già pesantemente provato dalla speculazione edilizia e nel quale le emergenze abitative si limitano a pochissimi casi…Non si può usare il PEEP per favorire una nuova indiscriminata espansione urbanistica…” Sul Piano Strutturale: “…previste fino a 1500 nuove abitazioni, un aeroporto a Pianosa, un interporto alla Bonalaccia…una vera e propria cementificazione della piana di Campo, una saturazione di tutte le frazioni collinari e costiere con previsioni edificatorie che si spingono fin dentro il Parco…” Sul Porto: “Il Piano dei Porti regionale prevede un piccolo approdo (meno di 100 barche) dentro l’attuale Porto; il Comune chiede di realizzare un nuovo Porto per 750 imbarcazioni “in adiacenza a sud del Porto attuale”. L’unica “adiacenza” a sud è la costa di Galenzana, protetta dal Parco Nazionale e non raggiungibile se non con nuove strade o tunnel di accesso…”

Al dibattito richiamo dalla mia Osservazione : “Galenzana descrive la contrapposizione naturale alla filosofia del tutto costruibile di questo Piano, al proliferare dei residences, degli alberghi, delle spiagge privatizzate. Naturalmente, nella linea scarsamente descrittiva delle interazioni tra scelte e territori, nulla che spieghi il luogo, niente che descriva il rapporto tra l’area urbana e la baia, la frequentazione della spiaggia e dei salandri, l’assoluta pedonalità da sempre dell’accesso, le modificazioni che un sistema carrabile di viabilità potrebbe determinare sul territorio..Non sentire la responsabilità di tutela assoluta per questi luoghi significa disattendere il primo fondamentale compito che la Legge Regionale affida agli Enti Locali in ordine alla difesa delle risorse e del territorio”. Settembre registra sostanzialmente l’inoltro delle prime Osservazioni, anche se un ritardo nel segnalare al BURT l’avvenuto deposito da parte dell’Ammnistrazione (28.8.’02), consentirà, di fatto, il prolungamento dei termini di presentazione o la riserva di successiva integrazione. Rilevante, per chiarezza di analisi e di intenti, l’Osservazione del WWF, anche in ordine ad alcune significative annotazioni: “E’ da tener presente la novità, ufficializzata anche alla Soprintendenza, che secondo alcune fonti vi sarebbero gallerie che partono dalla zona del carcere duro (il Cardon) dove doveva esserci il Palazzo romano principale dell’isola: qui non sono mai state fatte ricerche per ovvi motivi legati alla sicurezza del carcere e sicuramente saranno stati danneggiati i resti archeologici, ma devono essere condotte ricerche sia su quello che può restare del Palazzo sia sulle gallerie che vi si dipartono. Quanto sopra appare incompatibile, almeno quanto l’essere Pianosa un’isola del Parco Nazionale e pressoché disabitata, con la previsione del Piano Strutturale di una destinazione aeroportuale dell’area da Punta Brigantina a Cala della Ruta, a sud del Cardon, al di fuori di ogni previsione del PTC oltre che del buon senso. Inoltre il problema isola-parco va visto nell’insieme e non frammentario:c’è tutto il discorso della protezione marina nell’insieme e di ecosistemi particolarmente ben mantenuti come la prateria di posidonia, come i “marciapiedi” corallini: porti e turismo tradizionale non possono essere altro che nefasti…” Sui fondali di Pianosa che “ospitano numerosi reperti di epoche diverse e dislocati diversamente attorno all’isola” il WWF richiama gli Atti di un importante e significativo Convegno di Studi svolto a Pianosa nel 1997 col sostegno della precedente Amministrazione Campese, (“Pianosa: Passato, Presente e Futuro”) finalizzato a promuovere per l’isola un grande centro studi internazionale di biologia marina, di analisi ambientale, di ricerca archeologica, di tutela dei “beni storici” aggiungendo “che è probabilmente del tutto indispensabile e non più procrastinabile insediare una entità gestionale e di controllo culturale a tutto campo e senza interferenze turistiche-economiche-carcerarie tradizionali” Ed ancora: “La storia offre ricchezze ulteriori di eccezionale importanza che in parte rimangono inspiegate: il periodo romano trova il massimo splendore con l’esilio di Postumo Agrippa connesso alle congiure di palazzo nel periodo imperiale di Ottaviano Augusto. La situazione carceraria legata alla gestione di massima sicurezza ha per ora impedito di accertare quanto rimane del palazzo principale, citato dagli storici e da altre testimonianze. Il Cristianesimo si specchia nel vasto complesso catacombale ancora in fase di studio e considerato il secondo per importanza a nord di Roma e l’unico su un’isola.(ved.studi di Bartolozzi Casti).

