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Kate Henderson
La città giardino oggi: casa, sostenibilità, società
13 Aprile 2012
Dalla responsabile della Town and Country Planning Association, un condivisibile auspicio a tener saldi alcuni principi fondamentali. Con qualche riserva. The Guardian, 12 aprile 2012, postilla. (f.b.)

Titolo originale: Housing, sustainability and localism: the garden cities of today– Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini

Poco meno di un anno fa scrivevo un contributo in cui sottolineavo quanto si potesse ancora imparare dagli ideali della città giardino. Da allora quella proposta è cresciuta, sia dal punto di vista dell’appoggio politico che di quello del settore della casa: oggi la Town and Country Planning Association non è più sola nel sostenere i vantaggi della realizzazione di nuove città. Alla base della città giardino stava la notissima e solida visione, i metodi usati dall’ente che realizzò la prima corrispondo agli ideali ancor oggi vivi con la TCPA. Il nostro fondatore, Ebenezer Howard, nel suo seminale lavoro del 1898 parlava di come "sia possible ottenere in perfetta unione tutti i vantaggi di una attiva e vitale vita urbana, e quelli della bellezza e piacevolezza della campagna".

Nel settembre 2011 il ministro per la casa Grant Shapps, per inciso eletto al parlamento nel collegio di Welwyn Garden City, affermava che “la dimensione assunta oggi dal bisogno di nuove case richiede risposte innovative, e ci riporta agli ideali originari di Howard ". Siamo convinti che si tratti della strada giusta. Nell’ultimo secolo, gli ideali della città giardino si sono confermati più che mai durevoli. Oggi, affrontiamo ancora la questione di fondo dei pionieri del movimento: rispondere al bisogno di abitazioni, creare posti di lavoro, costruire spazi gradevoli e inclusivi. Si aggiungono a questo le nuove sfide del mercato globale, e quella forse ancor più urgente di adattarci e mitigare gli effetti del riscaldamento globale.

A novembre, sono comparsi nelle strategie governative per la casa nuovi grandi insediamenti. E nelle ultime settimane abbiamo ascoltato i principi della città giardino nei discorsi del primo ministro sulle infrastrutture e la pubblicazione del National Planning Policy Framework. Questo deciso orientamento del governo di coalizione verso i nostri principi ci spinge a riflettere sulla vision originale: la città giardino unisce il meglio della città e della campagna, a costruire case per i lavoratori in un ambiente vitale. Le città giardino si alimentavano di un senso di entusiasmo idealista, grazie a molti apporti volontari. Oggi, possiamo fare di più.

La costruzione di città giardino costituisce l’occasione, con le necessarie economie di scala, per realizzare le ambizioni di un vero sviluppo sostenibile, attraverso i vantaggi multipli di case popolari, progettate per essere ad emissioni zero, con trasporti sostenibili e produzione locale di alimenti. Nuove città sono anche occasione irripetibile per introdurre criteri politico-amministrativi in grado di porre la persona al centro del governo locale e delegare la gestione di alcuni servizi. Collaboriamo con le amministrazioni, gli urbanisti, gli investitori e i costruttori per individuare forme di lavoro comune e modelli atti a realizzare nuove città e quartieri giardino nel quadro dei nuovi indirizzi. I nostri esperti studiano i metodi per riavvicinare cittadini e urbanistica, verso comunità più partecipi e operatori in grado di lavorare con certezze.

postilla

Molto condivisibile, pur oltre l’ovvia parziale strumentalità dell’appello, il richiamo agli “ideali originari” della città giardino, così come confluiti nella specifica proposta di Howard a cavallo fra i due secoli scorsi. E forse vale qui la pena ricordare quanto specifica fosse, quell’idea di città giardino, non certo l’unica né la prima né l’ultima. Solo la più nota e duratura perché aveva saputo unire gli aspetti sociali, urbanistici in senso lato, ambientali. Perché erano del tutto legittimamente, di nome e di fatto, città giardino anche la “Urbs in Horto ” Chicago da cui l’ex residente Howard aveva preso in prestito il nome, o la lottizzazione “immersa nel verde” di Garden City a Long Island, pensata dal magnate ferroviario Alexander Stewart, o anche le company town del paternalismo industriale. Così come erano implicitamente città giardino i quartieri del razionalismo europeo (compresa magari pure la cité-jardin-vertical di Le Corbusier), o i borghi semirurali, dalla Resettlement Administration rooseveltiana di Rexford Tugwell alle nostrane città nuove dell’Agro Pontino. Tutto questo solo per ricordare che ci sono infiniti modi di interpretare gli ideali, tutti perfettamente legittimi e legittimati dalla storia, con buona pace dei marchi registrati e delle interpretazioni certificate: ma questo ovviamente sotto sotto lo sanno benissimo anche alla TCPA (f.b.)

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