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Un ascensore per il ridicolo
27 Luglio 2007
Roma
In una serie di interventi da Corriere della Sera, l'Unità, L'Indipendente del 25, 26 e 27 luglio 2007, le polemiche sull’ascensore del Vittoriano. E una postilla (m.p.g.)

Un perdente di successo

Giuseppe Pullara – Corriere della Sera, ed. Roma, 25 luglio 2007

In questi giorni il Vittoriano è più bello che mai. Il colonnato è ricoperto di plastica bianca, per i lavori di restauro. E l'intero monumento ha subito una trasformazione. Ha fatto un balzo nella modernità, ha dimostrato come un linguaggio architettonico possa accettare la contaminazione di un intervento di altissima qualità. Perché quell'immensa telata bianca leggermente concava, che sulla destra presenta perfino una lacerazione verticale alla Burri o alla Fontana, sembra pensata da un genio. Il monumento meno amato dai romani si è fatto più semplice, ha fatto diventare il cavaliere sabaudo un vero eroe metafisico.

Bello come non mai, ma al centro di polemiche come sempre. Quando fu fatto, si cominciò col colore troppo bianco del suo botticino, il marmo che veniva dal Nord come volle la politica. Bruno Zevi, più recentemente, chiese al neo-sindaco Rutelli di farlo smontare nottetempo. Pezzo a pezzo. L'illuminazione, l'apertura al pubblico, il bar sul terrazzo lo hanno avvicinato alla gente, che ha cominciato ad apprezzarlo. Gli architetti no. Lo hanno sempre osteggiato. Ora il Vittoriano, con quella sua aria da perenne sconfitto, subisce un nuovo assalto. A torto o a ragione, qualsiasi cosa nuova che appaia nel prezioso contesto storico di Roma viene criticata. Ne sa qualcosa l'Ara Pacis, opera di grande architettura ancorché sopradimensionata.

In genere ogni polemica riguarda la coerenza, la contestualizzazione, la continuità e si articola su argomenti più specifici quali i materiali, le proporzioni, gli aggetti. L'ascensore di vetro che corre sulla schiena del Perdente spunta oltre il profilo ed è un nuovo guaio. È avviata una nuova battaglia sull'architettura romana: se non altro, un pezzo dell'intellighenzia di questa città si desterà dal sonno. Architetti critici sono già in campo, altri presto difenderanno l'elevator caro come i Musei Vaticani. Cento fiori fioriranno, studiosi e progettisti a cercare il bandolo della matassa: è accettabile o no questo nuovo segno di architettura?

Dal Gianicolo Roma si mostra bellissima, con le sue stratificazioni stilistiche e le sue contraddizioni, con le sue antichità che furono moderne e le sue classicità che furono rivoluzionarie. Con le sue distonie, i suoi contrasti, le sue coerenze Roma si specchia vanitosa, del tutto indifferente al bandolo della matassa.

«E' orribile, da rimuovere subito» Vittoriano, rivolta anti-ascensore

Edoardo Sassi – Corriere della Sera, ed. Roma, 25 luglio 2007

Tra i primi a fare «outing» era stato una archeologo dei Musei capitolini, Francesco Paolo Arata, con un intervento intitolato, senza giri di parole, «Vittoriano, l'ascensore più brutto del mondo». La visuale dal Campidoglio è infatti una delle più compromesse, stando ai detrattori dei nuovi elevatori panoramici che dal 2 giugno portano sulla terrazza dell'Altare della Patria.

Inaugurati il 2 giugno scorso dal ministro Francesco Rutelli, dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dal sindaco Walter Veltroni, gli ascensori infatti non a tutti piacciono. Anzi, in molti li trovano «orrendi». È di pochi giorni fa la presa di posizione anti-ascensori (e anti- progetto ristorante) dell'associazione Italia Nostra, con il presidente della sezione romana Carlo Ripa di Meana, che ha definito gli ascensori «orrende superfetazioni esterne», e il ristorante sulla terrazza «uno sfregio insopportabile di un luogo sacro».