La conclusione del WWF è decisa e senza incertezze, come si deve in tali situazioni: “E’ del tutto impensabile che, a fronte di un patrimonio così vasto ed importante, non ancora del tutto studiato e con la possibilità di ulteriori nuove individuazioni e ritrovamenti di vecchi siti, l’Isola venga interamente lasciata alla libera frequentazione di possibili aspiranti residenti e turisti…”

La ritardata pubblicazione sul Bollettino Regionale circa l’avvenuto deposito del Piano Strutturale ha consentito anche a noi (Giuliano Banfi, Marco Carcano, Marco Ponti, Sergio Rizzi) di svolgere l’Osservazione in due sezioni, con un primo documento, ai primi di stettembre, finalizzato all’analisi generale di significati, strategie, sistemi territoriali, infrastrutture, previsioni demografiche, e una successiva integrazione, a ottobre, maggiormente indirizzata a valutare nello specifico alcune scelte progettuali e la collocazione dimensionale del Piano di Edilizia Popolare a fronte del dimensionamento complessivo del Piano Strutturale. L’analisi si origina dalla indicazione normativa della Legge 5/95 la quale dispone che “i Comuni entro 10 anni dall’approvazione dello Strumento Urbanistico Generale…sono tenuti a provvedere all’approvazione del Piano Strutturale e del Regolamento Urbanistico”, norma chiaramente prescrittiva particolarmente per la regolarizzazione di condizioni urbanistiche inadeguate nella linea di un riordino di strumenti urbanistici obsoleti o costruiti su legislazioni superate e rimpiazzate dal gennaio ’95 dalla nuova Legge Regionale, la prima in Italia ad assegnare dignità di Legge alla ricerca di una metodologia in grado di verificare la compatibilità ambientale degli strumenti di Piano. A fronte di questa inequivocabile indicazione il Comune di Campo costruisce invece il proprio Piano Regolatore “decennale” “ancorando tutte le previsioni della programmazione urbanistica ad un dimensionamento demografico trentennale di 900 abitanti, incrementati da un fabbisogno arretrato di 659 alloggi per un intervento pianificatorio commisurato ad un conseguente fabbisogno complessivo di 1.500 alloggi per un corrispettivo di 480.000 metri cubi. Si dovrebbe ritenere, per quanto Relazioni e Norme non ne facciano mai cenno, che lo scenario elaborato dalla “Relazione sulla evoluzione demografica e sulla domanda abitativa” sia stato assunto a supporto di una prospettiva a lunga scadenza, acquisita dal Piano Strutturale che, in quanto Strumento che definisce le “indicazioni per il governo del territorio comunale”, accomuna alle prescrizioni del Piano Territoriale di Coordinamento gli “indirizzi di sviluppo espressi dalla comunità locale”…Tuttavia le Norme Tecniche di Attuazione, che correttamente ricordano, in ognuna delle Aree dei diversi Sistemi, che le indicazioni puntuali degli interventi saranno descritte dal successivo Regolamento Urbanistico, non annunciano mai, neppure superficialmente, che lo “scenario trentennale” elaborato troverà poi applicazione, nello stesso Regolamento Urbanistico, con dimensionamento connesso ad una soglia decennale sostanzialmente riferibile ad un terzo circa della quantificazione desunta dalla Relazione Demografica estesa al trentennio”.Ora, rispetto ad altre Legislazioni Urbanistiche che assegnano già al primo momento progettuale, pur se preliminare, la funzione di determinare il panorama generale delle scelte di pianificazione, con l’indicazione di infrastrutture e servizi, ma anche con la localizzazione puntuale delle aree di intervento private e pubbliche, la Toscana (e qui sta l’innovazione) “assegna al primo momento progettuale (il Piano Strutturale) un significato anche più determinante rispetto alla pianificazione, ma “esclusivamente” per quanto concerne indirizzi programmatici, obiettivi, finalità da perseguire e indicazioni strategiche per il governo del Territorio comunale”, con l’evidente e qualificante obiettivo di affidare ai Comuni la possibilità concreta di “promuovere la pianificazione del proprio Territorio nella linea di una gestione più diretta e discrezionale nella quale il Piano Strutturale assume il ruolo fondamentale di strumento strategico della programmazione pianificatoria. Ma questa opportunità, davvero significativa, sembra non essere stata colta per nulla dall’Amministrazione Comunale di Campo che ha operato nel Piano Strutturale, al di là del rispetto formale della nomenclatura espressa dalla Legge, negli stessi termini, in sostanza, di un Piano Regolatore tradizionale, oltre tutto sopradimensionato”. “Proposizione ugualmente abnorme si ritrova nella rete infrastrutturale viabilistica, sia in ordine alla Grande Viabilità sia in ordine alla Viabilità Urbana, dove il livello degli interventi non è sostenuto, non solo da nessuna analisi della “mobilità”, ma neppure da qualche argomentazione nel merito che ne giustifichi almeno la credibilità e il significato”.

