Quella della Lega: la destra xenofoba, razzista, con importanti venature fasciste che ha in pugno il governo del Paese.
La destra di fatto: il Movimento 5 Stelle, che ha deciso di rinnegare il mantra per cui non era "né di destra né di sinistra" portando al governo la Lega, e qui praticando la genuflessione invece dell'attrito. Perché la chiusura dei porti disposta dal ministro Danilo Toninelli, nel silenzio vergognoso della cosiddetta sinistra interna, non lascia spazi di manovra retorica: di destra è chi la destra fa. Punto.
Infine, la destra per convenienza: il Partito Democratico. Che prima ha aumentato a dismisura diseguaglianza e ingiustizia sociale, poi si è identificato come il partito della "ristretta cerchia dei salvati" (Franco Marcoaldi) e ha praticato schiette misure da destra securitaria.
La prima conseguenza è che non c'è, oggi, una opposizione moralmente, culturalmente e politicamente credibile.
Prendiamo la vicenda orrenda della nave Aquarius bloccata in alto mare da un Salvini che contemporaneamente postava sui social la propria foto in posa mussoliniana accompagnata dall'hashtag #chiudiamoiporti.
Ebbene, chiunque può criticare questo atto di teppismo fascista: chiunque tranne chi ha sostenuto, o non ha apertamente e duramente criticato, le politiche del predecessore di Salvini, Marco Minniti. E questo vale per i parlamentari e i dirigenti del Pd, naturalmente: ma anche per tutta la stampa che ha sostenuto quella politica.
Perché davvero non è credibile lo sdegno per i 629 dell'Aquarius in bocca a chi ha plaudito o taciuto di fronte alle migliaia e migliaia di morti e di torturati in campi di concentramento libici voluti e sostenuti dall'Italia.
Ma il problema è assai più profondo. Nel gennaio del 2016, nel suo editoriale di insediamento alla guida di Repubblica, Mario Calabresi scriveva che "la nostra società, senza aspettare la politica e dividendosi più sull'asse tra conservatorismo e innovazione che su quello destra-sinistra, ha aggiornato la sua agenda".
È andata davvero così, ma questa non è stata una conquista: anzi è la radice del disastro di oggi. I frutti avvelenati che cogliamo in questi giorni del 2018 si devono all'innesto che, Veltroni e D'Alema prima e infine Renzi, hanno praticato sull'albero della sinistra, snaturandolo.
La "modernizzazione" di Blair al posto della giustizia sociale e dell'eguaglianza: è da quella breccia che è venuto giù tutto. Negando – in pensieri, parole, opere e omissioni – la differenza tra destra e sinistra, e praticando attivamente politiche di destra economica e securitaria, la sinistra politica si è suicidata, aprendo all'attuale stagione delle tre destre.
Pensare di uscirne rilegittimando la destra di convenienza del Pd "è peggio di un crimine: è un errore". Cioè non è solo sbagliato culturalmente, ma è anche perdente: non funzionerà.
In concreto: se io votassi a Pisa o a Siena, non parteciperei ai ballottaggi. Perché non saprei scegliere tra i vecchi sindaci del sistema di potere del Pd e i candidati della Lega. Sono due facce della stessa medaglia: sono l'uno l'innesco dell'altro.
Esattamente come non avrei saputo scegliere tra la Clinton e Trump: perché un'eventuale vittoria della Clinton avrebbe preparato solo uno schianto ancora più grande. E se a Pisa o a Siena dovesse rivincere il Pd non sarebbe un nuovo inizio: ma un prolungamento di agonia che aprirebbe la strada ad esiti ancora peggiori.
Un esempio concreto: nella mia Firenze la moschea non c'è perché prima Renzi e poi Nardella l'hanno impedito in tutti i modi, in perfetta intesa con un vescovo drammaticamente di destra, esatto opposto della Chiesa di Francesco. Chi mai potrebbe correre a rivotare per Nardella, sindaco della terza destra, quando, l'anno prossimo, si profilerà anche a Firenze un sindaco della prima destra?
Non bisogna sopravvalutare il dato elettorale di domenica 10 giugno, perché il Movimento 5 Stelle è sempre stato debole alle amministrative. Ma non c'è dubbio che se lo schiacciamento sulla Lega continua, il Movimento è destinato a scomparire: ha già perso gli elettori di sinistra, e quelli di destra presto preferiranno il partito del capo (Salvini) al partito del pallido esecutore (Conte).
È in questo spazio che può rinascere una sinistra che non sia solo culturale e sociale (l'unica che oggi esista e che abbia una qualche voce), ma che si ponga anche il problema di costruire rappresentanza politica, e che magari perfino ci riesca.
È una strada lunga e stretta, perché, prima che politicamente, la sinistra va ricostruita nelle lotte, in un sindacato dei diritti e dunque nel senso comune. È una strada che prevede la totale rimozione delle macerie, di sigle e storie personali, che ancora giacciono in mezzo alla strada della sinistra.
Ma non ci sono alternative: se non quella di rassegnarsi all'Italia delle tre destre, senza opposizione.
E rassegnarsi non è possibile.