Ieri, a tuonare di nuovo contro «una simile bruttura che altera in maniera criminale l'Altare della Patria» è stato il segretario della Uil Beni Culturali Gianfranco Cerasoli, che è anche membro del Consiglio superiore dei Beni culturali, organo consultivo di cui fanno parte (oltre ai segretari di settore dei due maggiori sindacalisti) anche eminenti personalità della cultura. Lo stesso Cerasoli ha annunciato ieri «un ordine del giorno che censura gli ascensori da parte proprio del Consiglio » (di cui è membro) di lunedì: «Affinché il Ministero faccia chiarezza e soprattutto indichi con trasparenza le responsabilità di quanto è stato realizzato e metta in moto le iniziative urgenti e necessarie per l'eliminazione e/o modifica degli attuali ascensori».

«L'odg — ha aggiunto Cerasoli — a partire dal Presidente Salvatore Settis, è stato approvato all'unanimità e ora sarà trasmesso al ministro Rutelli affinché le strutture ministeriali mettano a disposizione del Consiglio Superiore tutti gli atti e i provvedimenti assunti che peraltro non sono mai stati sottoposti al parere del Comitato Tecnico Scientifico per i Beni Architettonici nonché dello stesso Consiglio Superiore. In più con l'odg si è chiesto di acquisire informazioni in merito a ipotesi alternative pregresse, dal momento che da ambienti ministeriali sembra ve ne fossero almeno altre due, che non avevano alcun impatto» (di certo esisteva un progetto elaborato dall'ex soprintendente e direttore regionale Ruggero Martines, che prevedeva in sostanza l'accesso alle terrazze, sì, ma potenziando gli ascensori già esistenti all'interno del monumento).

Intanto il «partito» anti-ascensori annovera di ora in ora nuovi adepti, compreso il sito internet «Patrimonio sos», cha ha da poco lanciato la petizione on line intitolata «L'Archimostro degli ascensori al Vittoriano». Ma a criticare gli ascensore sono molti architetti e storici dell'arte di fama. Paolo Portoghesi: «Progetto inammissibile. Si vede sporgere la tettoia già da largo Chigi. Non è certo colpa del ministro, né di Ciampi, i quali volevano l'agibilità della terrazza. Ma è colpa del progetto. Rutelli disse che l'opera è reversibile. Bene, prendiamolo in parola». Cesare De Seta, anche lui membro del Consiglio superiore: «Alla riunione di lunedì ho partecipato ma sono andato via mezz'ora prima del termine. Di un ordine del giorno a dire il vero non so nulla e mi pare strano. Comunque, a titolo personale, e non certo a nome del Consiglio, posso tranquillamente esprimere la mia opinione sugli ascensori. Non mi piacciono proprio. Trovo soprattutto la tettoia che sporge dalla terrazza una soluzione infelicissima, si vede anche da via del Corso. Siamo di fronte a una vera alterazione del monumento. Il risultato tecnico-estetico dell'intervento è davvero deludente».

«Davvero un odg del Consiglio contro gli ascensori? Era ora. Alè, champagne, mi pare davvero un'ottima notizia», esordisce scherzando Giorgio Muratore, architetto, ordinario di cattedra e storico dell'architettura di fama. Che poi si fa serio e aggiunge: «Stavo preparando anche io un documento di protesta. È un progetto volgare, nel segno di una deriva merceologica da tour operator che ormai ci affligge e affligge Roma. Si pensa solo alla redditività, ai numeri. E così si avallano cose che fanno schifo. Quegli ascensori sono uno dei progetti più indecenti che si siano mai prodotti».