Un esempio per il livello urbano, già richiamato nella menzionata Assemblea Popolare sul Piano Spiagge, è il caso, piccolo ma probante per la sua condizione davvero impensabile, di quei 60 metri della centralissima e pedonale via Roma, dall’angolo di via Pietri all’angolo di via Venezia, nei quali una strada del centro storico, superattrezzata nella pavimentazione, che vorrebbe segnalare e favorire la bellezza dell’accedere pedonale al centro, dall’inizio della via alla Piazza centrale, deve subire, in quel breve tratto, la circolazione veicolare motorizzata in quanto unico accesso al paese di tali mezzi.

Un altro esempio, assai più grave, nell’ambito della viabilità minore e in particolare nel reticolo individuato nel Piano a servizio di aree di nuova edificazione “sembra convergere su una nuova viabilità che, con un andamento per linee di massima pendenza e attraversando aree naturali di alto pregio ambientale e vegetazionale, senza presenza di abitazioni, s’inerpica, con un itinerario tortuoso che sale fino alle Coste Grandi, per poi precipitare, con pendenze ripidissime, alla spiaggia di Galenzana…L’’itinerario risulta assolutamente immotivato dal punto di vista viabilistico e legittima il sospetto di essere preordinato ad altri obiettivi non dichiarati dal Piano Strutturale che ha, invece, il compito di rendere trasparenti le scelte portanti e di quadro della strategia urbanistica di una Amministrazione. La delicatezza del contesto territoriale e paesistico richiede l’immediato stralcio e la cancellazione di questo intervento perché manifestamente immotivato”. Nell’ambito invece delle previsioni viabilistiche della Grande Viabilità l’infrastruttura più significativa e di maggiore evidenza è indubbiamente la “Pedemontana” che partendo dall’incrocio della nuova strada di evitamento di Pila “con giacitura ovest rimonta le ultime pendici collinari, lambisce l’area industriale esistente, per piegare in direzione sud, connettendosi e scambiandosi con l’attuale strada cha dalla Pila arriva a Sant’Ilario, ridiscende, per un tratto, sull’attuale strada che attraversa il Pian di Mezzo dove si sbina per raggiungere la Provinciale con un nuovo ramo di strada che sembra preordinato a consentire il traffico pesante per raggiungere il cosiddetto “ecocentro” e la stazione di betonaggio…attraversa il Vallone (zona di elevata qualità ambientale e consistentemente piantumata con alberi d’alto fusto) prosegue in modo tortuoso e spezzato, con repentini cambiamenti di direzione non giustificati e corrispondenti alla giacitura delle curve di livello, sempre verso sud, per innestarsi sulla strada attuale per Cavoli e l’anello occidentale in prossimità della Chiesina degli Aiali… La Pedemontana risulta un’opera di grande impatto territoriale con grandi opere d’arte impattanti e costose; la sua giacitura sembra dettata più dall’obiettivo di delimitare le nuove aree fabbricabili…piuttosto che dalla ricerca di un assetto di minimo impatto visivo ed ambientale coniugato ad efficacia automobilistica.” In ogni caso, anche condividendo la necessità di evitare i punti di congestione nell’attraversamento di Marina di Campo la soluzione proposta, “non suffragata da adeguati studi dei volumi di traffico, delle loro caratteristiche di stagionalità e da un coerente Piano Urbano del Traffico…risulta assolutamente fuori scala rispetto ai problemi che dichiara di voler affrontare e risolvere, assai onerosa di realizzazione, gravemente impattante sotto il profilo territoriale e ambientale” e sollecita, in conformità ad un corretto Piano del Traffico, rivisitazioni progettuali per l’individuazione di soluzioni meno impattanti e probabilmente anche più efficaci nella rimozione dei punti di crisi.

