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Felice Casson
Ferrovecchio irreversibile
20 Agosto 2005
MoSE
La puntuale presa di posizione di un protagonista della battaglia per salvare Venezia, a proposito di una tragedia di rilevanza universale, che prosegue nell’indifferenza dei grandi media. Da la Nuova Venezia, 16 luglio 2005

La chiamano già «ferrovecchio», anche se dovrebbe entrare in funzione soltanto tra otto-dieci anni (per ben che vada). E’ che del sistema Mose si parla ormai da un trentennio. Non so se «fero vecio» sia il termine più indicato. Fatto sta che nell’epoca attuale, tecnologicamente così frenetica, qualsiasi macchinario che abbia una progettazione così datata viene pacificamente ritenuto obsoleto. Mi viene da pensare a certi impianti industriali di Porto Marghera, che pur coetanei del Mose sono già ritenuti pericolosi, oltre che fuori mercato. Ma ho l’impressione che la vicenda-Mose assomigli sempre di più ad un dialogo tra sordi. E con qualche sgradevole sensazione in più.

Se da un lato infatti si continua a invocare almeno un attimo di ripensamento e di approfondimento soprattutto di fronte alle profonde e irreversibili modifiche del territorio cagionate dagli affannosi lavori in corso, dall’altro lato (Consorzio Venezia Nuova e Magistrato alle acque) si procede imperterriti, sempre più a spron battuto e in barba a qualsiasi anche minima richiesta di chiarimenti, di trasparenza e di verifica.

Proprio in questo ultimo periodo, il sindaco di Venezia ha provveduto alla nomina di un nuovo gruppo di esperti, con l’incarico di riesaminare l’iter delle procedure e dei lavori relativi alla attuale fase propedeutica al sistema di chiusura delle bocche di porto. L’intento (persino ovvio) è quello di riportare il Comune al centro di ogni decisione concernente le politiche di salvaguardia di Venezia, riappropriandosi un ruolo che gli è stato sottratto, soprattutto negli ultimi anni, a seguito di tendenze assolutistiche e accentratrici, di cui la «normativa Lunardi» si è resa chiara interprete.

Ma questa nuova richiesta di «altolà» è oggi ancor più pressante e rilevante rispetto alle richieste del passato, proprio perché si colloca in un momento storico ben preciso, che costituisce per così dire il punto di non ritorno. Chi abbia avuto occasione o voglia di recarsi in quest’ultimo periodo all’isola del bacàn o al porto di Malamocco, o sui Murazzi, ha potuto riscontrare personalmente lo stravolgimento ambientale in corso. Ma, pur grave, il problema non è soltanto di tipo estetico o ambientalistico. Il fatto ancor più grave è che i lavori sono giunti a un punto di non ritorno, perché si stanno per iniziare dei lavori di cementificazione e di costruzione di barriere e fondali non più reversibili. E ciò, ancora una volta, in barba alla normativa generale di salvaguardia e di tutela dalle acque medio-alte, ma soprattutto senza tener conto di alcune novità, tecnologiche e scientifiche, che sono emerse negli ultimi anni.

Da un lato, infatti, le nuove emergenze sulle mutazioni climatiche e sulla situazione delle acque marine e dei fondali consiglierebbero (sarebbe meglio dire imporrebbero) la rivisitazione di un’opera concepita ormai qualche decennio fa. D’altro canto, sono stati presentati negli ultimi anni alcuni progetti tecnologici alternativi al Mose, che hanno sicuramente il pregio della reversibilità, che sono molto meno «impattanti» e che danno la possibilità di verificarne efficacia ed efficienza sul campo rapidamente ed in modo definitivo; ma hanno forse un grave difetto: quello di costare troppo poco rispetto al sistema Mose, anche dieci o venti volte di meno.

Ma su questi progetti alternativi, per il momento, nulla di specifico concreto e serio è dato di sapere da parte del Magistrato alle acque (e da parte del suo concessionario unico): caso esemplare di totale mancanza di trasparenza e di correttezza nei confronti non solo dei proponenti, ma della stessa città. Né il Comune di Venezia o altri sembrano per il momento in grado di interloquire o di imporre alcunché, tanto meno una rapida sperimentazione.

A meno che, nei prossimi giorni non venga dato contenuto concreto alle critiche di irregolarità amministrative e di violazioni della normativa statale e comunale formulate da più parti (Legge speciale per Venezia, norme urbanistiche come il Piano regolatore e le sue Varianti, norme paesaggistico-territoriali come il Palav ed i suoi vincoli, norme europee di tutela ambientale). E in tal caso si imporrebbe allora, da parte comunale, un forte e deciso intervento per il blocco dei lavori, da richiedere però e purtroppo in sede nazionale.

Non mi nascondo le difficoltà di tale percorso, soprattutto di fronte ad una maggioranza regionale e governativa nazionale, che anche del Mose sembra aver fatto quasi una bandiera di efficienza. Il guaio è che dei guasti e degli sperperi dovuti a tale sistema si potranno rendere conto anche tutti coloro che finora, per ragion di «partito», si sono comportati da ciechi e sordi solo quando sarà ormai troppo tardi.

Lo squadrone di persone (tecnici e dirigenti, pubblici e privati) messo in campo dagli aficionados del Mose (e dei suoi rilevantissimi benefit, presenti e futuri) si è sempre guardato bene dall’incorrere in qualsiasi pur minimo vizio formale o giuridico. Non so quindi se sarà possibile cogliere costoro «in flagranza» di qualsiasi svista o irregolarità, pur banali. Ritengo però che la questione vada affrontata principalmente da un altro punto di vista, che è quello della politica: fatti e non parole.

Ed è sotto questo punto di vista che si dovrà giocare la partita, da una parte imponendo un ruolo di centralità decisionale per l’amministrazione comunale, dall’altra pretendendo con la massima urgenza una convocazione del cosiddetto Comitatone, all’interno del quale far pesare politicamente la volontà espressa dai cittadini in occasione delle elezioni di questa primavera. Volontà espressa con l’approvazione dei programmi di tutti i partiti del centrosinistra da una maggioranza ampiamente contraria alla prosecuzione di questi lavori. Sulle orme delle prescrizioni e dei giudizi formulati dal precedente Consiglio comunale, che aveva unanimemente deliberato che «il parere al progetto definitivo non può essere che negativo». Per di più in presenza di sistemi alternativi meno impattanti, sicuramente reversibili e molto meno costosi.

Un'ampia descrizione della Laguna e degli interventi che la stanno distruggendo negli scritti di E. Salzano La Laguna di Venezia e gli interventi proposti (2003) e Venezia: un presepio vuoto per i turisti (2005). Numerosi altri articoli e documenti nella cartella Venezia e la sua Laguna

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