Vittoriano, interviene il Ministero

Edoardo Sassi – Corriere della Sera, ed. Roma, 26 luglio 2007

Il Vittoriano e quegli ascensori che una parte significativa del mondo della cultura giudica «orrendi», «indecenti», una «bruttura criminale». Il giorno dopo il j'accuse di storici dell'arte, architetti e urbanisti di fama, e a 48 ore dalla «censura» espressa dal Consiglio superiore dei Beni culturali presieduto da Salvatore Settis, arriva la replica del ministero dei Beni Culturali, che quegli ascensori panoramici ha voluto.

Una replica che, un po' a sorpresa, implicitamente ammette che qualcosa non va nell'opera che svetta sopra il monumento, visibile anche da molto lontano. Fin dagli inizi a dire il vero, oltre un anno fa, lo stesso ministro Francesco Rutelli aveva sempre sottolineato come gli ascensori fossero opera «reversibile» (se non piace, si disse nella prima conferenza stampa di presentazione dei lavori, si toglieranno). E nella nota diffusa ieri in serata il Ministero dei Beni culturali informa che un gruppo di lavoro, voluto dal ministro, è insediato «da diverse settimane » per «valutare la realizzazione del progetto » e «stabilire possibili miglioramenti all'impatto della struttura». La nota è della direzione regionale del Lazio per i beni culturali e paesaggistici, alla cui guida è l'ingegner Luciano Marchetti, «responsabile — come ricorda un intervento di Gianfranco Cerasoli, segretario della Uil Beni Culturali, uno delle voci più critiche nei confronti dei nuovi ascensori ascensori — del procedimento che ha validato e autorizzato il lavoro della commissione che ha scelto il progetto ». «La scelta del progetto — ha scritto il sindacalista — fu fatta da una commissione composta da Antonio Giovannucci, direttore Regionale della Basilicata, Giovanni Belardi, architetto della Soprintendenza di Roma, e Corrado Bozzani, docente universitario. Il Direttore dei lavori fu l'architetto Federica Galloni, attuale soprintendente di Roma per i beni architettonici, una delle nomine più contestate a Rutelli».

Ora, del gruppo di lavoro «insediato praticamente dall'apertura dei nuovi ascensori », fanno parte, oltre al capo di gabinetto del ministero Guido Improta e al segretario generale Giuseppe Proietti, appunto il direttore regionale Luciano Marchetti e la soprintendente Federica Galloni, con il sovrintendente capitolino Eugenio La Rocca. Obiettivo, precisa la nota del Mibac, «valutare la realizzazione del progetto presentato da Paolo Rocchi, vincitore della gara d'appalto, e stabilire possibili miglioramenti all'impatto della struttura, anche nella prospettiva della rimozione dell'impalcatura che attualmente ricopre tutto il Vittoriano e che rimarrà in sede fino ai primi mesi del 2008». Il gruppo di lavoro - conclude la nota - «darà presto gli esiti delle sue riunioni ». La nota della Direzione regionale sottolinea inoltre come i nuovi ascensori panoramici siano un successo, «con 32 mila visite alle terrazze nel mese di giugno e un incasso di 137 mila euro».

E sull'affaire Vittoriano, da ieri, soffia anche il vento della polemica politica, con il centrodestra che si aggiunge a Italia Nostra e agli intellettuali: «Deturpano irrimediabilmente uno dei monumenti più significativi della Repubblica», ha detto l'ex sottosegretario ai Beni culturali Nicola Bono (An), che sul tema ha presentato un'interrogazione a Rutelli. Di «ennesimo scempio» parla Davide Bordoni, consigliere capitolino di Fi. Mentre per il capogruppo di An nel I municipio Federico Mollicone, si tratta di un «monumento all'orrendo urbano. Unica soluzione, abbatterli».