Sull’ Aeroporto della Pila rileviamo l’indicazione tecnica di esperti del settore, secondo cui “per migliorare il servizio aeroportuale, non sarebbe tanto necessario allungare la pista attuale quanto ruotarla di 15/20 gradi nella direzione dell’asse nord est - sud ovest…operazione che consentirebbe di ottenere maggiore sicurezza e garantirebbe la possibilità di far atterrare aeromobili di maggior peso e dimensione, su percorsi e provenienze anche estere, elevando il servizio commerciale e lo stesso uso di aviazione generale”..Su questo problema potrebbe pure essere accettato che gli interventi di sviluppo dello scalo siano rimandati, come dispone la Relazione del Piano, “alla redazione del Regolamento Urbanistico” con la finalità di valutarne il possibile sviluppo con le “esigenze della popolazione residente”, anche se, per la verità, questa analisi dovrebbe appartenere proprio al Piano Strutturale. “Certamente meno accettabile, ed anzi piuttosto sconcertante, che, contestualmente a questo rimando decisionale, si prospettino due insediamenti di “attrezzature logistico-produttive” lateralmente all’attuale pista, la cui collocazione, l’una all’inizio della pista a nord-est, l’altra pressoché alla fine a sud-ovest, ne impediscono di fatto ogni possibile rotazione.

A fronte di questa indicazione inibitiva sull’esistente aeroporto della Pila e della contestuale proposta di uno “scalo aeroportuale a Pianosa” (dove non è mai esistita una vera pista di atterraggio) è lecito chiedersi quale relazione intercorra tra le due determinazioni, per le quali la Relazione di Piano non offre nessuna motivazione di merito, neppure di massima, in ordine al significato di queste scelte ed alle strategie di programmazione su cui sono fondate”. Anche per quanto attiene alle reti tecnologiche si ripresenta il consueto problema perché “il Piano Strutturale prevede un dimensionamento abnorme di aree rese edificabili con quantità insediative elevate ma non ci si preoccupa di predisporre una rete di smaltimento fognario e di depurazione conseguente e opportunamente dimensionata per assicurare la salvaguardia e la salubrità del mare che costituisce la risorsa più importante per l’economia di Campo”, né di prevedere i necessari interventi per “assicurare adeguate risorse idriche corrispondenti ai fabbisogni della popolazione e delle attività”, problema ulteriormente aggravato dal fatto che “le U.T.O.E. (Unità Territoriali Organiche Elementari), indiscriminatamente estese non consentono una programmazione per interventi prioritari e gerarchicamente strutturati, con condotte principali e ramificazioni secondarie vista la compromissione indifferenziata del territorio”.