Vittoriano, lascia che sia kitsch!

l’Unità, 26 luglio 2007

Il Vittoriano? Ma non era inteso, per decenni e decenni, specie nella seconda metà del Novecento, via via che s'andava scolorendo la retorica del Risorgimento, che fosse, quella mastodontica «macchina da scrivere» in marmo botticino, «piazzata» a fare da quinta abnorme a Piazza Venezia, regno e dominio del kitsch? Se ne stava lì, quel povero monumentone snobbato, per la sua invadenza e per le sue «colpe» urbanistiche (lo spostamento di Palazzetto Venezia), e anche per un inconfessabile superstizioso timore di quell'aria perenne di celebrazione funebre che lo circondava - la fiamma che arde sul sacrario dell'Altare della Patria: che non si poteva contestare apertamente, ma… (E, del resto, ben due militari di guardia non si sono suicidati)? Fino a quando il sindaco Francesco Rutelli, forse per la circostanza «genetica» di avere avuto un bisnonno scultore risorgimentale senza complessi (vedi la Fontana dell'Esedra, con lo svettare di bronzei seni e fianchi femminili), decise di illuminarlo a festa come si trattasse di un meraviglioso Circo della Belle Epoque… E se kitsch deve essere, che lo sia alla grande! Fu il principio della resurrezione: il bar-ristorante (discreto), le ascensioni ansimanti - senza ascensore - di masse di turisti innamorati della vista, minuziosamente descritta, per singoli monumenti, cupole, Fori e magnificenti rovine, dalle vecchie guide del Touring… E che sia davvero uno spettacolo chi potrebbe negarlo? Perciò gli ascensori di cristallo e acciaio, sottili e longilinei, che ora ti portano in un lampo ad 81 metri d'altezza, fino alle aeree terrazze sorvolate dalle quadrighe di bronzo (risparmiandoti i 196 gradini che per una società ad anzianità crescente non sono poi il massimo) non mi scandalizzano affatto: consumismo? Marketing dei monumenti? Ma non l'avevate sempre disprezzato il povero Vittoriano? Almeno ora sappiamo che il suo autore, il tanto biasimato Giuseppe Sacconi, aveva una cultura antiquaria nutrita di modelli archeologici e che forse per la sua «patria di marmo» si ispirò all'Ara di Pergamo appena scoperta... E le terrazze delle quadrighe lui le immaginò gremite di visitatrici e visitatori… In quanto a me, da quelle terrazze ho assistito - e non scherzo - al concerto dei Genesis al Circo Massimo. (Mai avrei potuto affrontare quel volume sonoro a distanza più ravvicinata). Dopo aver contemplato il tramonto su una Roma «morena e fulva… con trecce di miele… sorgente dal fiume, colle dopo colle, tra giardini e fontane, tra colonne ed archi…». Così come la descrisse, e chi sa che non l'abbia guardata da quassù, Cecilia Meirels: la bellissima poeta brasiliana, considerata la più grande di lingua portoghese del Novecento.

Parla Vittorio Emiliani: Lo scempio del Vittoriano è figlio di un deficit culturale