Ugualmente sconcertante l’analisi delle previsioni demografiche che in un quadro incerto e scarsamente rigoroso, raffrontato anche con altre realtà piuttosto diverse, come le località turistiche della riviera ligure o della costa azzurra, e affermazioni singolari circa la “perdita di affidabilità delle previsioni demografiche man mano che ci si spinge dal breve al medio, al lungo periodo” propone infine, con conclusione altrettanto singolare, una proiezione trentennale. Esaminando i dati riportati in “Evoluzione e Proiezione della popolazione di Campo nell’Elba 1962 – 2030” annotiamo nell’Osservazione: “Dai 4043 abitanti residenti nel 1962 si passa ai 4070 del 1972, ai 4445 del 1982, ai 4248 del 1992, ed infine, oscillando con modestissime fluttuazioni in incremento o in diminuizione, in un quadro di sostanziale stabilità, ai 4335 abitanti nel 2001. Da quest’ultimo dato rilevato di 4335 abitanti scatta una impennata demografica “cui annettiamo (sostiene l’analista, n.d.r.) la massima probabilità di verificarsi” di un aumento della popolazione “di un po’ di più del 20% nei prossimi 30 anni”. Riteniamo questa proiezione, vista la serie storica dei 40 anni che risalgono al 1962, manifestamente infondata ed illogica, non suffragata da argomentazioni disciplinarmente rigorose, solo strumentali e subalterne, tesa a fornire giustificazioni ad un dimensionamento abnorme di fabbisogno edilizio…” Direttamente conseguente a questa previsione trentennale il dimensionamento dell’incremento urbanistico determinato dagli azzonamenti del Piano Strutturale che, “pur detraendo i metri cubi di previsione PEEP e la volumetria per ampliamenti e ristrutturazioni”, è quantificato, di massima, in 300.000 metri cubi. In una prima analisi, poi approfondita nella successiva “integrazione di osservazione”, rileviamo che “esaminando soltanto l’UTOE 5C, area di frangia nella piana di Campo a ridosso del centro ed estesa fin oltre la Pila e delimitata a monte dalla futura strada “pedemontana”, ne risulta un’estensione continua e compatta, con una misurazione speditiva e sommaria, di oltre 200 ettari, pur avendo detratto le aree impegnate a varia densità da insediamenti esistenti, dall’aeroporto e le previsioni logistiche-produttive espresse dal Piano. Assegnando una volumetria presunta assai estensiva (infatti la definizione degli indici di edificabilità è correttamente rinviata al Regolamento Urbanistico) e tenendo conto che “le nuove edificazioni potranno essere autorizzate solo previa stipula di apposita convenzione con l’Amministrazione Comunale” con la cessione “di norma” del 50% del territorio impegnato, nell’ipotesi, da considerare minimale in rapporto a situazioni analoghe, di costruire 4 unità immobiliari per ettaro, per una volumetria per ciascuna di 500 metri cubi, pari ad una superficie lorda di pavimento di 170 mq., su uno o due piani, con un lotto minimo di 2.500 mq., ne consegue una capacità insediativa di 400.000 metri cubi, eccedente di oltre 100.000 metri cubi le quantità necessarie a soddisfare il fabbisogno dichiarato dal Piano Strutturale. Le volumetrie assegnate, sempre e soltanto nelle “aree di frangia”, a sud di Marina di Campo, di Sant’Ilario, S. Piero, Bonalaccia, Seccheto, Cavoli, Fetovaia, etc. risultano pertanto aggiuntive rispetto al fabbisogno di lungo periodo dichiarato dal Piano”. L’ambigua prescrizione che prevede “di norma” la cessione del 50% dell’area prospetta inoltre “rapporti negoziati impropri con l’Amministrazione Comunale non suffragati da una previsione puntuale e precisa.indicazione delle aree da destinare ad infrastrutture (viabilità, parcheggi, verde pubblico, etc.) e ad urbanizzazione secondaria” e rafforza ulteriormente la considerazione primaria secondo la quale “l’estensione abnorme delle aree edificabili ingenera il sospetto di aver voluto promuovere a opportunità edificatoria un eccesso di superfici e di aree non strettamente utili, un vestito di taglia superiore al necessario, che apre preoccupanti elementi di discrezionalità da parte dell’Amministrazione Comunale, di disparità di trattamento dei singoli proprietari, e soprattutto da cui non si può tornare indietro perché si configurano come diritti acquisiti fin da subito”.