Riccardo Paradisi - L'indipendente, 27 luglio 2007

Alle radici degli ascensori sull’Altare della Patria c’è un deficit culturale». Vittorio Emiliani, presidente del Comitato per la bellezza, direttore del Messaggero negli anni Ottanta, è indignato per lo sfregio inferto al Vittoriano. Denuncia da settimane lo scempio. Quasi isolato. Soprattutto inascoltato. «Fino quando, e finalmente, il Consiglio superiore dei Beni culturali, sollecitato da Gianfranco Cerasoli, uno dei componenti – racconta Emiliani – ha preso una posizione chiedendo spiegazioni al ministro Rutelli». Proprio per quella gobba verde sul marmo bianco dell’Altare della Patria. «È una cosa da ingegneri quella struttura, così brutta, così pesante. Viene da chiedersi come sia potuto avvenire. Evidentemente non ci sono più storici dell’arte al ministero dei Beni culturali. E se ci sono non contano più nulla». Prima dello scempio del Vittoriano per Emiliani, c’è una visione sbagliata. «Come si fa a non capire, a non vedere che si deturpa tutta l’area con quell’archimostro, dall’orizzonte dell’Ara Coeli fino a largo Chigi?». La sensazione è che sia tutto sbagliato. Tanto più, ricorda ancora Emiliani, che «l’idea di due ascensori laterali esistono dai tempi di Sacconi, dal 1908. E su quel progetto originario aveva lavorato Ruggero Martines. L’idea era quella di potenziare i due ascensori laterali curandosi di non farli sbucare dalla struttura monumentale e prevedendo che scendessero sottoterra anche per collegarsi alla linea C della metropolitana. Un progetto molto interessante e molto funzionale. Ma Martines è stato mandato dall’ex ministro Giuliano Urbani a fare il direttore regionale in Puglia e adesso sul Vittoriano svetta quell’escrescenza verde». Il progettista dell’escrescenza verde, come la chiama Emiliani, è Paolo Rocchi «che è un bravo strutturista», riconosce il presidente del Comitato per la bellezza, «chissà come gli è venuta in mente però quella struttura così orribile, questa canna d’acciaio così poderosa, così intrusiva». Ma ci sarebbe da domandarsi anche chi e perché ha consentito la realizzazione della bruttura. «Sa qual’è il problema vero? Che i sovrintendenti di settore non contano più nulla. Sono spiazzati e disorientati, umiliati dai diktat di direttori generali regionali di nomina politica. E questo grazie alla legge Bassanini, da cancellare. È anche così che vengono al mondo gli archimostri». Ma prima ancora c’è il deficit culturale. Emiliani ci ritorna: «C’è questa idea della cultura come consumismo di massa. Spettacolo mediatico. È così ormai in tutta Italia anche se Roma sembra la città pilota di questa deriva». Una deriva che confonde lo sguardo, smarrisce la memoria. «L’Altare della Patria», nota Emiliani «è il monumento del nostro Risorgimento, è un sacrario. Come si fa a non avere il minimo senso della sua funzione simbolica. Ormai si passeggia e si pasteggia sulla tomba del Milite Ignoto. Ma io mi chiedo: sarebbe stato possibile al Campidoglio di Washington o a Les Invalides di Parigi una cosa simile?». Domanda retorica, risposta scontata:no. «Ecco, io temo che la cultura del consumismo di massa distruggerà l’anima di questa città e il patrimonio italiano». Il tutto nella più pingue indifferenza mediatica: «I giornali hanno cominciato a parlare dello scempio con un mese di ritardo, e ancora non c’è stato un servizio di un Tg nazionale che faccia vedere come hanno ridotto il Vittoriano».

Postilla

Sono stata su quell’ascensore, a occhi chiusi, aggrappata al solido braccio del mio accompagnatore perché soffro di vertigini, ma volevo arrivare lassù, sulla terrazza delle quadrighe dove davvero Roma che si srotola intorno a 360° è un panorama di fenomenale impatto visivo in cui ancora prevale la percezione del molto che si è salvato rispetto al moltissimo che potrebbe cambiare a breve. Come ci ha insegnato il grande Johnny Hart, con tenera ironia, è la visione “da urbanista”, dall’alto, che procura al nostro sguardo un’indulgenza speciale e aiuta ad annegare l’incongruo, il difforme, la banalità del brutto, nella sinfonia di storia che ogni pietra di questa città ha contribuito a costruire.

In quel momento ho pensato che era un buon modo per viverlo, quel monumento così discusso, quell’immenso, ingombrante vespasiano che da oltre un secolo incombe su uno degli ombelichi del mondo e al quale l'universo culturale al quale mi richiamo ha sempre guardato con un misto di sdegnoso fastidio e ironia (da Cederna a Zevi, fino al Nanni Moretti di palombella rossa). E mi sembra frutto di una sensibilità appartenente ad altre concezioni ideologiche, il lamento per la dissacrazione di una struttura da sempre giudicata pessima dal punto di vista architettonico e dei valori che rappresenterebbe, che non possono certo essere messi in discussione da una più libera fruibilità. In fondo, facilitare l’accesso agli ambienti del Vittoriano è un modo per renderlo finalmente meno isolato e anodino e con finalità d’uso che, in sé, si apparentano caso mai alle siepi leopardiane piuttosto che a godimenti sbracati o escamotage modaioli così come è avvenuto recentissimamente per altre iniziative e altri monumenti.