Intanto, ai primi di settembre del 2002, un violento nubifragio lascia profonde ferite all’Isola. Il “Corriere della Sera” del 5 settembre commenta: “ In poche ore acqua e fango hanno ridotto il paradiso dei villeggianti in una palude. Non era mai accaduto fino ad oggi e forse non è solo colpa del maltempo, ma anche degli scempi urbanistici perpetrati da decenni”. Anche più esplicito il WWF della Toscana che, in una dichiarazione di Egisto Gimelli riportata da “il Tirreno” dello stesso 5 settembre, lancia un appello al Presidente della Regione Toscana Claudio Martini affinchè faccia in modo che i Sindaci dell’Isola d’Elba “non portino avanti politiche urbanistiche basate su ulteriore cemento prima di aver risolto i problemi idrogeologici esistenti sul territorio. Come si può immaginare di costruire, anche dentro i confini del Parco Nazionale dell’arcipelago toscano, oltre 1.500 abitazioni, come vorrebbe fare il Comune di Campo nell’Elba, che conta appena 4.400 abitanti, senza prima aver risolto almeno il problema delle fognature, dei depuratori e degli argini dei torrenti già stravolti dal caotico sviluppo urbanistico degli anni passati?”

Sullo stesso “Tirreno”, Fabio Roggiolani, capogruppo dei Verdi nel Consiglio Regionale Toscano, aggiunge: “Le notizie provenienti dall’Elba dimostrano l’estrema vulnerabilità idrogeologica di questo ambiente e quindi confermano l’esigenza di non cementificare gli spazi disponibili, come andiamo predicando (purtroppo con scarsi risultati) da molti anni”. A Campo, è Vincenzo Tessandori de “La Stampa” (“Pioggia e Vento flagellano l’Elba”) a riferire il disastro: “Il paese è allagato, senza luce né acqua potabile, 350 le persone evacuate da campeggi, alberghi e case riunite nella scuola Media, quella che secondo il contestatissimo Piano Strutturale dovrebbe diventare un grande albergo…”. Ma sarà un precedente servizio dello stesso Tessandori, svolto il 2 settembre, prima di allagamenti, frane, strade interrotte, auto in mare ed evacuazioni di massa, che acquisterà particolare significato ed evidenza: ““Utilità e cultura, se esaminate con larghezza di vedute, sono molto, molto incompatibili”, sosteneva Bertrand Russel. Cultura è: rispetto del territorio, della tradizione , del buon gusto, della logica non legata al solo interesse; utilità è: un aeroporto su un’isola deserta come Pianosa, una cascata di cemento all’Elba, un safari contro il pino marittimo, una pineta violentata, un porto turistico.”

Uno scomposto e piuttosto ingenereso commento dell’Esecutivo Campese (“Ambientalisti quelli? Ma per carità, piuttosto cannibali della politica alleati con i potenti locali”. - La Repubblica, 6 settembre 2002) ci induce a formulare, in conseguenza dell’allungamento dei tempi di presentazione, una integrazione all’Osservazione già presentata esponendo ulteriori considerazioni sulle iniziative di Pianificazione adottate ed anche sul Piano di Edilizia Economica e Popolare che, nella precedente, avevamo volutamente tralasciato, nonostante le insufficienze, per molti aspetti palesi, nella considerazione che l’iniziativa, certamente condivisibile, pur con le carenze riscontrate, sostanzialmente promuoveva nel sociale. Anche il PEEP infatti, per quella singolare connotazione che caratterizza la generale caduta nella progettazione dei buoni principi enunciati in epigrafe, presenta non poche contraddizioni rispetto al quadro generale della Pianificazione: “Il Piano per l’Edilizia Economica e Popolare si articola nelle frazioni di Marina di Campo, La Pila, S. Piero, Sant’Ilario in Campo, Seccheto ed interessa una superficie totale di mq. 177.032 per una previsione di mc.93.330 di abitazioni, oltre a mc. 13.700 di strutture commerciali e mc. 4.000 di servizi di uso pubblico per un totale complessivo di circa 111.000 metri cubi. Consente quindi, con una utilizzazione completa delle aree previste e programmate, l’insediamento di oltre 1.000 abitanti cittadini residenti in condizioni di reddito per accedere legittimamente alle agevolazioni che sono proprie degli alloggi di edilizia economica e popolare. In sostanza risulta che l’incremento demografico previsto per il dimensionamento del Piano Strutturale può essere assorbito quasi completamente con l’utilizzazione delle aree destinate al PEEP.” Ora ad una analisi non troppo superficiale sembra evidente che, “o l’incremento demografico previsto e il fabbisogno pregresso trovano soddisfazione nelle aree PEEP, e conseguentemente le aree di espansione del Piano Strutturale (le UTOE 5A, 5B e soprattutto 5C) sono una previsione abnorme riferita prevalentemente a.seconde e terze case, rivolte ad incrementare il mercato edilizio di provenienza esterna, o le stesse aree di edilizia popolare sono eccessivamente estese per una programmazione corretta e correlata all’effettivo fabbisogno di questa tipologia di abitazioni e della disponibilità di risorse pubbliche e private per la loro concreta realizzazione”.

Una corretta e sostanziale revisione del fabbisogno PEEP nel processo complessivo di ridimensionamento del Piano Strutturale appare suggerimento opportuno, anche in ordine alla possibilità di adottare “una strumentazione più flessibile ed articolata che consenta una programmazione più sensibile al contesto territoriale ed ambientale fragile, delicato e critico che caratterizza le localizzazioni proposte” D’altra parte, a fronte di intransigenti conferme delle decisioni già assunte, l’istituto delle “Osservazioni” che, nel caso, ha come obiettivo quello di “consentire comunque la realizzazione di alloggi di prima casa a chi ne ha bisogno e necessità, ma in un contesto di qualità all’altezza della bellezza dei borghi storici, della tradizione e dell’ambiente che è la prima ricchezza di Campo, rischia di risultare un metodo inadeguato”. Su questa ultima notazione e, soprattutto, sul significato della partecipazione popolare alle scelte urbanistiche, intervenendo a Portoferraio in occasione della “Conferenza sulle politiche territoriali ed ambientali per l’Isola d’Elba”, il 15 e 16 novembre 2002, ho richiamato la proposta avanzata con grande senso di responsabilità politica dall’Onorevole Fabio Mussi che, nel suo intervento alla fine di agosto introdusse la nozione di una verifica popolare sulle scelte Comunali di Governo del Territorio, verifica intesa da Mussi, secondo sua definizione, come un vero e proprio “controllo dal basso”. “Il riscontro nella prassi della considerazione di Mussi sta tutto nella necessità che gli adempimenti conseguenti all’iter procedurale previsto per gli Atti di Pianificazione trovino corrispondente pubblicizzazione nei momenti preliminari della loro definizione, affinchè le scelte strategiche individuate non siano competenza esclusiva del Palazzo ma possano invece essere discusse, meditate e dibattute nelle sedi opportune in incontri coi Cittadini, con le Forze Politiche e Sociali, con Enti e Associazioni, per assegnare significato e qualità a quelle strategie, promuovendone il dibattito e rendendo esplicita la definizione di momenti operativi di urbanistica partecipata. Mi auguro che la stessa costruzione del “Piano Guida” degli obiettivi e delle scelte strategiche da adottare per l’Elba, conseguente a questa Conferenza, possa avvenire in questa linea di partecipazione , assegnando significato ed entusiasmo alla sollecitazione di Fabio Mussi”.

Siamo alla fine di agosto 2003: del “Piano Guida”, prospettiva progettuale dell’autunno scorso, non si parla più.

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