Ma fin qui rimaniamo nel campo di un relativismo di giudizi che a qualcuno oltre Tevere appare pernicioso, ma che ad eddyburg piace sottolineare. Questa vicenda dell’ascensore ci sembra invece signum esemplare, in negativo, di una deriva evidente che connota la gestione del nostro patrimonio culturale ai più alti livelli. Qualunque sia il giudizio estetico e di impatto visivo-paesaggistico che se ne voglia dare, è un fatto che l’idea, l’elaborazione del progetto e la sua costruzione hanno avuto un iter che, per quanto rapido, ha richiesto molti mesi. Tempo durante il quale sono stati altresì rispettati tutti i passaggi di tutela prescritti per legge: tutto si può dire dell’ascensore, tranne che sia privo di legittimità in senso giuridico. Certo più di un mugugno ci sarà anche stato nei corridoi del Collegio Romano: alternative al progetto realizzato ce ne erano sul tappeto, ma assumersi i rischi delle scelte, all’interno di un sistema di regole, è, di questi tempi, persino un titolo di merito.

Appunto.

E’ di qualche giorno fa la “conciliante” affermazione del Ministro Rutelli sulla reversibilità dell’opera (oltre un milione di euro di costi), quasi fosse “un panno steso al sole del mattino che si può ritirare alla sera” (cit. orizzontale).

Adesso che le polemiche sull’impatto visivo della struttura, da alcuni critici ed associazioni giudicato eccessivo, stanno riempiendo le cronache dei giornali e che il Consiglio superiore dei beni culturali, peraltro interpellato con tempistiche incongrue, ha espresso la sua censura sull’opera, i rappresentanti del Ministero, ai più alti livelli, si sono avventurati nelle prime imbarazzate dichiarazioni di “aggiustatura”.

Imbarazzate e imbarazzanti, nei contenuti e nei metodi. Che dire della “trasparenza” di tutta l’operazione in cui 2 dei 5 membri del gruppo di lavoro frettolosamente allestito in queste settimane per “valutare la realizzazione del progetto” e “stabilire possibili miglioramenti all’impatto della struttura” (nota della Direzione Regionale del Lazio per i beni culturali e paesaggistici diffusa il 25 luglio u.s.) hanno avuto ruoli di primo piano nell’autorizzazione e realizzazione dell’opera essendone direttore dei lavori l’una (Federica Galloni) e responsabile dell’intero procedimento il secondo. Che altri non è, nella fattispecie, se non il Direttore regionale del Lazio, l’ingegner Luciano Marchetti, alle cui competenze, in ogni caso, il Ministero è ben deciso di fare il più ampio ricorso visto che si tratta di uno dei pochissimi direttori (3 su 17) per i quali il ministro non ha richiesto l’avvicendamento (vicenda che si snoda in questi caldi giorni estivi con modalità da corte di Bisanzio e sulla quale eddyburg ritornerà nei prossimi tempi).

Quanto ai contenuti, come commentare la nonchalance autodifensiva con cui, nella stessa nota della Direzione regionale con la quale si fornisce notizia del gruppo di lavoro, si sottolinea il successo economico e turistico dell’iniziativa a suggerire, neppur tanto velatamente, che il tintinnar di cassa è pur sempre il migliore dei make-up.

Che poi in epoca di sofisticatissimi software di simulazione virtuale fosse necessario aspettare non solo la costruzione, ma alcuni mesi di attivazione, per accorgersi degli effetti visivi dell’opera sul contesto monumentale e prospettico che la circonda, rende più pungente un sospetto: che poche colonne di piombo possiedano poteri straordinari per schiarire la visione di insieme. Come direbbe Bogey: “è la stampa, bellezza” (m.p.g.)

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